Raimondo e la pietra filosofale
di Michele Di Iorio
Raimondo de Sangro, VII principe di Sansevero, grande scienziato in pieno ‘700, sbalordisce a ancor oggi per la profondità e la vastità del sapere e per suo genio poliedrico. Un ingegno oltre il tempo e lo spazio, un mistero che per molti aspetti non è stato interamente compreso dagli studiosi odierni.
Nato nel gennaio del 1710 in Puglia, sin da piccolo con le sue capacità sorprese i suoi insegnanti del collegio dei Gesuiti Il clementino di Roma.
Fu punto di riferimento degli studiosi del suo tempo, divenendo amico del re Carlo Borbone di Napoli, e addirittura ammirato da Federico II di Prussia.
Tra le tante invenzioni e scoperte di Raimondo de Sangro si annoverano ad esempio un fucile a retrocarica e un cannone leggero, pastori natalizi in un materiale simile alla plastica, impermeabili in caucciù, un refrigeratore con mensa automatica portavivande
Fece anche scoperte in campo pittorico, scultoreo, ingegneristico, fisico, e soprattutto
La caratteristica di Raimondo era il suo grande amore per i libri, tanto che ebbe una sua tipografia.
Approfondì inoltre gli studi sulla fosforenscenza e sull’elettricità tra 1751 e 1752, realizzando il prototipo in due esemplari della lampada perpetua o pila elettrica e scoprì un metodo per rendere malleabili il marmo e il vetro. Si dice che le statue del Cristo Velato, del Disinganno e della Pudicizia velata, siano state realizzate con questa tecnica.
Inesauribile fonte di meraviglia è il suo diario: conservato nella biblioteca di Palazzo Sansevero a Napoli fu poi portato al castello di Torremaggiore in Puglia da Michele de Sangro, per molti la reincarnazione dell’avo Raimondo.
Alla morte di Michele il diario passò alla moglie Elisa, ed in seguito pare che finisse a Pasquale Del Pezzo e al capitano di fregata Antonio Ariano.
Gli appunti scritti sul diario sono molto interessanti. Il principe Raimondo di notte faceva esperimenti sulla pietra filosofale e annotava meticolosamente tutto. Da scienziato puro, sfidava il pericolo della radioattività, e perciò nel luglio 1770 si ammalò. Decise quindi di schermare le cavie dei suoi esperimenti con lastre di piombo. Continuò gli studi precorrendo quelli dei coniugi Curie, quelli di Alessandro Volta. Si circondava di validi collaboratori tra cui l’ingegnere romano Felice Piccinini, precettore di matematica dei suoi figli.
Approfondì antichi studi sull’atomo, risalenti al tempo degli antichi egizi e poi a quelli degli ebrei: l’Arca dell’alleanza altro non era che un grande arco voltaico… E così Raimondo si rifece anche alla scienza sumera e babilonese, sostenendo che se si aumenta con un forte arco voltaico in un altoforno a 1200 gradi sia il vetro e che il marmo diventano molli come il burro fino a che il 62% degli elettroni fondo si tramutano in una polvere bianca, detta polvere di proiezione, che diventa commestibile se raffinata ulteriormente, mentre il 38 % degli atomi di oro puro di platino diventano luce bianca. Se applicato, con questo procedimento alchemico o, meglio, di chimica nucleare, anche i corpi umani possono smaterializzarsi a comando…
La polvere bianca desangriana prodotta nel suo labratorio è stata ritrovata insieme a utensili alchemici di cristallo durante i lavori di restautro del sottosuolo del Museo Sansevero. I reperti vennero fotografati ma poi dal luglio 2011 sono scomparsi. Un mese dopo venne violata la tomba di Michele de Sangro a Torremaggiore, ma non venne ritrovata la salma, così come era accaduto con Raimondo e suo figlio Vincenzo. Fu un caso? Ma il caso non esiste…