Un Festival del suicidio e l’arte è di scena
NAPOLI – Allo spazio ZTN sabato 1 ottobre ricomincia la nuova stagione teatrale Giù Il Cappello con la Compagnia Potevano essere rose che metterà in scena alle 21 di sabato e alle 12 domenica 2 lo spettacolo Festival del suicidio di Matteo Lolli e Alessandro Lori.
Lo spettacolo ricalca la struttura demenziale di un festival della musica leggera: vuole essere somma espressione di cattivo gusto corale. Nelle piéce illustri suicidi del passato, prima di togliersi platealmente la vita, concedono un’ultima intervista e interpretano vari brani musicali.
A lasciarsi attraversare in scena dalle anime degli aspiranti suicidi, pronti a divampare e spegnersi, sono un uomo e una donna. Nonostante le reali premesse lugubri e truci, la kermesse canora conserva tutti gli elementi di facciata fondamentali per tenere in piedi un festival che si rispetti: un presentatore infame imbonitore, una valletta troia banderuola, i concorrenti, uno scopo umanitario per alleggerire la coscienzuccia sporca, e tutto sotto il segno di allegria, spensieratezza e dovemo pur magnà per giustificare il famo cacà!
Nelle note di regia si legge: «Il Festival del suicidio non è una parodia del presente né una provocazione. In pieno, antiumanistico, nuovo millennio chi ha occhi e orecchi per intendere (ma chi li ha più ormai?) intenda: qui non si tratta solo dell’inattuale che, una volta tanto, sbeffeggia e prende a calci in culo la servile imbecille ipocrisia democratica, come è giusto che sia. Siamo ai ferri corti con noi stessi in quanto “prodotto” del nostro tempo. Non vogliamo essere l’ennesima nullità, o “zero sociale” carico di frustrazione e libido eccitata, riscaldate al fuoco di bollente invidia luciferina, pronti a esplodere reclamando attenzione nel porcile come nuovo potere pronto a guarire l’umanità dai suoi mali. Fango e miseria, l’umanità non guarisce dai propri mali, ne è vittima e basta. Al contrario di Goethe che in punto di morte chiedeva “più luce” noi chiediamo meno luce, più ombra, per restare – vivaddio! – in una buia marginalità. Quello che non smette di attrarci e farci orrore al tempo stesso è quella abissale cosa infima, insondabile nella sua cattiveria e ipocrisia, ma anche nella sua grazia, che si chiama cuore umano».
Ricordiamo che quest’anno la stagione sarà tutta esclusivamente a cappello. Lo spettatore viene a teatro, guarda lo spettacolo e alla fine giudica quanto vale quello che ha visto. Prima dello spettacolo, ma anche durante tutta la settimana, presso lo spazio di Vico Bagnara 3 A (Piazza Dante) sarà possibile ritirare il proprio abbonamento gratuito.
Per maggiori informazioni e prenotazione posti: 340 6668946; navigantiinversi@gmail.com