La Recensione, Il corriere. The mule
di Ciccio Capozzi
Earl è un floricultore in crisi: ormai fuori dal mercato, è costretto a vendere tutto. Però è un guidatore esperto: si lascia utilizzare dai Narcos per trasportare droga. Ripiana i suoi debiti e vorrebbe riprendere i contatti con la famiglia da lui trascurata. Clint Eastwood, all’età di 88 anni (è nato nel ‘30), dirige, interpreta e produce, con la sua Malpaso Il corriere. The mule (USA, ‘18), ispirato ad una storia vera. Osannato, e giustamente, dalla critica, e intendo tutta la critica, ha trovato anche un confortante riscontro di pubblico.
Il corriere è un bellissimo film. Ricco di umanità e di quella personalità così spiazzante, nella sua apparente marginalità esistenziale, mette in mostra un percorso di trasformazione di un uomo comune, un vero e proprio antieroe, da lui affrontato, pur se nell’ultima parte della sua vita. Earl, per il lavoro, si è quasi distaccato del tutto dalla sua famiglia; che però continua ad avere una traccia, per quanto in penombra, di affettività nei suoi confronti. In particolare nella sua nipotina, che lo mitizza e gli vuole bene.
Fa quel che fa, senza andare troppo per il sottile, ma al suo fondo, sa che è un percorso non morale: lui che ha sempre portato avanti, nei suoi comportamenti ordinari, con semplicità, ma coerenza, l’etica del lavoro, secondo i più tradizionali valori americani. Valori che sono impalliditi di fronte alla crisi che ha subito: alla modernità che l’ha sopraffatto e portato sul lastrico.
Earlperò non ha alcuno spirito di rivalsa e di ribellione: non diventa un eroe negativo. La narrazione mette in evidenza la sua umanità e capacità di adattamento e di sopravvivenza pur in quelle condizioni.
Non è politicamente corretto: chiama “negri” una coppia di automobilisti di colore: che però aiuta con istintiva generosità e solidarietà tra automobilisti. Mangia gli hamburger come un ragazzino.
Nelle cose che fa, quali che esse siano, non ha un approccio incerto: fa quello che deve fare, contagiando con la sua umanità sia i narcos che lo stesso capo del cartello.
È tuttavia il rinato rapporto di vicinanza alla sua famiglia, alla moglie malata, l’attrice bravissima e assai misurata Anne Wiest, di grande, non appariscente, ma profonda affettività, lo costringe a fare i conti con sé stesso. E qui entra in gioco il rapporto coi suoi persecutori della DEA: Bradley Cooper resta sconcertato dalla complessità della personalità del corriere: avverte nei suoi confronti, quasi istintivamente, un rapporto filiale.
Earl è un uomo semplice ma non sempliciotto, che ha costruito una personalità che incarna i diversi spiriti dell’anima americana e in cui vi convivono. Sembra un paradosso ideologico: ma Clint è “oltre” ogni banalità di questo genere. Come i grandi scrittori classici e registi del suo Paese, Melville, Hawthorne, Ford, Peckimpah, fa rivivere all’interno della sua grande anima i conflitti psicologici.
Li anima, dà loro un nome e una persona. Aiutato dall’adeguata sceneggiatura, di Nick Shenk (lo stesso di Gran Torino),’ O Masto (Eastwood), ha sviluppato il film come una sinfonia-piano di lettura psicologica della persona di Earl.
Il corriere è un film in cui tutti gli elementi si incastrano con eleganza, dolcezza e sicurezza, gli uni con gli altri nel puzzle dei suoi rapporti e delle sue vicissitudini. Non c’è alcun ricorso a montaggi sincopati: come molto spesso avviene nel cinema di questo maestro, è tutto molto naturale e easy, facile e rilassato.
E in questo, la perfetta colonna sonora, tra jazz e country, aiuta moltissimo, dà il senso sonoro di quelle ampiezze senza fine e senza battiti del deep degli Usa.
Questa “facilità” è tale almeno alle apparenze. In realtà c’è un rigoroso lavoro di ideazione, armonizzazione e di scansione di tempi narrativi: soprattutto per ciò che riguarda gli spazi, compresi quelli visuali, da dare agli approfondimenti delle motivazioni psicologiche e comportamentali. Così che il finale, nella sua completa e radicale assunzione di responsabilità, per quanto in termini di gentile e poetica favola etica (il suo rapporto coi fiori), è un punto d’arrivo credibile.
Earl è un uomo giusto che ha recuperato la sua via, riconciliato con gli affetti e le persone a lui care. Che ha ritrovato, con serenità e fiducia, per quanto tra le sbarre, il suo posto nel mondo.
Ciccio Capozzi, già docente del Liceo Scientifico
porticese Filippo Silvestri, è attualmente
Direttore Artistico del Cineforum
dell’Associazione Città del Monte|FICC al
Cinema Teatro Roma di Portici.