Figli di Portici famosi: Nicola Ignarra
di Stanislao Scognamiglio
Si sente spesso parlare di personaggi porticesi per nascita o d’elezione dei quali si sta perdendo la memoria … Ritengo perciò doveroso ravvivarne memoria fornendo un breve profilo biografico tratto dal mio inedito Diario; avvenimenti, cose, fenomeni, uomini, vicende. Portici e Vesuvio dalle origini a oggi, con il conforto di Autori di ogni tempo.
Nicola Ignarra è nato a Pietrabianca, villaggio posto nell’area nord-occidentale del territorio di Portici, il 21 dicembre 1728, da Sabato Ignarra e da Petronilla Scuteri.
Ricevuti dal reverendo Filippo Scuteri, parroco di san Giovanni a Teduccio, suo zio materno, i primi rudimenti scolastici, è entrato gratuitamente al seminario arcivescovile. Qui, completata la sua preparazione, «… istrutto nelle lingue dotte e nelle scienze poté di soli 20 anni insegnare ivi stesso la poetica e la lingua greca».
È stato discepolo del grecista Alessio Simmaco Mazzocchi (1684 – 1771), al quale, nel 1771, è succeduto nella cattedra di Sacra scrittura presso l’Università degli Studi di Napoli e di cui, nel 1778, ha scritto un’interessante biografia.
Ordinato sacerdote, ha seguito la carriera ecclesiastica.
In virtù della sua profonda conoscenza dell’epigrafia greca e dell’archeologia è stato tra i quindici fondatori dell’Accademia Ercolanese, istituita nel 1755 per l’interpretazione, lo studio e la conservazione degli antichi reperti, dissotterrati a Ercolano e a Pompei, nonché direttore della Regia Stamperia.
Nel 1771, ottenuta la titolarità dell’insegnamento, si è recato dal segretario di Stato, marchese Bernardo Tanucci (1698 – 1783), per ringraziarlo per l’incarico accordatogli. Questi «… da ottimo discernitore qual era, graziosamente l’accolse, e per celia» congratulandosi, lo ha salutato dicendo «… ave, filia, matre pulchrior».
Nel 1782, dall’arcivescovo cardinale Giuseppe Capece Zurlo (1711 – 1801) è stato elevato alla dignità di canonico della chiesa metropolitana di Napoli.
Rifiutata la nomina ad arcivescovo di Reggio Calabria, non ha potuto, però, «… esimersi nel 1784 di essere uno degl’istitutori del regio principe Filippo di Borbone».
Aperto al dialogo e al confronto con gli studiosi, ha rinnovato «… la tradizione di Bernardino Martirano trasformando la sua villa (verso l’attuale Croce del Lagno) in un cenacolo di letterati e di scienziati».
Per «… l’innocenza e soavità de’ costumi e per la rara modestia ebbe l’amore dei dotti; fra gli esteri lo stimarono Giona Biornsthal e l’editore olandese della biblioteca greca di Fabricio».
Stimatissimo anche oltre i naturali confini del Regno di Napoli e di Sicilia, numerose Accademie di Europa lo hanno voluto loro socio.
Ha pubblicato decine di opere, in latino e in italiano; tra le più note, citiamo: De palaestra neapolitana del 1770, Opuscola del 1773, De Phratriis del 1797.
Dal compimento del settantesimo anno d’età, purtroppo, ha cominciato «… come il suo maestro Mazzocchi, ad indebolirsi di mente, e gli si accrebbe a segno il male, che negli ultimi anni di vita divenne del tutto smemorato, dimenticando finanche i nomi de’ suoi più cari congiunti ed amici, de’ libri e degli autori».
All’età di settantanove anni, otto mesi e diciassette giorni, il canonico Nicola Ignarra muore in Portici, di sabato 6 agosto 1808.
I resti mortali vengono sepolti nella cappella di santa Restituta, all’interno del duomo di Napoli.
Sebbene sia stato illustre letterato, esperto di epigrafia greca, filologo, storiografo, accurato interprete delle sacre scritture, dotto archeologo, oggi, «… è ancora uno dei tanti figli di Portici ignorati nonostante siano emersi dalla massa comune».
Eppure, nel 1773, componendo gli Opuscola, rivolgendosi al Genio del luogo, alla terra natia ha dedicato un omaggio in latino «O Nimium dilecta mihi Petralba, Vesevi / Haud procul Herculeis accola Porticibus». I due versi, tradotti suonano così: «O Pietrabianca, sopra ogni sito a me carissima, vicina del Vesuvio, non molto distante dai portici Ercolanesi».
Per contro, il Comune di Napoli gli ha intitolò «… una via ora scomparsa, sulla collina di Fuorigrotta: ma sbagliarono il nome, intitolandola a un inesistente Giuseppe Ignarra».
Giuseppe Ignarra, figlio del fratello di Niccolò Ignarra, per ricordare la figura dell’illustre zio e per esprimere gratitudine verso lo stesso, fa incidere una lapidea marmorea. La bianca lastra, murata sulla parete destra all’ingresso della cappella di Santa Restituta nel duomo di Napoli, riporta un’epigrafe latina, dettata dal letterato casertano Francesco Daniele (1740 – 1812).
L’iscrizione recita: A X Ω NICOLAO IGNARRAE S. NEAPOLITANAE ECCLESIAE CANONICO IN REGIO GYMNASIO XL ANNORVM SPATIO
SACRARVM LITTERARVM INTERPRETI ET REGIAE ACADEMIAE XX VIRO
ANTIQVITATVM STVDIO PRAESERTIM PATRIARVM QVAS EDITIS VOLVMINIBVS DOCTIS ET LABORIOSIS ILLVSTRARE EST AGGRESSVS
CVM PRIMIS COMPARANDO VITAE VERO INNOCENTIA MORVMQVE SVAVITATE VNI MORTALIVM ADMIRABILI
VIXIT ANNIS LXXIX MENSIB . VIII . DIEB . XVII
DECESSIT POSTRIDIE NON . SEXTIL . ANNO MDCCCVIII
IOSEPHVS FRATRIS FILIVS MEMORIAE ET GRATI ANIMI CAVSSA PONENDVM CVRAVIT L . D . D . C.
Questa la traduzione in italiano: A Nicola Ignarra, Canonico della Santa Chiesa Napoletana, interprete di Sacra Scrittura nel Regio Ginnasio per lo spazio di 40 anni, e per 20 membro della Regia Accademia, da paragonarsi ai primi nello studio delle antichità specialmente patrie, che egli si diede ad illustrare con dotti e laboriosi volumi pubblicati, ma per l’innocenza della vita e per la soavità dei costumi unico degno di ammirazione tra i mortali.
Visse anni 79, mesi 8, giorni 17. Morì il 6 agosto 1808.
Giuseppe, figlio del fratello, per ricordo e per gratitudine, curò che fosse posto [questo ricordo marmoreo].
Luogo dato per decreto del Collegio.
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