La Reggia di Quisisana
Il nostro autore ci racconta del sito reale di Quisisana: sebbene restaurato, attualmente è senza destinazione d’uso
di Lucio Sandon
Ciascuna di voi molte volte può avere udito ricordare il re Carlo vecchio, ovver primo, per la cui magnifica impresa e poi per la gloriosa vittoria avuta del re Manfredi furon di Firenze i ghibellin cacciati e ritornaronvi i guelfi. Per la qual cosa un cavalier, chiamato messer Neri degli Uberti, con tutta la sua famiglia e con molti denari uscendone, non si volle altrove che sotto le braccia del re Carlo riducere; e per essere in solitario luogo e quivi finire in riposo la vita sua, a Castello a mare di Stabia se n’andò; e ivi forse una balestrata rimosso dall’altre abitazioni della terra, tra ulivi e nocciuoli e castagni, de’quali la contrada è abondevole, comperò una possessione, sopra la quale un bel casamento e agiato fece, e allato a quello un dilettevole giardino, nel mezzo del quale, a nostro modo, avendo d’acqua viva copia, fece un bel vivaio e chiaro, e quello di molto pesce riempiè leggiermente. E a niun’altra cosa attendendo che a fare ogni dì più bello il suo giardino, avvenne che il re Carlo, nel tempo caldo, per riposarsi alquanto, a Castello a mar se n’andò; dove udita la bellezza del giardino di messer Neri, disiderò di vederlo. E avendo udito di cui era, pensò che, per ciò che di parte avversa alla sua era il cavaliere, più familiarmente con lui si volesse fare, e mandogli a dire che con quattro compagni chetamente la seguente sera con lui voleva cenare nel suo giardino. E mangiando egli lietamente, e del luogo solitario giovandogli, e nel giardino entrarono due giovinette d’età forse di quattordici anni l’una, bionde come fila d’oro, e co’capelli tutti inanellati e sopr’essi sciolti una leggiera ghirlandetta di provinca, e nelli lor visi più tosto agnoli parevan che altra cosa, tanto gli avevan dilicati e belli; ed eran vestite d’un vestimento di lino sottilissimo e bianco come neve in su le carni, il quale dalla cintura in su era strettissimo e da indi giù largo a guisa d’un padiglione e lungo infino a’piedi.
Giovanni Boccaccio, Decameron, Decima Giornata, Novella Sesta.
Secondo un’antica leggenda il palazzo di Casasana sarebbe stato edificato nel 1280 da Carlo II d’Angiò in virtù di una insperata guarigione ivi ottenuta, e questo spiegherebbe l’origine del toponimo Domus de loco sano, poi volgarizzato in Casasana e, infine, Quisisana. Le cronache, a partire da questo momento, segnalano un susseguirsi di guarigioni eccellenti che contribuiscono a tramandare e ad amplificare la fama di Quisisana.
Nel 1401, in seguito ad una violenta epidemia di peste, Ladislao di Durazzo si rifugiò con la sua famiglia nel reale palazzo di Castellammare, luogo che rimase immune da ogni contagio.
Nel 1541, divenuta proprietà della famiglia Farnese insieme a tutto il feudo di Castellammare, ebbe un periodo di oblio, infatti non se ne hanno notizie rilevanti fino a quando nel 1734 Carlo III di Borbone salito sul trono di Napoli e Sicilia, portò in dote le proprietà di sua madre, ultima discendente dei Farnese: il palazzo di Quisisana era considerato il sito reale più antico del Regno.
Il complesso, che rispecchiava l’idea del “palazzo di caccia e villeggiatura”, ha una struttura a forma di elle, così da godere da un lato di una splendida vista sul golfo e dall’altro di essere meglio collegato a Castellammare.
Francesco I amava particolarmente questo luogo dove spesso organizzava sfarzosi festeggiamenti durante i quali i viali del parco erano aperti al pubblico, e passava lunghi periodi a Castellammare godendo anche del suo mare.
Ferdinando II a gli diede un’impostazione tipicamente anglosassone, con grandi viali, scale, fontane e giochi d’acqua che sfruttavano scenograficamente sia la ricca vegetazione delle pendici del Faito che le sorgenti d’acqua.
La fama del Palazzo era tale da attrarre moltissimi viaggiatori e personalità straniere, e il suo splendore ci è testimoniato dagli acquerelli e dalle incisioni di Hackert e Dahl nonché dalle vedute della Scuola di Posillipo.
Venne creato anche un grande terrazzo, da dove il re si dilettava nella caccia alle quaglie. A complemento d’arredo furono allestite quattro fontane, dette le fontane del re, collocati sedili di marmo, statue e creati dei belvedere da dove si poteva vedere tutta la città di Napoli.
