Società

Omaggio a un energico frate

Umanità, fede e arguzia di un piccolo frate di un antico convento: brillante personalità, dispensò l’Amore universale di San Francesco 

di Ciro Santisola

Sfogliando le diverse migliaia di fogli, su cui sono stati annotati manoscritti spunti di riflessioni, appunti per una predica, bozza di un lavoro storico-letterario sul francescanesimo, minuta per un’agiografia di un santo confratello, compilati nell’arco dell’intera vita, abbiamo scovato qualche breve componimento dal tenore del tutto inaspettato.

Del vegliardo padre, uomo carico di fede e di umanità, del quale in più occasioni abbiamo avuto modo di cogliere ogni sua piccante battutina, non ci aspettavamo però che avesse potuto talvolta esprimere in versi di un’arguta satira.

A quanti hanno avuto modo di conoscerlo, stimarlo e apprezzarlo incondizionatamente come uomo e come sacerdote, increduli o scettici ad afferrare quest’altro aspetto della sua brillante personalità, tentando di soddisfare la loro curiosità, proponiamo l’inconsueto brano La preghiera per le DONNE

O mio Signor, che nei cieli vi restate

volgete il guardo un pò quaggiù, guardate

le cose come vanno male e male assai

perchè le donne zitte non stan mai:

insinuatrici son di tutti i mali

per cui c’è da gran fare ai tribunali.

Se volete, o mio Signore, che ciò s’estingua

fate nascer le donne senza lingua

AMEN.

 

E incomincio a dir dalle zitelle

che, in massa, siano brutte o siano belle

sono il calvario Ahimè! dei genitori

ai quali danno sempre gran dolori.

Pretendono gridando a perdifiato

che vogliono ben presto un fidanzato,

lo cercano di giorno eppur di notte.

Fate, o Signor, che il mar le inghiotte.

AMEN.

 

La vedova che va col crespo nero:

quel lutto, Signor mio, non è sincero,

perchè di sotto al vel col guardo gioca,

come per dire agli uomini: “SI L O C A”.

E quanto più è ritrosa più ti afferra,

capace che in un mese già ti atterra.

Salvateci, o Signor, da questa piovra,

fate che per lei la fossa si discovra.

AMEN.

 

Ed or vi accuso la canzonettista

flagello che colpisce a prima vista.

Non so se poi fingete non sapere

il mal che ci procura il suo mestiere.

Per essa mezzo mondo è già distrutto,

spogliando l’uomo bello e l’uomo brutto.

Salvateci, o Signor da questo male,

mandatela, o Signore, all’ospedale.

AMEN.

 

Io credo, mio Signor, che m’ascoltate

parlandosi di quelle maritate

che sono i cataplasmi dei mariti

i quali si disperano avviliti,

che le lor metà, ricco o pezzente,

non sono mai, Signor, giammai contente.

Metteteci, o Signor, la vostra mano

e fatele cadere dal quinto piano.

AMEN.

La suocera poi (più basso con la voce,

per caritàl facciamoci la croce)

ci fa venire i brividi, credete,

al solo nominarla, e lo vedete.

La suocera in famiglia, in fede mia,

è comm ’a peste, ’a famm, ’a carestia.

E fate che in un eterno via vai

Possa andare sotto al tranvai.

AMEN.

 

Ed or vi vo’ parlar delle bigotte

con la corona in mano giorno e notte,

le quali, per natura sfatigate,

di fatti altrui si vedono occupate.

Siccome sono avanzi di vetrina,

per loro ogni altra donna è una sgualdrina.

Già della maldicenza sono il perno:

mandatele, o Signor, tutte all’inferno.

AMEN!

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