L’estate è finita, e il Covid a che punto sta?
Il nostro medico Carlo Alfaro, Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, spiega a che punto siamo con la SARS-CoV-2
Siamo giunti al 21 settembre, comunemente considerato l’inizio della stagione autunnale, e a sette mesi esatti dal “paziente uno” di Covid-19 italiano, il trentottenne Mattia di Codogno, che poi paziente numero 1 non era, perché da mesi il SARS-CoV-2 circolava silente in Europa. A che punto siamo?
L’Italia si trova in una fase epidemiologica di transizione dalla prima alla seconda ondata, al momento in progressivo ma contenuto peggioramento. Nell’ultimo report di monitoraggio dell’epidemia italiana di Covid-19 a cura di Ministero della Salute e Iss, relativo al periodo 7-13 settembre 2020, emergono degli elementi di allarme causa un “lento e progressivo peggioramento dell’epidemia di SARS-Cov-2, sebbene con un andamento più contenuto rispetto a quello osservato in altri Paesi europei”, con incidenza cumulativa dei casi costantemente in crescita per la settima settimana consecutiva. Risultano al momento attivi 2.397 focolai (698 nuovi), alcuni anche di dimensioni importanti, riportati nella quasi totalità delle province, che riflettono una circolazione del virus su tutto il territorio italiano sempre più rilevante.
I servizi territoriali impiegati nella sorveglianza dei casi (Dipartimenti di Prevenzione) iniziano a manifestare segni di sofferenza da sovraccarico “con il rischio di compromettere la tempestiva gestione dei contatti”, sebbene non siano invece identificati segnali di sovraccarico dei servizi sanitari assistenziali.
Rispetto tuttavia al periodo della prima ondata, i casi diagnosticati attualmente vengono ricercati attivamente, poiché oggi si eseguono molti tamponi in più, a soggetti asintomatici. Il 65% dei casi sono individuati infatti grazie alla intensa attività di screening e di contact tracing. La maggior parte dei casi (81,9%) viene contratta sul territorio nazionale, a dimostrazione di una elevata trasmissione locale del virus. Spesso la causa dei focolai sono attività ricreative che comportano assembramenti e violazioni delle regole di distanziamento fisico.
Riguardo all’età colpita, in Italia, come in Europa, si è verificata durante l’estate una transizione dell’epidemia da SARS-CoV-2, con un forte abbassamento dell’età mediana della popolazione che contrae l’infezione fino ai 30 anni, ma nelle ultime due settimane l’età mediana dei casi diagnosticati sta di nuovo aumentando ed è attualmente 41 anni. Questo aumento dell’età mediana alla diagnosi testimonia probabilmente una trasmissione dalla popolazione più giovane a quella più anziana, soprattutto all’interno della famiglia.
L’indice di trasmissione nazionale (Rt) è fortunatamente sotto la soglia di 1 (la aveva superata nel periodo da metà agosto a inizio settembre), ma si ricorda che, essendo calcolato solo sui casi sintomatici, Rt potrebbe sottostimare leggermente la reale trasmissione del virus. Nessuna Regione italiana è a contagi zero al momento. In quasi tutte le Regioni si osserva un trend in aumento da diverse settimane, con relativo aumento del tasso di occupazione dei posti letto sia in area medica che in terapia intensiva.
Secondo l’analisi indipendente condotta ogni settimana dalla Fondazione GIMBE, dal 9 al 15 settembre i ricoveri in terapia intensiva sono addirittura aumentati del 41%. E le condizioni di questi pazienti in rianimazione tendono ad essere critiche come quelle di coloro che venivano ricoverati nei mesi in cui l’Italia ha raggiunto il picco epidemico.
Questo trend in costante aumento, impone di mantenere la guardia molto alta, in quanto la tendenza osservata potrebbe riflettersi in un maggiore impegno dei servizi assistenziali. Resta innanzitutto fondamentale aumentare la consapevolezza della popolazione sull’importanza del rispetto, a livello individuale, delle misure di prevenzione, quali igiene, distanziamento fisico, uso delle mascherine (che, secondo uno studio uscito sul New England Journal of Medicine, potrebbero anche favorire l’immuntà di gregge, stimolando la produzione di anticorpi nei confronti di piccole quantità di virus con cui permettono di venire a contatto, ma ad una carica insufficiente a creare infezione).
Secondo l’ultimo Decreto ministeriale, che proroga le norme anti-Covid fino al 7 ottobre, resta obbligatorio indossare le mascherine (esclusi i bambini sotto i 6 anni e i disabili) nei luoghi chiusi aperti al pubblico, o quando non si possa garantire il distanziamento, e comunque anche all’aperto, nei luoghi della movida, dalle ore 18 fino alle 6, oltre al prosieguo del provvedimento di chiusura di discoteche e sale da ballo, eventi sportivi e concerti, convegni medici, tutte condizioni in cui si possa creare assembramento.
