La Portici di Carlo Levi
di Teodoro Reale
La presenza a Portici di Carlo Levi a Portici s’intreccia con quella dell’amico Manlio Rossi Doria, che nel 1944, dopo la Liberazione di Roma, era stato nominato commissario straordinario dell’Istituto Nazionale di Economia Agraria ed aveva ricevuto l’incarico di insegnamento di Economia e Politica Agraria a Portici, dove si era laureato ed aveva svolto attività antifascista con Emilio Sereni, fondando nel 1928 una cellula clandestina del P. C. I.
Nel 1948 rifiutando di avvalersi delle leggi a favore dei perseguitati politici, vinse il primo concorso regolare a cattedra diventando professore ordinario.
Altra presenza che legava lo scrittore a Portici fu quella di Rocco Scotellaro, conosciuto da entrambi, candidati per il Partito d’Azione alla Costituente nel 1946, durante la campagna elettorale in Basilicata. Scotellaro, in seguito all’abbandono dell’esperienza politica, nel 1953 era stato invitato a Portici da Rossi Doria per occuparsi della Segreteria del Piano Svimez per la Basilicata.
Dobbiamo proprio a Carlo Levi una testimonianza sugli ultimi anni dell’amico, intitolata Il compagno Scotellaro, apparsa sull’edizione torinese di L’Avanti il 29 agosto 1954: «Un periodo di prigione, per ragioni politiche,nel 1950;e poi con le sue dimissioni da sindaco;e con la sua andata a Napoli, liberazione insieme ed esilio. È un periodo di lotta e di conoscenza, di assimilazione e di ritegno,di aperture e di rifiuti. È l’uscita da un nido tanto più materno quanto più povero e desolato,il contatto con l’altro mondo. Questi anni di varie esperienze ci danno poesie, alcune bellissime, altre più direttamente legate alle oscillazioni sentimentali di questo processo di maturazione.
Ma Rocco, in questo processo, si apre sempre più a grandi interessi umani, impara sempre più a contemplare il mondo partecipando continuamente (con quale fatica tuttavia, e dolente entusiasmo) alla vita; e sente in sé la capacità e la necessità di una grande e lunga strada, di una alta traiettoria che lo riporterà al mondo contadino da cui è partito, con coscienza ormai piena. Sono gli anni 1952 e 1953: è, credo, il secondo grande periodo della sua poesia; dove il senso universale della vita riempì i suoi versi, arricchiti di amorosa intelligenza; dove pure,in quella pienezza, è ìl presentimento della morte,e la grandezza di un destino breve; fino alle ultime poesie, quelle dell’ ultimo giorno (“O mio cuore antico, topo solenne che non esci fuori”, “Mamma tu sola sei vera”).»
Un anno particolare per la presenza a Portici di Carlo Levi fu il 1953: il 4 aprile venne celebrato il matrimonio di Manlio Rossi Doria con l’americana di origine ungherese Anne Lengyel, officiato da Massimo Caprara, allora sindaco di Portici.
Il legame d’amicizia portò Rossi Doria a scegliere come testimoni, Levi, Rocco Scotellaro, ed Alberto Carocci, il fondatore nel 1926 della rivista Solaria, con Il quale aveva militato nella Resistenza romana nelle file del Partito d’Azione, e che in quel medesimo 1953 con Alberto Moravia aveva fondato la rivista Nuovi Argomenti.
Ecco l’atto riportato nel Registro dei Matrimoni del Comune di Portici: «L’anno millenovecentocinquantatre addì quattro del mese di aprile alle ore dodici nella Casa Comunale di Portici, in una sala aperta al pubblico.
Avanti a me Caprara dott. Massimo, Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Portici, Sindaco vestito in forma ufficiale, sono personalmente comparsi:
Rossi Doria Manlio, divorziato di anni quarantasette Professore di Agraria, nato in Roma residente in Portici, cittadino italiano, figlio di Tullio e di fu Grilli Carolina, Lengyel Anna Cristina Emilia, nubile di anni trenta, nata a Veimar (Germania) figlia di Melchiorre e di Gerö Liddy, i quali mi hanno richiesto di unirli in matrimonio e a questo effetto mi hanno presentato il documento sotto descritto che munito del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo registro, insieme con quelli già prodotti all’atto della richiesta della pubblicazione.
