Settembre, si riparte
Carlo Alfaro, Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi (Na), ove è titolare di Incarico professionale di consulenza, studio e ricerca di Adolescentologia, fa il punto sulla pandemia a settembre: vaccinazioni e nuove varianti
Anche agosto è scivolato via, settembre è iniziato, con tutte le sfide che in questa nuova ripartenza ci aspettano nella lotta al Coronavirus.
La situazione epidemica in Italia è sostanzialmente stabile, esprimendo, già a partire da questa estate, una fase di espansione dei contagi, con consensuale aumento dei ricoveri e dei decessi, ma senza che si raggiungano a livello nazionale livelli di criticità. A settembre l’indice di trasmissibilità, Rt, calcolato sui casi sintomatici, è pari a 0,97 nell’ultimo monitoraggio settimanale Iss-Ministero della Salute, ossia sotto la soglia che definisce il rischio di diffusione epidemica.
La Sicilia è in zona gialla causa i valori a rischio degli indicatori epidemici (numero di contagi, ricoveri in area medica, ricoveri in terapia intensiva), seguita da Sardegna e Calabria che però non rientrano ancora nell’area gialla. È probabile che queste Regioni paghino lo scotto dell’eccezionale flusso turistico da cui sono state invase, in uno con un tasso di vaccinazioni più basso.
La “prova del nove” sarà ora rappresentata dalla ripresa delle attività produttive e dalla riapertura delle scuole, con l’implemento massiccio dell’uso dei trasporti pubblici.
Il Parlamento prorogherà almeno fino al 31 dicembre lo stato di emergenza.
Il Green pass diventa obbligatorio, oltre che per l’accesso a ristoranti, piscine, palestre, cinema, stadi e teatri, anche per i lavoratori della scuola e studenti e personale dell’Università e per l’accesso ai trasporti a lunga percorrenza. La sua validità è stata estesa a 12 mesi, quanto sembra duri l’immunità da infezione o da vaccino.
Anche se la durata dell’immunità è probabilmente variabile da individuo a individuo e sarebbe massima in chi ha avuto la malattia e successivamente si è vaccinato. Forse il dosaggio degli anticorpi potrebbe consentire di personalizzare la durata della protezione, ma nemmeno questo è certo perché l’immunità più significativa è quella delle cellule della memoria, non quantificabile.
La campagna vaccinale prosegue spedita. Entro il 30 settembre si prevede che sarà stato vaccinato l’80% degli Italiani over 12 anni. I vaccini si sono dimostrati efficaci nel proteggere dalla morte o da una malattia grave che richieda ospedalizzazione e ricovero in terapia intensiva. Tale protezione, secondo i dati della Fondazione Gimbe, rimane stabile e superiore al 94%, mentre si rileva una progressiva riduzione dell’efficacia delle coperture vaccinali nei confronti di infezioni asintomatiche e forme lievi di malattia che non necessitano di ricovero.
La protezione verso le infezioni è soprattutto calata tra le persone giovani, che probabilmente durante il periodo estivo hanno avuto maggiore occasione di contatti sociali e minore attenzione ai comportamenti individuali di protezione dai contagi.
Probabilmente la pandemia sarebbe finita prima, grazie ai vaccini, se non fosse comparsa la variante Delta, prevalente in Italia al 99,7% e dominante in tutta l’Unione europea, dato che è capace di infettare l’ospite con maggiore facilità e velocità rispetto alle precedenti varianti, comprese le persone vaccinate. La variante Delta raddoppierebbe anche il rischio di ricovero rispetto alla variante Alfa, secondo un ampio studio britannico che ha analizzato più di 40mila casi. Questi dati confermano uno studio precedente condotto in Scozia, che già aveva segnalato un raddoppio del rischio di ospedalizzazione da Delta.
La variante Delta, potendosi diffondere tra le persone vaccinate, pur non causando danni gravi, rende impossibile raggiugere l’immunità di gregge, che richiede che chi si è immunizzato non si possa riammalare. I vaccinati infettati da Delta manifestano spesso una infezione asintomatica o lieve e di breve durata. I vaccinati avrebbero una carica virale infettante uguale ai non vaccinati, ma per minor tempo. Se un vaccinato infettato incontra un altro vaccinato, questo può non ammalarsi o sviluppare anche lui una forma lieve e breve, ma se incontra una persona non vaccinata questa può ammalarsi normalmente. Nelle persone vaccinate, è probabile che il virus non abbia il tempo di replicarsi e mutare e dunque dare origine a varianti, come invece avviene nelle persone non vaccinate.
Sembra comunque che solo una minoranza dei vaccinati si infetti, e al momento non si sa da cosa dipenda: caratteristiche dell’individuo, carica virale con cui viene a contatto, grado di risposta immunitaria, tempo da cui è vaccinato. Lo Zoe Covid Study, uno studio di sorveglianza del dipartimento di Salute Pubblica inglese che ha monitorizzato oltre 1 milione di persone vaccinate con doppia dose ha mostrato un calo della protezione dall’infezione entro 6 mesi dalla seconda dose di Pfizer dall’88% al 74%, di AstraZeneca dal 77% al 67%.
Attualmente i pazienti ricoverati in ospedale sono praticamente tutti infettati dalla variante Delta e per l’80% non vaccinati; tra i ricoverati in terapia intensiva e i deceduti, il numero di non vaccinati è maggiore di oltre 10 volte.
L’ipotesi terza dose del vaccino contro il Coronavirus, oltre le due già previste dal ciclo vaccinale, o, nel caso del vaccino Johnson & Johnson, di una seconda dose dopo la dose singola, prende consistenza per anziani nelle Rsa, persone appartenenti alle categorie dei fragili e personale sanitario (i cui contagi appaiono in risalita, col passare dei mesi dalla vaccinazione). Tuttavia, l’Agenzia europea del farmaco (Ema) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) in una nota congiunta frenano sull’urgenza di fare la terza dose, in accordo con la Food and Drug Administration statunitense e la stessa Organizzazione mondiale della sanità, che sottolinea la priorità di vaccinare chi ancora nel mondo non lo è.
A settembre negli Usa si sta diffondendo una nuova variante, la Iota, che presenta la mutazione E484K, capace di eludere gli anticorpi anti-Spike. L’Organizzazione mondiale della Sanità sta monitorando una nuova variante ancora che è stata identificata per la prima volta in Colombia nel gennaio del 2021, denominata Mu, che avrebbe potenziali proprietà di fuga immunitaria. Per ora, la nuova variante è soprattutto presente in Colombia e in Ecuador. Nel frattempo, l’Istituto sudafricano per le malattie infettive ha segnalato una nuova variante chiamata C.1.2 che potrebbe creare problemi.