Pulcinella ieri e oggi
di Michele Di Iorio
Secondo una leggenda la maschera di Pulcinella sembra essere uscita dalle viscere del Vesuvio … Nacque da un uovo che racchiudeva cellule umane, il cui guascio venne impastato da due fattucchiere, Dragoncella e Colombina, rispettivamente simbolo del nero e del bianco, creato ben prima della nascita di Castore e Polluce, di Serrapide, di Osiride …
Stilema del confine tra umano e bestiale che si nasconde nell’io, l’antenato di Pulcinella era un poveraccio figlio di villici di Atella, paese campestre vicino Acerra, nei dintorni della città etrusca di Capua. Emigrato aNapoli fu soldato, mercenario, attore girovago, saltimbanco, bracciante agricolo, ma soprattutto sfaticato, servo pigro ma rozzo e scaltro, ciarlatano, dongiovanni.
Il Pulcinella prima maniera era simile al servo sciocco Maccus delle fabulae atellane del IV secolo,a.C. Questo personaggio, nato a Licignano, frazione di Casalnuovo, indossava una maschera e camicione bianco, aveva il naso lungo. Anche Kikirrus, nome onomatopeico che si riferisce al verso del gallo, di cui ricorda l’aspetto, aveva il ventre prominente, mezza maschera nera e camicione bianco
Il teatro comico ha attinto a piene mani dalle favole atellane. Gli attori girovaghi erano i beniamini del basso ceto, e si esibivano sia a Roma che nelle provincie,
Il nostro Pulcinella nacque con l’attore Silvio Fiorillo, a metà del ‘500: Pullicenella o Pulecinella Cetrulo, nella periferia di Acerra. La maschera fu poi portata in giro soprattutto da suo allievo Andrea Calcese, che improvvisando le battute la rese celebre in Italia e in Spagna.
Suo successore fu Michelangelo Fracanzani che portò la maschera a Parigi, dove divenne Polichenelle, affiancato da un secondo personaggio comico, una sorta di Zanni napoletano, chiamato Formica.
Nel ‘600 i lazzi pulcinelleschi vennero raccolti dal religioso Placido Adriani.
A Napoli il regno di Pulcinella divenne il teatro popolare San Carlino in piazza Castello, odierna piazza del Municipio, costruito nel 1738.
Il mattatore di questo teatro era Salvatore Cammarano, detto Giancola, che, sebbene siciliano di nascita, fu molto amato dal popolo. Indossava l’attuale livrea della maschera: camicione bianco, mezza maschera, scarpe e cintura nere, cappello bianco a cuppulone o pan di zucchero, e si accompagnava a Capitan Matamoros e a sua moglie Zeza, diminutivo di Lucrezia.
Una curiosità:la parola zeza o zezo è entrata nella lingua napoletanae sta ad indicare persona “frivola e civettuola”.
Sempre affamato, burlone, furbacchione, bravo al gioco dei dadi e delle carte, Pulcinella è parte della poliedrica anima napoletana. Uno dei tanti suoi ammiratori fu Ferdinando IV di Borbone, che si recava spesso al San Carlino e amava mangiare gli spaghetti con le mani come Pulcinella, divertito dai lazzi di Cammarano di cui spesso era oggetto: lo chiamava affettuosamente re nasone, e lo rimproverava di non interessarsi abbastanza delle cose del governo lasciando tutto nella mani dei suoi ministri, preferendo caccia e donne. Lo sferzava continuamente: in seguito gli rinfacciò di dare troppo potere alla regina Carolina.
Il napoletano è così, e Ferdinando lo sapeva. Lasciava libera la lingua di Pulcinella, sapendo che i suoi moniti nascevano dall’affetto. Solo dopo l fatti del 1799, quando Cammarano appoggiò la repubblica Napoletana, lo redarguì: «Giancola, stai attento che di questo periodo le teste cadono facilmente come le cipolle!».Ma in segreto lo perdonò.
L’eredità di Salvatore Cammarano venne raccolta da suo figlio Filippo. Scrittore egli stesso dei copioni, nel 1814 con Pulcinella molinaro commedia di magia per musica tratta dalla Commedia dell’Arte, rappresentata nel Carnevale 1815. I testi di Filippo Cammarano esprimevano richieste di giustizia per il popolo che spesso venivano accolte dal re Ferdinando.
Alla sua morte subentrano giovani attori napoletani, Pasquale Altavilla, attore comico e autore di varie commedie popolari pulcinellesche, Salvatore Petito e quindi suo figlio Antonio, semianalfabeta, che poi tramandò la maschera all’allievo Giuseppe De Martino, che, abbattuto il San Carlino, continuò a rappresentare Pulcinella fino al 1915 al Teatro del Fondo, ora San Ferdinando. Il De Martino finì ridotto in miseria, ma venne “richiamato in servizio” nel 1954 da Eduardo De Filippo per l’inaugurazione del teatro San Ferdinando, con lo spettacolo Palummella zompa e vola.
La maschera di Pulcinella è immortale. Trapiantata anche nelle guarattelle, i teatrini di strada di burattini, ancora oggi ne è il pezzo forte.
Eduardo De Filippo, ha fatto rivivere più volte Pulcinella, questa maschera regina della Piedigrotta e poi del Carnevale napoletano. Ma tanti sono stati gli attori che hanno interpretato Pulecenella: Enzo Cannavale, Massimo Ranieri, Achille Millo, Totò, Gianni Crosio, Tommaso Bianco, Nino Taranto, Rino Marcelli, Peppe Barra …
In ultimo, ma non ultimi, il grande Massimo Troisi, che nel 1990 impersonò Pulcinella nel film Il viaggio di Capitan Fracassa, e Pino Daniele che nell’album Terra mia in Suonno d’ajere cantò: «Pulecenella mio comme sì’ cagnato. ‘Sta maschera nera t’à si’ levata, quanta dulure e quanta suonno d’ajere. Ce sta chi dice a nun viene cchiù ma nun è overo …»