La Riflessione, Cuori in Atlantide
Leggere il libro di Stephen King Cuori in Atlantide è come essere stati proiettati in un’America particolare, più intima
di Ettore Sannino
Una vicenda arcinota, che all’epoca fece molto scalpore: una generazione di giovani americani scaraventata a morire in Vietnam (Atlantide) a causa di un gioco di carte (Hearts/Cuori) reso famoso nel mondo attraverso Microsoft che per lungo tempo lo ha inserito nelle applicazioni preinstallate di Windows.
Da questa vicenda trae origine Cuori in Atlantide di Stephen King, un libro a metà strada tra il romanzo ed il racconto lungo/breve, con cinque storie tenute insieme da un paio di denominatori comuni.
Il primo è che in ciascuna storia c’è sempre lo stesso protagonista.
L’altro denominatore comune è l’epoca, anzi un’intera epoca, nel corso della quale si sviluppano le varie vicende.
Parlarne ora può sembrare anacronistico, ma in realtà riesumare un vecchio libro in cui si parla di valori nazionali, in questo momento non è del tutto illogico.
Leggerlo è come essere stati proiettati, con una speciale macchina del tempo, in un’America particolare, più intima, quello mena pubblicizzata come modello americano.
Un’America che racconta la vita della provincia in un arco temporale compreso tra i primi anni sessanta e la metà degli anni Novanta, in cui le persone vivono lontane da quello che era, è stato, è e sarà il sogno americano.
Si combatte quotidianamente con la povertà, non quella dei barboni, dei clochard, ma quella della famiglia media americana, costretta a barcamenarsi per affrontare il quotidiano, dove quasi tutto è un lusso, dove per pochi dollari si baratta la dignità, dove la rabbia è talmente radicata che a volte esplode gratuitamente, come libero sfogo alla frustrazione.
E mentre nel primo racconto lungo, quello degli uomini bassi con gli impermeabili gialli, abbiamo un assaggio di quello che poi diventerà King come narratore del soprannaturale, del paradosso, dell’incredibile, nel secondo racconto lungo – che dà il nome al libro, Cuori in Atlantide appunto – la narrazione è concreta, lucida, cruda, vera al di là di ogni ragionevole dubbio.
L’orrore del Vietnam, la follia di una guerra voluta da alcuni, ma non voluta né capita dalla moltitudine, apre le porte alla prima vera stagione della contestazione, prevalentemente giovanile, in quanto la middle class si nasconde dietro il silenzio quando non condivide e dietro il rifiuto e la negazione, quando vede nella guerra in Vietnam l’esibizione dell’orgoglio americano, del Grizzly simbolico, l’orso indomito.
Ed accanto alle prime manifestazioni di piazza, alle prime repressioni della polizia, comincia a nascere il movimento degli Hippies, i pacifisti figli dei fiori ed allo stesso tempo si comincia ad assistere ad una maggiore liberalizzazione di costumi, in un’America bigotta e puritana.
Gli altri tre brevi racconti sono la logica conseguenza dei primi due e portano le storie a conclusione, in una sorta di necessità non indispensabile ed a tratti un pochino noiosa, che nulla però toglie alla bellezza del libro.
Ettore Sannino, nato a Napoli, vissuto a Portici, attualmente vive a Caserta. Neurochirugo, opera in ospedale. Lettore appassionato e scrittore fecondo, nel 2022 ha pubblicato il suo libro d’esordio, “Un possiile senso della vita, Graus Edizioni. una di racconti.
Dice di sé: Cresciuto scienziato in una famiglia di umanisti, mio nonno che era scultore e pittore diceva che ero incapace persino di fare la lettera “o” col bicchiere e se ne rammaricava.
Ma anche se non condivido assieme al suo nome il suo talento con pennello e scalpello, la mia passione è altrettanto artistica: scrivere, e mi accompagna dai tempi del liceo, quando qualsiasi tema in classe per me era l’occasione per un racconto, l’incipit di una storia. Perciò eccomi a voi, come sono, venendo dal nulla, pronto a tornare nel nulla e sperando di non essere nulla più che uno a cui piace scrivere
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