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Il medico risponde: per l’influenza è opportuno il ricorso agli antibiotici?

di Carlo Alfaro

Un’epidemia di influenza particolarmente potente, quest’anno: sall’inizio della stagione il virus – una variante dell’A/H1N1, detta Michigan – ha già colpito 1,4 milioni di Italiani, 70mila in più dell’anno scorso.

Secondo il bollettino InluNet, il sistema di sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità che parte ogni anno a metà ottobre e monitora settimanalmente l’andamento dei casi da parte di un gruppo di medici sentinella distribuiti in tutte le Regioni. nella penultima settimana del 2017 si è registrato un brusco aumento del numero di casi, soprattutto nei bambini al di sotto dei 5 anni, con un’incidenza pari a circa 18,91 casi per mille, e in quelli tra 5 e 14 anni, con un’incidenza pari a 12,65 per mille, mentre nella fascia 15-64 anni si sono registrati 5,43 casi per mille e tra gli individui oltre i 65 anni 2,78 casi. Il picco è continuato tra Natale e Capodanno e si attende un’ulteriore impennata tra Capodanno e la Befana.

Il problema maggiore dell’influenza, malattia che spaventa molto le persone perché caratterizzata da febbre con picchi molto alti, sovente a 40 gradi, di durata molto lunga, anche una settimana, con sintomi fastidiosi e persistenti – mal di gola, tosse continua, dolori muscolari, naso tappato, congestione respiratoria, ecc. e frequenti ricadute – è l’abuso di antibiotici come risposta all’ansia per la malattia, laddove è noto invece che non solo non sono efficaci contro i virus, ma non servono neppure per prevenire le complicanze batteriche, qualora queste non siano in atto.

L’uso smodato e indiscriminato di antibiotici genera nei batteri nuove e pericolose resistenze, che ne mettono seriamente a rischio l’efficacia anche contro infezioni comuni, come otite, polmonite, infezioni delle vie urinarie, o malattie quali tubercolosi e malaria, o selezionano pericolosi super-batteri resistenti agli antibiotici come il Clostridium, o rendono difficile la difesa di pazienti a rischio come quelli soggetti a trapianti, tumori, chirurgia avanzata.

Un cattivo uso degli antibiotici, che sconfina spesso nell’abuso, per l’uomo come per gli animali, rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica. Contro i batteri multi-resistenti l’armamentario farmacologico si sta riducendo rapidamente, poiché la velocità di selezione di resistenze è maggiore della possibilità della ricerca di sviluppare molecole innovative, col rischio di ritrovarci in un’era post-antibiotica.

Purtroppo nessuna nuova classe di antibiotici è stata scoperta negli ultimi venti anni, e la maggior parte dei farmaci attualmente in sperimentazione clinica sono modifiche delle classi già esistenti. La resistenza agli antibiotici è diventata dunque un’emergenza planetaria che che uccide 8 milioni di persone e secondo le previsioni entro il 2050 potrebbe coinvolgere circa 10 milioni di persone nel mondo ogni anno, più del cancro.

Per questo motivo dal 2008 ogni anno, il 18 novembre, viene celebrata la Giornata Europea della Consapevolezza sugli Antibiotici, un’iniziativa di sanità pubblica promossa dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle malattie (ECDC), che ha come obiettivo la sensibilizzazione sulla minaccia rappresentata dalla resistenza agli antibiotici e sull’opportunità di un loro uso prudente.

Per il secondo anno nel 2017 la giornata europea sugli antibiotici è stata inserita nella Settimana mondiale sull’antibiotico resistenza istituita dal 13 al 19 novembre dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) di concerto con l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite (Fao) e l’Organizzazione mondiale per la salute animale (Oie) in ben 50 Paesi del mondo per sensibilizzare i governi, le istituzioni e i cittadini sulla minaccia globale rappresentata dalla crescente capacità di molti batteri di resistere all’azione degli antimicrobici. Slogan dell’iniziativa, Antibiotics: Handle With Care (Antibiotici: Maneggiare con cura), per evidenziare come gli antibiotici siano risorsa preziosa, da utilizzare correttamente e con equilibrio per il trattamento delle infezioni batteriche solo quando strettamente necessario.

L’approccio suggerito dall’Oms è One health, cioè La salute è una sola, nel senso che il problema dell’uso improprio ed eccessivo di antibatterici riguarda sia l’uomo che gli animali, tanto più che il 70 % dei volumi totali di antibiotici viene utilizzato in campo veterinario. Va quindi adottato un approccio ampio e coordinato nei diversi settori della salute umana, di quella degli animali e dell’agricoltura.

