PSC, incontro con Alessandra Smerilli f.d.m.
di Tonia Ferraro
PORTICI (NA) – Primo appuntamento del 2019 del Portici Science Cafè nel bene confiscato Villa Fernandes con Suor Alessandra Smerilli – docente di Economia politica alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium e l’Università LUMSA di Roma, nonché membro del comitato promotore della Banca Etica – che nel corso della conversazione ha spiegato con rara chiarezza e semplicità a un pubblico interessato e vivace alcuni principi fondamentali per comprendere l’Economia civile, la materia vista con occhi diversi, con una prospettiva “altra”.
L’Economia non si può scindere dagli altri aspetti della vita sociale. Lo intuì San Francesco d’Assisi, che per primo con il Banco dei Pegni applicò un ragionevole tasso di interesse sulle somme prestate, in modo da avere proventi da reinvestire nelle imprese, favorendo così lo sviluppo e il progresso civile.
Suor Alessandra ha spiegato cos’è PIL, che misura il valore economico di tutto ciò che si produce in un anno in una Nazione. Se il PIL non cresce significa che le imprese non producono, con ricadute sulla occupazione. Ha toccato altri punti, come quello della ripartizione della ricchezza nel mondo, della povertà assoluta.
In particolare, il focus della discussione è stato sul come i consumatori debbano diventare consum-attori. Consapevoli, cioè, di cosa c’è dietro un’azienda “giusta” e cosa dietro una produzione “ingiusta”, che si basa sullo sfruttamento dei lavoratori, che non tiene conto dell’impatto ambientale, che punta a massimizzare il profitto senza collaborare alla giustizia sociale, ambientale, alla pace.
Ancora, attenzione è stata data al ruolo dei risparmiatori e alla questione risparmi: sappiamo come vengono utilizzati dalle banche cui li affidiamo? Ci chiediamo se servono a creare sviluppo, a incentivare energie alternative, a finanziare ricerche socialmente utili, o se invece servono a finanziare la produzione e il commercio di armi, a sostenere regimi dittatoriali, o Stati in cui si applica la pena di morte? Bisogna essere consapevoli di come vengono impegati i nostri capitali, altrimenti finiamo di essere in qualche modo complici.
Se oggi, come cittadini, come società, non siamo cooperativi, se ci lamentiamo delle scarse prospettive dei giovani senza opporvi azioni concrete, se non capiamo quanto la trasformazione climatica e il riscaldamento globale oltre a distruggere l’Ambiente sta anche costringendo a migrazioni per la sopravvivenza con cui dover fare i conti, mai potremmo convincerci che solo attraverso scelte consapevoli e responsabili avremo il potere di incidere sulla domanda e di conseguenza agire su quegli equilibri oggi sproporzionati e a favore unicamente di pochissimi.
In tal senso fondamentale allora si fa anche il pensiero illuminante di Antonio Genovesi, sacerdote, che ricoprì nel 1754 la prima cattedra italiana di Economia presso l’allora prestigiosissima Università di Napoli. Per Genovesi, secondo la Teoria dei sentimenti morali, il mercato non è il luogo in cui uno perde e uno vince bensì quello in cui se si esercitano le virtù e ci si fonda su basi morali tutti possono guadagnare e, addirittura, cambiare avendo in mente un’idea di fraternità. La vera anima del commercio per il sacerdote economista, infatti, può essere solo la fede pubblica, la fiducia condivisa. Sta proprio in questo l’approccio differente rispetto alla visione economica del suo omologo contemporaneo Adam Smith.
LoSpeakersCorner nel corso di una breve chiacchierata con sr Alessandra Smerigli, f.m.a. – ovvero della Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dette anche Salesiane di Don Bosco – colpito dalla dolcezza, dal sapere e dalla determinazione di Suor Alessandra, le ha posto qualche domanda.
Sorella, quanto è difficile per una donna muoversi nel mondo dell’Economia, spesso appannaggio maschile?
Difficoltà ce ne sono. Poi come suora e come donna, è un mondo che si incrocia … Devo però dire che il fatto di essere l’unica suora che in Italia si occupa di queste cose mi ha aperto un po’ la strada, perché continua a far notizia: sedermi ai tavoli di dibattito, a volte anche del Ministeri, è diventato meno inusuale. Sovente sono l’unica donna, e quindi questo non aiuta a costruire una visione civile dell’Economia: la base dovrebbe essere l’assenza di discriminazioni. Mi sono sempre chiesta perché accada ciò: le donne studiano Economia, nei dottorati le vedo molto in gamba. Come in tutti i tipi di mestieri, però, succede che ad un certo punto della carriera la donna si fermi e invece gli uomini vadano avanti. Probabilmente a volte noi donne abbiamo difficoltà a proporci: dovremmo superare la timidezza ed essere presenti un po’ di più laddove si discute e si decide. Certamente non per occupare spazi ma per portare beneficio a tutta la società.
E come la società può trarre beneficio da un maggiore partecipazione femminile?
Occupare spazi non per avere più potere, ma apportare una sapienza antica. Pensiamo alla parola Economia, che deriva dal greco ed è composta da due termini: oìcos, dimora, e nomìa, e letteralmente significa “gestione della casa”. In questo momento storico è importante la presenza femmonile per pensare a una economia per tutto e per tutti. Il senso di cura della casa è propriamente femminile. Casa può essere intesa come pianeta, come dimora comune, di cui oggi più che mai abbiamo bisogno di prenderci cura. Forse se ci fossero più donne a “pensare” si potebbe fare meglio… Senza però evidenziare troppo gli stereotipi: quello maschile e quello femminile sono due mondi diversi ma complementari. Altrimenti si potrebbe cadere nell’errore opposto.