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Le spose bambine- V puntata

Passano gli anni, ma non sempre si cresce con loro. È solo con le esperienze vissute sulla propria pelle che le bambine diventano donne 

di Bianca Sannino

Da quel giorno Benito cominciò a frequentare regolarmente la casa, il martedì, il giovedì e la domenica come abitudine a qui tempi.

Il più delle volte si sedevano in salotto a parlare degli ultimi libri letti da entrambi o a raccontarsi storie, alcune inventate, altre della loro vita prima che si conoscessero.

Rosa era molto giovane, aveva poco da raccontare, per lo più erano racconti di prima della guerra, quando c’era ancora l’illusione che le cose non precipitassero.

I suoi ricordi più belli erano legati alle passeggiate dalle nonne che vivano in un paese vicino, i giardini in cui amava passeggiare, le distese di fiori e la frutta fresca che mangiava raccolta appena dagli alberi insieme al suo adorato fratello Amedeo.

Era stato il suo compagno di giochi e di bricconate, aveva con lui un rapporto speciale, erano vicinissimi d’età ed erano somigliantissimi, gli stessi occhi cerulei e la stessa chioma biondissima. La sua morte l’aveva resa monca di una parte di sé, il dolore l’aveva quasi annichilita ma lei aveva questo dono speciale, riusciva comunque a sorridere e a sognare.

Benito, più grande di qualche anno, aveva più esperienza. Era stato già due anni fuori, prima in Belgio, poi in Germania e in Francia. Era un tecnico specializzato, l’Europa si stava riprendendo dagli orrori passati e c’era bisogno di persone in gamba, intraprendenti, istruite.

L’Italia stava ancora facendo i conti con il suo passato e il boom economico non era ancora avviato. Molti giovani di belle speranze stavano tentando fortuna all’estero e Benito era uno di quelli.

Accomodati sul divano di pelle rossa, sotto i quadri di Art Nouveau che Giorgio amava collezionare, Rosa e Benito si raccontavano. Annuccia si accoccolava ai piedi di entrambi e guardava Benito con occhi di ammirazione. Le piaceva, le piacevano i suoi modi garbati e quelle attenzioni affettuose per quella piccolina che aveva conosciuto il dolore della perdita troppo presto.

Talvolta uscivano per una passeggiata, le sorelle sempre dietro.

Annuccia con un gelatino o una pastarella compratele un po’ per affetto e un po’ perché non spifferasse dei baci furtivi che si scambiavano, Maria sempre con quell’aria impertinente e canzonatoria.

Metteva sempre bocca quando le frasi che si sussurravano erano troppo sdolcinate.

Mi fate venire il diabete, basta con tutto questo zucchero!!

Maria, come sei strana?! Hai un orecchio di qua e uno di là, sempre pronta a carpire ogni parola.

Sarei strana se avessi entrambe le orecchie da un lato! Non trovi? Invece, caro Benito, sono perfettamente normale e le mie orecchie funzionano bene e purtroppo mi tocca sentire tutte queste smancerie.

 

Bianca Sannino, docente appassionata nella scuola statale italiana, vive e insegna a Portici da più di vent’anni.

Dopo aver attraversato perigliosi mari in vari ambiti e settori ed essersi dedicata alla redazione di libri saggistici e specifici del settore dell’insegnamento, esordisce oggi nel genere novellistico.

 Due lauree, corsi di specializzazione, master non sono bastati a spegnere la sua continua, vulcanica e poliedrica ricerca della verità. 

Da sempre, le sue parole che profumano di vita e di umanità, arricchite dalla sua esperienza e sensibilità, restituiscono delicati attimi di leggerezza frammisti a momenti di profonda riflessione.

Nel 2021 inizia la collaborazione con LoSpeakersCorner pubblicando una serie di novelle, tutte al femminile.

 

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