Il Racconto, Sic transit gloria mundi
di Giovanni Renella
Erano cresciuti lontano dalla città, nella loro tenuta di campagna, baciati dal Sole e immersi nella natura incontaminata; ed ora erano costretti a dover dividere in quattro quello spazio artificiale, angusto e privo di luce.
Pochi giorni prima, in un’alba che li aveva sorpresi ancora intontiti dal sonno, loro che non erano abituati a svegliarsi presto, come ogni blasonato che si rispetti, erano stati colti all’improvviso e, presi così alla sprovvista, non erano riusciti ad opporre alcuna resistenza ai gesti di quei villani.
Del resto, amabili com’erano per indole e tradizione familiare, neanche avrebbero saputo come reagire a quel sopruso.
Strappati alle loro rigogliose esistenze, erano stati sommariamente selezionati, separati dai loro congiunti più prossimi e portati via: tutto si era svolto nel lasso di tempo che intercorre fra l’alba e il tramonto.
Nel breve viaggio che seguì, ammassati l’uno sull’altro su di un grosso camion, sprigionarono, per lo spavento, l’odore acre della paura, caratterizzato da un’acidità persistente che si spandeva nell’aria al loro passaggio.
Giunti a destinazione, trovarono ad accoglierli mani meno ruvide, ma altrettanto plebee: simili a quelle che poco tempo prima li avevano separati dalle loro radici.
Da quelle mani, all’apparenza garbate, ma in realtà ingannatrici, furono denudati!
Violati nella loro intimità, nudi com’erano, si ritrovarono stipati, in gruppi di quattro, in ambienti dalle dimensioni così ridotte da renderli claustrofobici: peggio di loro stavano solo le sardine, pensarono.
Pigiati l’uno contro l’altro, in una condizione che ritenevano umiliante, neanche riuscivano più a rammentarsi del titolo altisonante di cui si erano fregiati fino a qualche ora prima, quasi fosse stato uno stemma nobiliare: che tristezza ripensare a quanto si fossero pavoneggiati con gli altri amici di campagna, ancora privi dell’agognato acronimo!
Fu così, nel chiuso di un barattolo, nell’attesa che qualcuno l’aprisse per cucinare un buon sugo, che i quattro pomodori pelati, “San Marzano Dop”, ebbero la possibilità di riflettere su quanto fosse effimera, e talvolta ingannevole, la gloria degli onori terreni.
Altri racconti di Giovanni Renella:
- https://wp.me/p60RNT-2Tv
- https://wp.me/p60RNT-2Qr
- https://wp.me/p60RNT-2MQ
- https://wp.me/p60RNT-2KN
- https://wp.me/p60RNT-2HH
- https://wp.me/p60RNT-2E4
- https://wp.me/p60RNT-2C8
- https://wp.me/p60RNT-2y0
- http://wp.me/p60RNT-2u1
- http://wp.me/p60RNT-2oY
- http://wp.me/p60RNT-2mq
- http://wp.me/p60RNT-2ik
- http://wp.me/p60RNT-2c6
- http://wp.me/p60RNT-29i
- http://wp.me/p60RNT-275
- http://wp.me/p60RNT-23o
- http://wp.me/p60RNT-22g
- http://wp.me/p60RNT-1ZJ
- http://wp.me/p60RNT-1WD
- http://wp.me/p60RNT-1Vv
- http://wp.me/p60RNT-1TW
- http://wp.me/p60RNT-1Sj
- http://wp.me/p60RNT-1Nv
- http://wp.me/p60RNT-1LJ
- http://wp.me/p60RNT-1HW
- http://wp.me/p60RNT-1JY