Altrettanto importante, per il controllo della diffusione dell’infezione, la riduzione nei tempi tra l’inizio della contagiosità e l’isolamento: dunque, la diagnosi precoce. La diagnosi precoce sarà ancora più facile se verrà validato un nuovo test rapido realizzato da Menarini, in grado in soli 12 minuti di rivelare, sempre da tampone nasofaringeo, se una persona è positiva al virus SARS-CoV-2 (presenza dell’antigene) e quale sia la carica virale – e dunque il grado di infettività – e, su un campione di siero (ottenuto tramite digito-puntura per sangue capillare o prelievo venoso) cimentato simultaneamente con lo stesso reattivo, la presenza di anticorpi IgM e IgG. Il test potrà essere utilizzato in contesti operativi decentralizzati rispetto al laboratorio analisi, quali Pronto Soccorso, aeroporti.
In arrivo anche un test sulla saliva capace di rivelare la positività in 3 minuti. I test rapidi potrebbero essere molto utili per evitare che durante la stagione fredda, dati i criteri piuttosto ampi per richiedere l’accertamento diagnostico stabiliti dall’ISS (anche solo raffreddore, naso che cola o mal di gola) si possa arrivare, specialmente per i bambini, a una richiesta di tamponi talmente rilevante da mettere in crisi il sistema (altrimenti sarebbe opportuno, suggeriscono gli esperti, restringere le indicazioni a seguire il percorso Covid solo ai casi a maggior rischio di risultare effettivamente positivi).
Il contenimento dell’epidemia richiede poi che i soggetti diagnosticati rispettino la quarantena in rigoroso isolamento. A tal proposito, l’OMS raccomanda di mantenere la quarantena a 14 giorni, a dispetto della proposta di 150 scienziati, adottata da alcuni Stati come la Francia, di ridurla a 7 giorni.
È oggetto di discussione anche l’attuale indicazione del doppio tampone negativo per interrompere l’isolamento domiciliare obbligatorio per i soggetti Covid positivi dopo la risoluzione dei sintomi a fine dei 14 giorni: molti esperti ritengono siano eccessivi.
Per proteggere i servizi sanitari dal rischio di sovraccarico sarà infine importante portare le cure “a casa” del paziente, attraverso la Medicina “di prossimità” (medici e infermieri del territorio), compresa la sanità digitale.
In ogni caso, in Italia, rispetto a molti Stati nel mondo, la situazione, pur destando preoccupazione, resta ancora sotto controllo (casi totali 296.569). Il numero giornaliero di nuovi casi di infezione rimane per esempio nel complesso inferiore rispetto a quello di altri Paesi europei. La Francia (467.614 casi totali) è arrivata attualmente a 10.000 casi nelle 24 ore, con necessità di chiusura di diverse scuole per l’amplificarsi dei contagi tra gli studenti. Anche in Spagna (640.040 totali), a Madrid, è stato necessario limitare ingresso e uscita in 37 zone sanitarie, limitare le riunioni a massimo 6 persone e chiudere i parchi. Nel Regno Unito (391.039 casi) è in corso nelle ultime settimane una accelerazione dell’epidemia, giungendo a oltre 4.320 casi diagnosticati in 24 ore, picco da maggio, con aumento di ricoveri e morti.
Israele è invece il primo Paese al mondo dove è scattato, causa l’impennata di ricoveri, malati gravi e morti, il secondo lockdown nazionale, che resterà in vigore almeno tre settimane.
Negli USA, il Covid-19 dilaga negli Stati dove si è scelta la via del non eseguire un lockdown rigoroso per non frenare l’economia e del non obbligo di mascherina, come il Texas, dove la capacità degli ospedali è stata messa a dura prova dall’eccesso di malati e la letalità è stata alta.
Comunque, il SARS-CoV-2 non si è comportato, come si era pensato, come un virus stagionale: durante l’estate, in coincidenza con le riaperture dopo il lockdown, i casi hanno ripreso a crescere. Secondo uno studio libanese uscito su Frontiers in Public Health, il Covid-19 ha ancora un indice di trasmissione molto alto in quanto solo una fetta minoritaria della popolazione lo ha incontrato sviluppando gli anticorpi, cosa che gli consente di continuare a circolare tutto l’anno in maniera molto efficiente: solo quando sarà raggiunta l’immunità di gregge (almeno 60% della popolazione con anticorpi), da epidemico si trasformerà in endemico, perdendo aggressività.
È presumibile che il mondo dovrà fronteggiare ancora un autunno-inverno difficile: la luce comincerà a intravedersi col vaccino (su quello Astra-Zeneca sono ripresi i trials, dopo la sospensione per una sospetta reazione avversa, poi rivelatasi non dovuta al vaccino) e la messa a punto della terapia con anticorpi monoclonali.
La possibilità di una immunità di gregge, da ottenere soprattutto grazie ai vaccini, sembra messa in discussione dal rischio di reinfezione da Sars-Cov-2, ma in realtà al momento sono stati accertati e documentati pochissimi casi e, quasi sempre, i sintomi della seconda infezione sono molto più lievi. Il fatto inoltre che il nuovo Coronavirus continua a mutare poco, meno della metà di quanto accade con il virus dell’influenza, è una buona notizia per lo sviluppo di terapie e vaccini, che dovrebbero essere efficaci per tutti i ceppi virali esistenti nel mondo, sei identificati al momento.