Le mummie napoletane
di Michele Di Iorio
Gli antichi egizi praticavano la mummificazione delle salme per preservarle dalla decomposizione. Infatti credevano che un corpo integro fosse necessario per vivere nell’aldilà. Esistevano diversi metodi di imbalsamazione a seconda delle possibilità economiche dei familiari e dello status del defunto. Il metodo tradizionale era quello di asportare gli organi interni e conservarli immersi in una soluzione in quattro vasi detti canopi. Il cuore non veniva asportato in quanto ritenuto sede dell’anima. Il corpo veniva sommerso per 40 giorni in un bagno di natron, una miscela naturale di sodio carbonato, sodio bicarbonato e cloruro di sodio, in modo da farlo disidratare. Infine, prima di porre la salma nel sarcofago, si procedeva alla bendaturatura.
Fu dal XVI secolo che i reperti egizi arrivarono in Europa. In quegli anni gli archeologi cominciarono a portar via dall’Egitto le mummie per studiarle.
Erano secoli ancora bui, e subito iniziarono a fiorire le leggende… Si diceva che le mummie uscissero dai musei indossando abiti dell’epoca e si confondessero con borghesi, nobili, introducendosi perfino alla corte dei re e nei monasteri cattolici e protestanti.
A Roma, si vociferava che facessero parte della collezione del Cardinale Borgia tre mummie “viventi”, tra cui quella di una principessa di circa 18mila anni fa. Pare venissero regalate alla nobile famiglia Farnese. Nel 1731 furono ereditate dal giovane Carlo di Borbone Spagna, che divenne re di Napoli e di Sicilia nel 1734.
L’illuminato re Carlo si portò dietro la sua ricca collezione Farnese che inizialmente venne depositata nella nuova Reggia di Portici per poi essere trasferita a Palazzo Teresa, ex sede della Real Università degli Studi di Napoli, che fu adibito a Museo Archeologico di Napoli. Le sale egizie vennero allocate nei sotterranei dell’edificio di via Foria.
Poteva mai Napoli mancare di creare una nuova leggenda? I custodi del Museo, impauriti dal fatto che nei sotterranei c’erano le mummie, cominciarono a diffondere voci: le vedevano muoversi.
Un primo “avvistamento” notturno di un uomo avvolto parzialmente di strane bende e con vestiti del settecento in giro per le strade di Napoli, fu fatto da una ronda notturna di guardie regie a piazzetta Nilo. Lo strano essere sfuggì agli inseguitori.
Altro “avvistamento” in via Mezzocannone, e un terzo segnalato da mercanti alla Polizia: un uomo liberatosi da strane bende fuggi nella chiesa di San Domenico Maggiore. Un caso simile si verificò quando una donna fece la stessa cosa e scappò nel Palazzo Venezia.
Qualcuno sospettò che questi fatti straordinari fossero opera del geniale principe Raimondo de Sangro di Sansevero e dei suoi amici, o devoti servitori del principe.
Comunque le dicerie e il timore popolare si accrescevano, e venne segnalato l’”avvistamento” di un uomo e di una donna che si liberarono dalle bende e si confusero tra la folla che si era radunata per guardare lo “spettacolo”. Lanciarono per terra un pugno di monete d’oro per poi sparire nel Palazzo dello Spagnuolo in via Vergini nel rione Sanità, di proprietà del colonnello Giuseppe Moscati, amico di Raimondo De Sangro.
Altri “avvistamenti” anche a Portici vicino la Reggia, a Napoli fuori Villa Heigelin a Capodimonte, ritrovo di neotemplari e di massoni.
Le voci erano insistenti, tanto che iniziò a indagare il capo della Polizia Vincenzo Durante: misteriosamente, venne fermato per ordine della Regina Maria Carolina. Successivamente, vi furono altre indagini, sempre stranamente ostacolate dall’alto.
Altri casi vennero riferiti dai custodi del Museo all’archeologo Giuseppe Fiorelli, direttore degli scavi di Cuma, Baia e Pompei. Fiorelli non trovò però riscontro alle chiacchiere, ma solo curiosi reperti egizi lasciati da tre fuggitivi bendati a Pompei…
L’ultimo “avvistamento” di cui si ha notizia è relativamente recente: nel 1939 a Capodimonte, davanti Villa Heigelin, un uomo e una donna bendati come mummie in silenzio distribuirono monete e pezzi d’oro ai poveri del luogo e sparirono all’interno dell’antica Villa, distrutta poi dai bombardamenti aerei alleati della Seconda Guerra mondiale.