La lingua di fuoco, docufilm di Ruggero Cappuccio
La lingua di fuoco, docufilm scritto ed interpretato da Ruggero Cappuccio, che ne è anche regista insieme a Nadia Baldi, andrà in onda sabato 9 dicembre alle 21.15 in prima serata su RAI 5. Lo short movie è centrato sulla straordinaria vitalità artistica del teatro di Napoli e, in modo particolare, della sua lingua e della sua scrittura per la scena.
Prodotto da Visioni segrete, con Giovanni Ragone alla direzione della fotografia e i costumi di Carlo Poggioli, La lingua di fuoco realizza un racconto autobiografico per immagini fondato sulla ultraventennale esperienza di frequentazione e produzione teatrale e letteraria dell’autore, regista ed attore napoletano Ruggero Cappuccio.
A partire dalla sua esperienza narrativa e drammaturgica, Cappuccio propone sull’argomento una singolare ed inusuale prospettiva intersecando il racconto della fascinazione della lingua di Napoli ai luoghi fisici della città. Nelle varie sequenze, l’autore e con lui gli attori Claudio Di Palma, Ciro Damiano, Marina Sorrenti, Franca Abategiovanni, Simona Fredella ma anche i musicisti di Capone e Bungt Bangt, conducono gli spettatori in luoghi eletti a simbolo, sia di ispirazione che di diffusione, del sapere e del potere linguistico della città di Napoli.
Dalla augustea villa di Publio Vedio Pollione a Posillipo, alla Cripta della Chiesa Della Speranzella nei Quartieri Spagnoli, al Palazzo Reale, al Succorpo dell’Annunziata fino all’Archivio Storico del Banco di Napoli e all’istituto per gli Studi Filosofici, il racconto di Ruggero Cappuccio pone in evidenza la relazione tra i nuclei architettonici e il coevo sviluppo del linguaggio, poi tradotto per la scena.
Così Ruggero Cappuccio: « Ciascuno di questi luoghi Ruggero Cappuccio può definirsi una piattaforma magnetica di avvenimenti e questi avvenimenti si sono svolti in un certo tempo e con certe connotazioni linguistiche. In ognuno di essi è racchiusa una memoria vitalistica, non statica, che ha prodotto e produce una lingua e una storia raccontata o ancora da raccontare. Nell’Archivio Storico del Banco Di Napoli tra i milioni di fogli che lì sono custoditi ce n’è uno che documenta il passaggio di Caravaggio a Napoli. È solo un esempio per dimostrare come un luogo di grande fascino, un testo ritrovato, la sensibilità di un artista, riescono talvolta a sintetizzare suggestioni ed emozioni e, in tanti casi, trovando esiti sublimi in diverse generazioni di autori di teatro, ma anche di cinema, poesia e musica ».
Il docufilm di Ruggero Cappuccio attiva così la sua indagine sul potere di una lingua che è musica, che bada fortemente ai rapporti di equilibrio tra suono e significato, «,,, che raggiunge i sensi prima ancora del cervello, e nel momento in cui raggiunge i sensi parla all’intelligenza emotiva delle persone».
Conclude Cappuccio: «Nel docufilm alludiamo alla natura magmatica della città e della sua lingua perché la lingua napoletana procede nei secoli per esplosioni. Il dire nella civiltà teatrale napoletana è paragonabile ad un’ eruzione e questo recitar cantando lo descrive in due momenti : il primo è quello del concepimento silenzioso dell’idea e l’altro è quello del parto, fragoroso, terribile quanto inebriante dell’idea stessa. Cosicché potremmo dire che a Napoli ogni silenzio è concepito per dare vita ad un’eruzione».