L’Oms sostiene a tal fine: il Sistema globale di sorveglianza della resistenza antimicrobica (GLASS), per supportare un approccio standardizzato per la raccolta, l’analisi e la condivisione di dati relativi alla resistenza antimicrobica a livello globale, la Partnership globale per la ricerca e lo sviluppo degli antibiotici (GARDP), per incoraggiare la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci antibiotici, il Gruppo di coordinamento inter-agenzia sulla resistenza antimicrobica (IACG), per  coordinare le organizzazioni internazionali che si occupano di antibiotico-resistenza.

Il senso della cosiddetta consapevolezza antibiotica è ridurre l’assunzione di questi farmaci secondo il principio del “quando serve, quanto basta”. L’ECDC stima che la resistenza agli antibiotici provoca ogni anno in Europa 4 milioni di infezioni e 37mila morti.

Italia, Grecia e Romania sono i Paesi europei in cui si fa un uso maggiore, molto spesso inappropriato, di antibiotici, e in cui i tassi di resistenza sono tra i più elevati e preoccupanti. Secondo gli ultimi dati della sorveglianza Ar-Iss (sorveglianza sull’Antibiotico-resistenza coordinata dall’Istituto superiore di sanità), la percentuale dei pericolosi MRSA (Staphylococcus aureus resistenti alla meticillina) è stazionaria intorno al 33-34%, ma nel corso del tempo sono comparsi e si sono aggiunti altri microrganismi multiresistenti, quali i ceppi di Enterobatteri resistenti ai carbapenemi (CPE), tra cui in particolare la Klebsiella pneumoniae che è resistente a quasi tutti gli antibiotici disponibili, e l’Escherichia coli che manifesta il 30% di resistenza alle cefalosporine di terza generazione e il 43% ai fluorochinoloni. Rimangono sempre pericolosi altri microrganismi multiresistenti, quali Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter spp, che provocano infezioni soprattutto in pazienti critici quali quelli ricoverati nei reparti di terapia intensiva, e gli Enterococchi resistenti alla vancomicina o VRE, rappresentati in Italia soprattutto da Enterococcus faecium, la cui percentuale nelle batteriemie è salita dal 5% nel 2013 al 13% nel 2016.

Nel novembre 2017 è stato approvato il Piano Nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza 2017-2020, predisposto da un Gruppo di Lavoro cui partecipano il Ministero della Salute, l’AIFA, l’Iss, rappresentanti delle Regioni e alcune Società scientifiche, che ha ripreso le indicazioni dell’Oms nell’ottica dell’approccio one health che considera come connesse la tutela della salute umana, quella animale e ambientale.

Ma al di là del piano governativo, è necessario il contributo attivo e responsabile di ciascun individuo. In queste settimane di epidemia influenzale, il vero e proprio assedio dei pazienti ai medici di base, l’assalto alle guardie mediche e ai pronto soccorso, lo svuotamento degli scaffali delle farmacie, la dicono lunga su quanto sia lontana la consapevolezza su un uso responsabile degli antibiotici di larghe fasce della popolazione, in quanto molti pazienti e purtroppo anche alcuni medici sono convinti di essere “più al sicuro” con la “copertura antibiotica”. Niente di più sbagliato, perché un antibiotico non necessario non fa che selezionare ceppi resistenti. Purtroppo l’antibiotico è diventato il “farmaco dell’ansia”: ansia che la febbre nasconda un’infezione seria, che il problema non si risolva spontaneamente, che stiamo sottovalutando qualcosa. Invece, un rapporto più sereno con le malattie, aspettando i giusti tempi di guarigione, gioverebbe alla salute. Ammalarsi, soprattutto nei bambini, comporta la creazione di una risposta immunitaria persistente e duratura, che li proteggerà dalle malattie nelle epoche successive. Un comportamento di attesa, responsabile e consapevole, mette al riparo da un eccessivo ricorso ai farmaci e ci aiuta a recuperare uno stile di vita più paziente ed umano.

Il dottor Carlo Alfaro, sorrentino, 54 anni, è un medico pediatra Dirigente Medico di I livello presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi della ASL NA3Sud, Responsabile del Settore Medicina e Chirurgia dell’Associazione Scientifica SLAM Corsi e Formazione, e Consigliere Nazionale della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA).

Inoltre è giornalista pubblicista, organizzatore e presentatore di numerosi eventi culturali, attore di teatro e cinema, poeta pubblicato in antologie, autore di testi, animatore culturale di diverse associazioni sul territorio, direttore artistico di manifestazioni culturali.

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