IX Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, un bilancio
di Ciccio Capozzi
Dal 6 novembre all’11 novembre 2017 si è svolta la IX edizione del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli.
Nato nel 2008, ogni anno ha presentato – con l’esclusione del 2016 – un ricco catalogo di iniziative e percorsi su tematiche riguardanti, da una parte, la declinazione dei diritti umani, e la loro affermazione e le prassi che li riguardano all’interno della vita civile sia nazionale che internazionale. Dall’altra, il puntuale accompagnamento di opere cinematografiche, a supporto, approfondimento e, in relazione alle loro qualità artistiche, ampliamento delle tematiche affrontate.
Contemporaneamente, il Festival all’interno dei sei giorni della sua durata, realizza un concorso cinematografico, sulla base di un bando pubblicato on line, di opere italiane e non, che affrontano tematiche afferenti i Diritti Umani: film giudicati da una Giuria di Qualità e da una Giuria Popolare.
La rassegna cinematografica e gli altri eventi, se non diversamente allocati, si sono svolti nell’accogliente Spazio Polifunzionale Biblioteca Annalisa Durante in via Vicaria Vecchia a Forcella, messoci a disposizione dal Comune di Napoli (che ha patrocinato l’iniziativa) a titolo gratuito, eche è divenuta la Sede del Festival per quest’anno.
Per il 2017 si è scelto un tema complessivo, sintetizzato nel titolo Mari, muri e filo spinato. Si voleva mettere in evidenza l’esigenza di confrontarsi con le nuove, drammatiche articolazioni, a partire dal modo con cui si sta affrontando il fenomeno epocale dei migranti, nell’illusione di bloccarlo. E di come tale atteggiamento di feroce chiusura, nel suo manifestarsi prevalentemente come ideologia della paura dell’altro, del diverso, diventi un veleno che si sta inoculando in altri settori della nostra vita sociale. Come ad esempio nella cura solo istituzionale e reclusoria del malessere psichiatrico: tema affrontato dal Festival in più di un intervento.
Ciò sta determinando dei veri e propri cambi radicali nei modi (paradigmi) di essere nel nostro vivere civile, travisandone e dissolvendone ulteriormente e ancor più profondamente, il senso comunitario.
Il Festival interviene ed esprime le sue posizioni, affidando ad associazioni, gruppi intellettuali, singole personalità, con i quali stabilisce, attraverso incontri preliminari e discussioni, parziale o totale sintonia o unità d’intenti e di visione complessiva, la cura e la costruzione di eventi che si pongano come oggetto la presa di posizione, l’interpretazione, la denuncia su singoli aspetti, geograficamente e/o temporalmente identificati, delle tematiche inerenti ai diritti umani. In questa chiave è da ascriversi il Patrocinio di Amnesty International stabilmente concesso al Festival. O la collaborazione della storica rivista Atlante dei Conflitti, il cui direttore Raffaele Crocco è stabilmente vicino e collabora al Festival, come pure le Istituzioni universitarie (quest’anno l’Università Suor Orsola Benincasa) e scolastiche. È un Festival la cui originalità e unicità è quella di essere consapevolmente plurale.
L’evento d’inaugurazione, in cui è intervenuto il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, è stato realizzato nella Casa Circondariale di Poggioreale, dove, in collaborazione cogli operatori del SERT interno, coordinato dal dottor Stefano Vecchio, alla presenza di un centinaio di detenuti del Padiglione Roma, per lo più impegnati in percorsi di liberazione da dipendenze e di alcune scolaresche del vicino Istituto Comprensivo Leonardo Da Vinci, è stato presentato il film Ni un pibe menos (Né un bambino in meno) diretto da Antonio Manco (ITA, ‘16) da un’idea del nostro Giovanni Carbone sulla gestazione e creazione di La Garganta Poderosa (La gola potente, una rivista scritta dai ragazzi di una Poblaciòn povera di Buenos Aires), spesso teatro di lotte sanguinose interne ai Narcos, che hanno fatto vittime innocenti, tra cui dei bambini. Rivista che ha visto l’incoraggiamento e la sponsorizzazione d’immagine, gratuita, di personaggi come Diego Armando Maradona e di Leo Messi.
È seguito un dibattito vivace. Si deve dare atto a ben due direttori del carcere avvicendatisi, culturalmente e democraticamente illuminati, che hanno sostenuto l’iniziativa che ha segnato un avvio ricco di contenuto sociale e cinematografico del Festival.
Un altro evento significativo è stato quello realizzato insieme ai volontari di Je so’ pazzo negli spazi dell’ex OPG (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) di via Imbriani da loro gestito, dedicato alla pratica della tortura, manifestatasi anche in Italia. E’ intervenuta, Nel corso di un attento e partecipato dibattito, alla presenza di più di duecento persone, è intervenuta Ilaria Cucchi, che ha reso e analizzato la sua impressionante testimonianza rispetto al destino del fratello, cui è seguita la proiezione di La Sirena di Daniele Cini.
L’ultimo appuntamento pubblico di rilievo nazionale è stato l’incontro col sindaco di Riace Domenico Lucano, che ha trasformato quella definita dai media “emergenza migranti” in un’opportunità di sviluppo. Anzi ha creato un vero “modello Riace”, conosciuto anche da media internazionali: contrariamente a quanto hanno fatto diversi suoi colleghi, non solo ha accettato migranti di diverse etnie e culture, ma li ha immessi nel tessuto produttivo della stessa comunità cittadina. Inventando dei percorsi produttivi, che hanno fatto crescere l’insieme della cittadina: da paesino sul punto di morire (con 900 abitanti e centinaia di concittadini emigrati) a 1500 abitanti. Oggi è sotto attacco della magistratura ordinaria e contabile che gli ha contestato alcune pratiche, volte a migliorare la vita di tutti i cittadini.
C’è stato inoltre un incontro sulla periclitante tregua di “non guerra” nell’ex Jugoslavia: zona su cui esperti, come Gianmarco Pisa, da tempo col Festival, hanno creato un faro permanente, seguito dal film Home(s) a cura del Festival Pravo Ljutski di Sarajevo.
Come pure c’è stata una riflessione sui desaparecidos , non solo quelli già documentati, ma anche dei nostri giorni, condotta insieme ad esperti internazionali, dalla docente universitaria di Ispanistica Valentina Ripa, “storica” presenza del Festival, e anche sulla condizione delle donne migranti da noi.
La parte concorsuale cinematografica del Festival ha visto l’arrivo di 200 pellicole, tra short (corti) e doc (medio e lungometraggi) di cinema di realtà (documentari), inviati da tutto il mondo: 45 paesi dei 5 continenti.
Il gruppo selezionatore, di cui ha fatto parte lo scrivente, era coordinato da Lia Cacciottoli, e dai registi Antonio Manco e Mario Leombruno. Sono stati scelti dieci film, tra short e doc , visti dalla Giuria di qualità, coordinata dal regista Alessandro Negrini – di cui è stato visto fuori concorso il suo recente Tides – che ha premiato Coffee for all nation, per i lungometraggi (doc) e Barber Shop. New Delhi per i corti (short). La Giuria Popolare ha indicato To my children. Altri Premi sono stati attribuiti (come il Men Khamis/Arrigoni) a El colòr del camaleòn e Complicit. Presentati e premiati alche alcuni cartoni animati sui temi.
Il coordinatore dell’intera iniziativa è stato Maurizio Del Bufalo: la sua passione, competenza e visione strategica sono state imprescindibili.
Il sito del Festival: cinenapolidiritti.it