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L’illuminazione a gas, un primato napoletano

di Michele Di Iorio

Prima dell’illuminazione a gas, Napoli, come tutte le città d’Europa, di notte era al buio completo, e all’imbrunire le strade diventavano il regno di topi e malfattori. Saccolari, gli odierni scippatori, e pozzari, ladri di appartamento che si introducevano nelle case attrverso pozzi ma anche comignoli, agivano indisturbati col favore delle tenebre.

Ogni città era in balìa della criminalità: c’era l’esigenza di trovare una soluzione. La prima a correre ai ripari fu la municipalità di Parigi: nel 1524 a intimò ai cittadini di esporre di notte lumi alle finestre delle case, e nel 1662 si dotò di pubblica illuminazione stradale con lampioni ad olio governati dai famosi lampionai. Seguirono Torino nel 1681 e  Londra nel 1684, dove si usava l’olio di colza e poco dopo Madrid, Lisbona e Vienna agli inizi del Settecento.

Fu proprio sull’esempio austriaco che il Regio governo di Napoli, nella persona del Primo Ministro Tanucci, nel 1770 emanò un’ordinanza per l’impianto di 120 lampioni ad olio nelle principali vie e piazze intorno alla Reggia. Inoltre fu decretato che i cittadini dovessero illuminare le finestre delle loro case. Purtroppo i lampioni vennero distrutti per ben due volte: scugnizzi e lazzaroni si diedero da fare perchè i lestofanti potessero agire protetti dal buio …

Il gesuita padre Rocco ebbe un’idea geniale: fece stampare immagini sacre e le fece porre in edicole agli incroci: la devozione religiosa del popolo non lasciava mai un lumino spento, che finivano quindi per essere punti luce nell’oscurità delle strade. Questa novità fu … provvidenziale: in breve tempo le cappelle votive si moltiplicarono.

Il re, sempre attento al benessere dei suoi sudditi, sentiva comunque l’esigenza di rendere le strade sicure di notte e chiese ai suoi ambasciatori presso le corti europee di studiare il miglior sistema di illuminazione pubblica. Nel 1787 il Regio governo di Napoli bandì una gara d’appalto per la costruzione e il servizio di lampioni pubblici ad olio di colza. Ne furono così costruiti 300 in ferro per l’illuminazione delle principali strade e piazze, estendendo man mano la rete fino alla periferia.

Sarà poi Giuseppe Bonaparte nel 1806  a far accendere in tutta Napoli 1.860 lampioni pubblici ad olio, sorvegliati da ronde notturne di polizia, con un regolare servizio comunale di lampionai forniti di scale di ferro uncinate.

Dopo la restaurazione borbonica, Ferdinando, ispirato dalle innovazioni commerciali e industriali d’Europa, nel 1817 tentò di stipulare una convenzione, con l’imprenditore francese Pierre Andriel per illuminare a gas tutta Napoli. Purtroppo le cose andarono a rilento e solo con  Ferdinando II la città venne interamente illuminata, prima nella penisola italica, da una rete di lampioni a gas realizzata con il supporto dell’industriale francese Jean de Frigiere.

Venne quindi costituito un corpo di gasisti del Genio Militare, che muniti di lunghe canne avevano il compito di accendere alla sera e di spegnere all’alba i lampioni a gas. L’illuminazione pubblica aveva la durata d circa 8 ore. Il corpo dei gasisti divenne poi una specialità dei Pompieri.

Nel 1853 il gas illuminava tutta Napoli. Gli abitanti dei palazzi privati, che dapprima consideravano il gas pericoloso, pian piano iniziarono ad abbonarsi al servizio.

Un altro dei primati di Napoli che le valse il plauso delle corti straniere e persino deli oppositori del regime borbonico, come Luigi Settembrini.

Un pensiero su “L’illuminazione a gas, un primato napoletano

  • Raffaele Esposito

    Sarebbe opportuno che gli autori dell’ articolo celebrativo dei 30 anni del g7 a Napoli, pubblicato da Napoli Todey, leggessero quanto scritto da Michele Di Iorio sull ‘ illuminazione a Napoli .

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