Pasolini torna a casa
Pier Paolo Pasolini torna a casa sua a Casarsa della Delizia. Da un ambiente all’altro di Casa Colussi la sua presenza si materializza con l’esposizione delle fotografie storiche di Carlo Riccardi, per iniziativa dello scrittoree giornalista Roberto Ippolito.
La mostra I tanti Pasolini verrà inaugurata sabato 9 settembre alle 18. L’esposizione è a cura di Maurizio Riccardi e Giovanni Currado, realizzata dall’Archivio Riccardi.
Interverranno con Ippolito il critico letterario Filippo La Porta, il presidente del Centro studi Pier Paolo Pasolini, Piero Colussi e il direttore Angela Felice.
Casa Colussi, dove ha sede il Centro studi, è la dimora della famiglia materna del poeta in provincia di Pordenone ed è stata l’abitazione di Pasolini durante il periodo friulano della formazione giovanile, dal 1943 al 1949.
Ecco perché allestire qui la mostra ha un significato molto particolare, come spiega Angela Felice: «Si tratta di un vero e proprio rientro a casa del poeta, nel luogo d’origine da dove tutto è partito. In chiusura del film “Edipo Re”, uscito esattamente cinquanta anni fa, il 7 settembre 1967, è lui ad affermare che tutto finisce dove tutto comincia».
In una delle cinquanta immagini visibili fino a domenica 12 novembre (apertura dal lunedì al venerdì dalle 15.00 alle 18.00, il sabato 15.00-19.00 e la domenica 10.00-12.00 e 15.00-19.00, Via Guido Alberto Pasolini 4, Casarsa), Pasolini appare proprio con la madre Susanna Colussi, cui era legatissimo, al Ninfeo di Villa Giulia a Roma, nella serata finale del Premio Strega 1964.
Andando al di là dei diversi approcci dell’artista, che è stato poeta, scrittore, regista, attore, drammaturgo, saggista, il titolo I tanti Pasolini anticipa al visitatore che lo sguardo di Carlo Riccardi è riuscito a catturare la straordinaria varietà di espressioni, di posture, di modi di porsi e perfino di vestirsi.
Con I tanti Pasolini emerge una grande varietà di sentimenti: l’anima di un intellettuale eccezionalmente complesso di cui parlano, nell’inaugurazione, Ippolito e La Porta. Come annuncia Piero Colussi, alcune delle immagini esposte «…saranno acquisite dal Centro ed entreranno a far parte del suo archivio fotografico».
Indiscusso testimone con i suoi scatti delle vicende culturali, sociali e politiche, dall’immediato dopoguerra in poi nel nostro Paese, il maestro Riccardi (91 anni il prossimo 3 ottobre) in oltre 70 anni di attività ha costruito un immenso archivio fotografico riconosciuto dalla Soprintendenza Archivistica del Lazio come Patrimonio di interesse nazionale per la qualità, il numero di negativi conservati (almeno un milione ma secondo alcune stime molti di più), la vastità dei temi trattati.
La mostra, centrata essenzialmente sugli anni sessanta del secolo scorso, sembra costituire una sorta di ponte tra due luoghi così diversi e così amati da Pasolini: il Friuli e Roma. Grazie al lungo e scrupoloso lavoro di recupero delle immagini conservate (ma anche nascoste!) nell’Archivio Riccardi compiuto da Maurizio Riccardi e Giovanni Currado, I tanti Pasolini propone momenti della vita di Pasolini che sono momenti della storia culturale italiana: nelle fotografie esposte, Pasolini è in tribunale accusato di vilipendio alla religione di stato per il film La Ricotta, oppure all’esterno del Palazzo di Giustizia a Roma insieme a Dacia Maraini, Laura Betti e Alberto Moravia, o con Maria Callas all’aeroporto di Ciampino o al Premio Viareggio con Ungaretti e a Venezia durante la Mostra internazionale del Cinema.
Così Roberto Ippolito: « I tanti Pasolini sono le tante emozioni che Pasolini ci trasmette; le fotografie in mostra sono pezzi del travaglio di un poeta e di uno scrittore tanto amato dopo oltre quattro decenni dall’uccisione e anche del travaglio del novecento». Inoltre Ippolito nota «… l’estrema mutevolezza di Pasolini così inserito nel mondo culturale eppure così capace di non essere aristocrazia culturale».
La mostra ha generato anche un libro omonimo, pubblicato da Agr, disponibile a Casa Colussi. Nelle conclusioni Filippo La Porta scrive: «La cosa che bisognerebbe dire di Pasolini è che amava la vita. E questo mi sembra trasparente anche nelle fotografie della mostra e di questo libro, che lo ritraggono nei contesti più diversi e stranianti. Certo, la amava a modo suo, con quella furia e tensione totale, e a volte in modi decadenti, ma la amava, e amava di un amore straziante la cultura, la tradizione, la grande civiltà del nostro Paese, la felicità reale (che si disperde nel vento, senza lasciare tracce), e ancor di più le persone umili del popolo, quelle che non sanno nemmeno di avere dei diritti».
Oltre alle fotografie di Carlo Riccardi, il libro I tanti Pasolini contiene una serie di testimonianze. Parlano di Pasolini fra gli altri Ninetto Davoli, Dacia Maraini, Gianni Berengo Gardin, Stefano Petrocchi, Ferdinando Scianna, Roberto Ippolito, Enzo De Camillis, Marino Sinibaldi, Francesca Coppola, Chiara Valerio, Nicola Lagioia, Giorgio Nisini, Costantino D’Orazio e Marco Damilano.
Maurizio Riccardi non nasconde cosa ha rappresentato per lui realizzare la mostra: «Ritrovare le immagini della mostra è stato un po’ come ritrovare il nostro Archivio, ma nessuno dei personaggi cui ci siamo dedicati con le nostre ricerche ci ha colpito come Pasolini. Lui raccontava con forza e trasparenza come stanno le cose, ci descriveva la realtà senza omettere nulla, nemmeno i problemi. Ci manca un Pasolini oggi».
I primi passi della mostra sono avvenuti con il ritrovamento quasi casuale delle immagini del set del film di Carlo Lizzani Il gobbo. Giovanni Currado fu stupito e si appassionò all’istante: «Eravamo increduli, poiché avevamo tra le mani due fotogrammi del momento esatto in cui veniva ucciso Leandro detto er monco interpretato da Pasolini». Da lì è cominciata «… la nostra ossessione di riuscire a trovare altre foto di Pasolini sparpagliate nelle buste da lettera predisposte per vari eventi esistenti nell’Archivio messo in piedi originariamente in modo artigianale, come era normale un tempo. I negativi via via trovati sono stati selezionati. Quelli considerati più interessanti sono stati digitalizzati e restaurati. Ma è stato anche necessario avviare delle ricerche per individuare luoghi e anno degli scatti».