Dall’esame di tutti gli anzidetti documenti risultandomi nulla ostare alla celebrazione del matrimonio, ho letto agli sposi gli articoli 143, 144 e 145 del libro primo del Codice civile, e quindi ho domandato allo sposo se intende di prendere in moglie la qui presente Lengyel Anna Cristina Emilia e a questa se intende di prendere in marito il qui presente Rossi Doria Manlio; ed avendomi ciascuno risposto affermativamente a piena intelligenza anche dei testimoni sottoscritti, ho dichiarato che i medesimi sono uniti in matrimonio. A quest’atto sono stati presenti quali testimoni Levi Carlo fu Ercole di anni cinquanta scrittore residente in Roma, Carocci Alberto Mario di anni quarantanove, avvocato residente in Roma. Il documento presentato è il certificato di pubblicazioni in questo Comune (…).
Letto confermaro e sottoscritto:
Manlio Rossi Doria, Lengyel Anna Cristina Emilia, Carlo Levi, Alberto Mario Carocci, Rocco Scotellaro, Francesco Rossi Doria, l’Ufficiale di Stato Civile Massimo Caprara.»
Quel giorno nulla lasciava presagire quanto sarebbe avvenuto la notte del 10 dicembre del 1953, l’improvvisa scomparsa di Rocco Scotellaro.
Così L’Unità il giorno dopo nell’annunciare l’evento in un articolo intitolato Improvvisa morte di Rocco Scotellaro menzionò la presenza di Levi: «Tra i primi ad arrivare sono stati quindi il compagno Nino Sansone, che ha portato le condoglianze del nostro giornale e il pittore Paolo Ricc . Alle 13.30 è giunto da Roma Carlo Levi, con la moglie. Nel pomeriggio l’on. Mario Gomez ha espresso ai familiari ed al professor Rossi Doria, preside della facoltà, le condoglianze dell’Associazione dei contadini del Mezzogiorno.»
Carlo Levi schizzò due disegni sul letto di morte, e per un giorno la camera della pensione Iuliano, dove il poeta viveva, in via dell’Università n. 73, si riempi dei tanti amici.
Dobbiamo a Carlo Bernari, anch’egli accorso, un ulteriore ricordo dell’evento e della disperazione di Levi: «Carlo Levi mi viene incontro, quasi mi butta le braccia al collo, è sconvolto: Rocco Scotellaro è morto, iersera, d’un colpo al cuore. Non riesco a crederci e scuoto la testa, è impossibile: è ancora vivo nella mia mente, e non riesco a distenderlo, giù, da morto in un feretro. Risorge dal letto e mi fissa con quegli occhietti ad uncino sempre ironici sotto la tesa del suo berretto, ultimo residuo del suo mondo contadino. Si fa sempre fatica ad accettare una morte improvvisa, ma diventa straziante adattare ad una morte improvvisa un’immagine viva e inquieta come quella del poeta Rocco Scotellaro.
Mi accorgo che non devo commuovermi; anzi devo confortare l’amico più di me colpito. Perché Rocco era per Levi come un figlio.
Rocco s’era aperto alla poesia, riscoprendo il mondo contadino di cui egli stesso era parte, attraverso il Cristo si è fermato ad Eboli del Levi.»
Dopo la scomparsa dell’amico, Levi fu ancora a Portici in varie occasioni, non solo per incontrare Rossi Doria, ma soprattutto per recuperarne i manoscritti in vista della pubblicazione del volume È fatto giorno, edito nel 1954.
Come sappiamo dal ricordo di Carlo Mazza che fu collega di Scotellaro a proposito della poesia Palazzo Reale di Portici: «La lirica rimase nel cassetto di Olga Danese fin quando, trascorsi ormai alcuni mesi dalla morte di Rocco, Olga la consegnò a Carlo Levi, venuto a Portici per incontrarsi con Rossi Doria.»
L’interessamento da parte di Levi per l’opera di Scotellaro fece sì che al volume postumo È fatto giorno venisse assegnato il Premio Viareggio del 1954.