Stanze, il libro di Celina Davila
Stanze: se i muri degli alberghi potessero parlare, racconterebbero tante di quelle cose…
L’ultimo libro di Celina Davila ha un titolo indefinito ma evocativo: Stanze, edizioni Apeiron.
Un florilegio di venticinque brevi racconti, che lasciano intravedere finestre, letti disfatti, panni stesi al sole, ragù lasciati a pippiare.
Momenti di vita vissuta dentro le stanze dei più diversi tipi di alberghi in diverse città del mondo: Granada, Città del Messico, Kyoto, Lisbona, Parigi, Washington, L’Avana.
Stanze è un libro pubblicato della casa editrice Apeiron e magistralmente tradotto dallo spagnolo, cogliendo ogni sua sfumatura da Giuliana Panico e Maria Concetta Marzullo.
Sinossi. Ogni stanza ha un numero, così come un odore, un oggetto dimenticato, un’immagine intrappolata in uno specchio, una lampadina rubata, un alito, da cui si dipana il filo di una storia.
Frammenti di esistenze, parole ancora madide dell’erotismo dei letti, amori consumati, occasioni perdute o lasciate formano, nel libro, un coro di voci diverse che riescono a fare eco su coloro che vi si imbattono, si tratti di una cameriera, di uno psichiatra, di un portiere di notte o persino di un cane… voci che cambiano di racconto in racconto, sipari che si aprono e si chiudono sulla vita, l’amore e la morte. (Pino Cacucci)
Stanze testimoni di amori, di solitudini che si incontrano e proseguono il viaggio della vita, stanze intrise di emozioni, fugaci, dense o volatili…
Spazi percorsi da suoni e profumi, da umori e ricordi, dall’allegria del vivere e dalla malinconia del rimpianto per le passioni provate un tempo, spazi dove l’assenza è presenza a volte leggera, a volte struggente, dove persino la morte si affaccia e passa oltre, sorridendo a chi se n’è andato con la soddisfazione di aver vissuto appieno l’ultima rivalsa sulla solitudine.
Celina Dávila, scrittrice messicana ma partenopea d’azione, e residente in città da diciassette anni, narra i mille risvolti di amores y desamores, con la felice idea di affidare alle stanze momentaneamente vuote il racconto di quanto siano state colme di vita vissuta, attraverso piccoli dettagli straordinariamente intensi.