Primavera Covid
Carlo Alfaro, Dirigente Medico di Pediatria all’ASLnapoli3sud, Consigliere nazionale Società italiana medicina dell’Adolescenza, ci parla della situazione della pandemia in primavera e della diffusione della variante Omicron 2
Nella penultima settimana di marzo (da 16 al 22), i nuovi contagi in Italia hanno registrato un netto incremento, superando i 500mila casi, in particolare al Centro-Sud.
Contestualmente, sono saliti i ricoveri in area medica, sebbene molti siano non “Per” ma “Con” Covid, cioè per altre patologie ma con tamponi positivi al Sars-CoV-2, indice comunque dell’intensa circolazione del virus nella popolazione.
Continua invece il calo dei ricoveri in terapia intensiva e il calo dei decessi, grazie alle vaccinazioni: dei pazienti in rianimazione il 72% non è vaccinato.
In salita anche l’indice di trasmissione Rt, che si posiziona a 0,94 rispetto allo 0,83 della settimana precedente.
Sulla scorta di questi dati, la Fondazione Gimbe lancia l’allarme che ci sia il rischio di una nuova ondata, la quinta, e non, come si sta sperando, di una semplice onda di rimbalzo della quarta ondata. Preoccupa anche il dato che i due grandi picchi dell’epidemia di Covid-19 in Italia del 2020 e del 2021 si siano verificati proprio in aprile.
A sostenere questo nuovo rialzo di contagi, l’intrecciarsi di diversi fattori:
- rapida affermazione della variante Omicron 2, contagiosissima (capacità di diffusione maggiore del 30% rispetto a Omicron 1);
- declino dell’immunità nel tempo;
- allentamento delle restrizioni;
- cambiamenti comportamentali;
- persistenza di basse temperature che costringono ad attività al chiuso.
I nuovi casi riguardano soprattutto i giovani e in particolare la fascia pediatrica, soprattutto quella al di sotto dei 5 anni, per cui non è ancora disponibile un vaccino, ma anche quella dai 5 anni in su, dove le vaccinazioni hanno rallentato.
Aumentano in particolare con Omicron 2 le reinfezioni in chi era guarito o immunizzato. Sono a maggior rischio di ricadere in un nuovo contagio, secondo l’Istituto Superiore di Sanità: donne, soggetti non vaccinati, persone per le quali è trascorso molto tempo dalla prima infezione, giovani, operatori sanitari.
Anche nel quadro generale dell’Europa, la situazione italiana continua ad apparire preoccupante: tutte le Regioni, esclusa Valle d’Aosta, sono segnate in rosso scuro nella mappa dell’Ecdc (Centro europeo di controllo delle malattie). L’Oms Europa segnala un particolare aumento dei casi in Italia, Regno Unito, Francia, Germania, Olanda, mentre ci sono alcune zone come l’Europa dell’Est e la Spagna che iniziano a migliorare.
Peraltro l’Italia continua ad essere tra i 3 Paesi della Regione europea con più vittime settimanali, dopo la Russia e la Germania. L’elevata mortalità è una caratteristica dell’epidemia di Covid in Italia ed è collegata anche all’elevato numero di anziani nel nostro Paese, poiché non si tratta di una longevità sana, bensì segnata da diverse patologie croniche, il che spiega la fragilità della nostra popolazione anziana.
Un balzo dei casi si registra anche nel resto del mondo, come in Corea del Sud, in Cina dove è stato necessario un nuovo esteso lockdown, nei Paesi del Pacifico occidentale, in Africa.
Questa riaccensione di casi preoccupa nel momento in cui i Paesi stanno attuando la revoca delle restrizioni. Ma gli esperti raccomandano di fare attenzione al fatto che fine dello stato di emergenza – che in Italia scadrà il 31 marzo- non significa fine della pandemia. Resta necessario il rispetto delle misure comportamentali individuali e collettive, quali distanziamento interpersonale, uso della mascherina, aereazione dei locali, igiene delle mani, evitamento delle situazioni di assembramento, oltre alla garanzia di una elevata copertura vaccinale, in tutte le fasce di età.
Purtroppo, lo sgradito ospite dell’umanità non sembra ancora saziarsi del male che ha fatto finora. Solo in Italia, secondo il settimo rapporto Istat-Iss, da inizio pandemia (marzo 2020) a gennaio 2022 l’eccesso di mortalità totale, rispetto alla media 2015-2019, è stato di 178mila decessi.
Anzi, secondo un accurato studio statunitense pubblicato su The Lancet, il bilancio reale delle vittime della pandemia potrebbe essere di oltre 3 volte superiore rispetto alle stime ufficiali: i decessi reali, al 31 dicembre 2021, potrebbero essere nel mondo 18,2 milioni rispetto ai 6 milioni attualmente riconosciuti, in Italia 259 mila a fronte dei 137 mila ufficializzati lo scorso dicembre.
Ora l’attesa di temperature più miti consente di sperare che, magari a maggio-giugno, l’attuale inversione della curva epidemica possa piegarsi di nuovo, ma è inevitabile temere che lo scenario del prossimo autunno-inverno sarà caratterizzato dalla ripresa stagionale della circolazione virale. Fino a quando?
La pandemia, ribadisce l’Oms, non sarà finita da nessuna parte finché non sarà finita ovunque. Ogni 3 mesi, da gennaio 2020, quando per la prima volta l’Oms ha definito l’epidemia di SARS-CoV-2 Emergenza Sanitaria Pubblica Internazionale, un comitato di esperti si è riunito per valutare se la pandemia merita ancora tale etichetta. E ogni 3 mesi, l’ultima volta a gennaio, i consiglieri hanno concordato all’unanimità che la pandemia è ancora in corso. Fino a quando?