Inevitabilmente il declino del palazzo reale di Quisisana ha inizio con la fine della dinastia borbonica: depredata dei suoi arredi a più riprese, la reggia, o almeno quello che restava, entrò a far parte dei Beni Riservati della Corona di Casa Savoia e nel 1877 tutta la proprietà passò al demanio dello Stato. Dopo la morte di Vittorio Emanuele II il palazzo e la tenuta furono ceduti al Comune di Castellammare di Stabia.
Le proprietà costituivano un totale di 49.400 mq. Oltre al palazzo, vi erano una cereria, il maneggio, due scuderie, due rimesse, due sellerie, una masseria, una casa colonica, una torre, una chiesa e vari alloggi per il personale.
La flora presente all’interno del parco è costituita da alcuni alberi monumentali tra cui un pino d’Aleppo dalla circonferenza oltre 4 metri, ma anche nespoli del Giappone, palme delle Canarie, eucalipti, pini marittimi, cipressi italiani, camelie e magnolie.
Nella zona dove sorgeva la masseria sono presenti dei frutteti, mentre nella zona della selva vi sono castagni, carpini, olmi e lecci.
Probabilmente l’idea di destinare ad uso di albergo l’ex Casina reale di Quisisana nacque in seguito alle svariate richieste pervenute al sindaco di Castellammare di poter prendere in fitto un “quartierino” proprio in questa villa. Come risulta da una guida di Castellammare del 1898, l’albergo prese il nome di “Hotel Margherita”, in omaggio forse alla regina d’Italia, ma a quanto pare non ebbe lunga vita, se già nel 1902 risulta dismesso. Rimarrà inattivo fino al 1923, quando il complesso, che conta circa 200 camere, riaprì i battenti con un nuovo nome: «Royal Hotel Quisisana».
Fino ad allora però, il fabbricato era servito per altri scopi: nelle estati del 1909 e 1910 ospitava il Collegio dell’Annunziatella di Napoli, e allo scoppio della Prima Guerra Mondiale venne adibito ad ospedale militare e alloggio per il Corpo Reale Equipaggi.
Nel 1940 venne requisito dalle autorità militari come ospedale, e tale sarà il suo utilizzo fino alla fine della guerra.
L’albergo Royal Palace Hotel chiuderà i battenti nella seconda metà degli anni ’60, e da lì in poi la mancanza di qualsiasi forma di manutenzione ridusse la tenuta in uno stato di decadimento avanzato. Gli eventi sismici del novembre 1980 diedero il colpo di grazia al glorioso fabbricato.
Dopo un periodo di totale abbandono che l’hanno ridotta ad un rudere, nel 2009 sono terminati i lavori di restauro che hanno permesso di riportarla all’antico splendore. Sono state fatte diverse ipotesi sul possibile utilizzo della reggia: tra le più probabili una scuola di restauro e la creazione di un museo per raccogliere i reperti provenienti dagli scavi di Stabiae, ma anche di destinarla ad una funzione ricettiva, e addirittura si è ipotizzata la realizzazione di un casinò.
Il sito rimane proprietà del Comune di Castellammare di Stabia che ne gestisce la fruizione, mentre le funzioni di tutela sono di competenza del Parco Archeologico di Pompei.
Attualmente la Reggia di Quisisana è chiusa al pubblico fino a nuova comunicazione.
Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio.
Notevole è il suo penultimo romanzo, “La Macchina Anatomica”, Graus Editore, un thriller ambientato a Portici, vincitore di “Viaggio Libero” 2019. Ha già pubblicato il romanzo “Il Trentottesimo Elefante”; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: “Animal Garden” e “Vesuvio Felix”, e una raccolta di racconti comici: “Il Libro del Bestiario veterinario”. Il racconto “Cuore di figlio”, tratto dal suo ultimo romanzo “Cuore di ragno”, ha ottenuto il riconoscimento della Giuria intitolato a “Marcello Ilardi” al Premio Nazionale di Narrativa Velletri Libris 2019. Il romanzo “Cuore di ragno” è risultato vincitore ex-aequo al Premio Nazionale Letterario Città di Grosseto “Cuori sui generis” 2019.
Sempre nel 2019, il racconto “Nome e Cognome: Ponzio Pilato” ha meritatola Segnalazione Speciale della Giuria nella sezione Racconti storici al Premio Letterario Nazionale Città di Ascoli Piceno, mentre il racconto “Cuore di ragno” ha ricevuto la Menzione di Merito nella sezione Racconto breve al Premio Letterario Internazionale Voci – Città di Roma. Inoltre, il racconto “Interrogazione di Storia” è risultato vincitore per la Sezione Narrativa/Autori al Premio Letizia Isaia 2109.
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