La variante Delta
Carlo Alfaro, Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi (Na), ove è titolare di Incarico professionale di consulenza, studio e ricerca di Adolescentologia, ci informa sull’a diffusione delle varianti Delta e Kappa
La variante Delta del Sars-Cov-2 (“B.1.617.2”) è stata identificata per la prima volta in India durante la violenta ondata epidemica in aprile e maggio, assieme alla variante Kappa (“B.1.617.1”), altro sotto-tipo meno comune dello stesso “lignaggio”, che il sistema di sorveglianza non distingue al momento.
Maggiore trasmissibilità. Sulla base delle prove scientifiche disponibili, la variante Delta è più trasmissibile di altre varianti circolanti, ad esempio è circa del 60% più trasmissibile della variante Alpha identificata nel Regno Unito alla fine del 2020, che già aveva una trasmissibilità del 37-50% maggiore rispetto al ceppo cinese originario WA1/2020.
Diffusione globale. La Delta è stata rilevata in almeno 98 Paesi, secondo l’Oms. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) stima che entro la fine di agosto rappresenterà il 90% di tutti i virus Sars-CoV-2 in circolazione nell’Unione europea, diventando dominante rispetto alla variante oggi più diffusa, Alfa. La variante Delta è attualmente già dominante in Gran Bretagna e Portogallo, dove rappresenta rispettivamente il 98% e il 96% dei casi.
La Gran Bretagna, quando la variante ha iniziato a diffondersi a metà aprile, si stava preparando a riaprire, grazie a mesi di blocco e a uno dei programmi di vaccinazione più veloci al mondo. Due mesi dopo, la variante ha realizzato una terza ondata e costretto il governo a rimandare ancora le riaperture e prevedere una terza dose di vaccino a partire da settembre. Grazie al fatto però che la copertura vaccinale della popolazione è alta (60%), aumentano i casi ma non i ricoveri e i decessi.
Nella distribuzione mondiale, la variante è in rapida crescita negli Stati Uniti, Italia, Spagna, Belgio, Germania. In Italia la sua crescita è stata esponenziale, dal 4,2% registrato nel mese di maggio al 22,7% del 22 giugno, secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, mentre la variante Alfa, se pur ancora predominante, sta diminuendo (57,8% al 22 giugno rispetto all’88,1% del 18 maggio).
Aggressività e protezione dai vaccini. I dati disponibili suggeriscono che la variante Delta abbia una gravità assimilabile all’influenza, con un tasso di 1 decesso ogni 1.000 infezioni. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che le persone vaccinate sono protette da forme gravi.
Infatti, quando emerge una nuova variante il maggior pericolo è che le mutazioni siano correlate a potenziale evasione della risposta immunitaria, da infezione o vaccinazioni. Secondo il Public Health England, una singola dose di vaccino (Pfizer-BioNTech o AstraZeneca) riduce nei confronti della variante Delta la probabilità di malattia di poco più del 30%, percentuale che sale al 60% dopo la seconda dose di Astrazeneca e all’88% dopo il ciclo vaccinale completo di Pfizer, mentre nel prevenire il ricovero Pfizer offre una protezione del 94% dopo 1 dose e 96% dopo 2 dosi, Astrazeneca del 71% dopo 1 dose e del 92% dopo 2 dosi.
La protezione dei vaccini era maggiore nei confronti della variante Alpha sia nei confronti dell’ammalarsi che di ricoveri e decessi. Anche una ricerca pubblicata su The Lancet come Correspondence conferma che gli anticorpi prodotti dalla vaccinazione o da un’infezione passata potrebbero essere meno efficaci contro la variante Delta, ma due dosi del vaccino Pfizer o AstraZeneca sono protettive contro la malattia grave e il ricovero, non altrettanto una singola dose.
Secondo uno studio dell’Università di Oxford pubblicato dalla rivista Cell, i vaccini anti Covid-19 AstraZeneca e Pfizer sono efficaci contro le varianti Delta e Kappa del Covid-19.
La Delta, secondo questo studio, sarebbe capace di causare reinfezione negli individui precedentemente infettati dai ceppi Beta e Gamma, emersi rispettivamente in Sud Africa e Brasile, meno da Alpha.
Secondo invece il Ministero della Salute israeliano, nei confronti della variante Delta l’efficacia del vaccino Pfizer scende al 64% dal 94% mostrata contro altri ceppi, specificando che il calo della protezione riguarda i contagi e non ricoveri o decessi.
Johnson & Johnson ha annunciato che due nuovi studi hanno dimostrato che il suo vaccino a dose singola ha generato un’attività forte e persistente sia per quanto riguarda gli anticorpi neutralizzanti sia le risposte delle cellule T, comprese le cellule CD8+ che riconoscono e distruggono le cellule infette, contro la variante Delta e altre varianti virali e la durata della risposta immunitaria si è protratta per almeno otto mesi, il periodo di tempo valutato.
La vaccinazione con Moderna in un altro studio ha prodotto anticorpi a titoli neutralizzanti contro tutte le varianti testate: Beta (Sud Africa), Kappa e Delta, Eta (Nigeria) e le varianti A.23.1 e A.VOI.V2 identificate per la prima volta in Uganda e Angola.
Rischi e prevenzione. Secondo l’Ecdc, il rischio della Delta è basso per le popolazioni completamente vaccinate, ma alto per le popolazioni parzialmente o non vaccinate. Per questo è urgente l’accelerazione dei programmi di vaccinazione e il raggiungimento di livelli elevati di copertura con la vaccinazione completa, onde scongiurare una quarta ondata in autunno.
È anche importante un capillare sequenziamento per intercettare in maniera puntuale la diffusione della variante e intensificare il tracciamento sistematico dei casi per individuare i focolai.
La maggiore minaccia della Delta è per i Paesi più poveri con scarso o nessun accesso ai vaccini, come l’Africa, dove già sta diffondendo a un ritmo da record e dove solo 1,2% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale. Da poco ha iniziato a diffondersi anche una forma mutata, la variante Delta plus, che è un ceppo più virulento.