Il torrone di Dentecane, eccellenza campana
di Michele Di Iorio
Sembra che in Italia il famoso torrone sia solo quello della città di Cremona. Invece, nel Sud c’è un eccellente produzione dello squisito dolce, proprio qui in Campania, a Dentecane, una piccola frazione che conta 600 abitanti e ben 5 fabbriche di torrone del comune avellinese di Pietradefusi.
Nel XVIII secolo in questo piccolo centro s’insediò la famiglia Di Iorio, proveniente dagli Iorio in forma patronomica, di origine abruzzese e molisana se ne staccò definitivamente nell’anno 1081. Furono sellai, coloni agrari, maniscalchi, cuochi dei baroni di Montefusco.
Nel 1745 arrivarono a Bovino in Puglia i sovrani borbonici Carlo e Maria Amalia per una caccia reale e vennero ospitati dal magistrato Pascucci, che offrì loro dolci e torroni fatti dal fornaio Federico Di Iorio di Dentecane. La regina ne fu deliziata e li richiese nella visita effettuata a Pietradefusi nel 1748.
Il successo delle sue produzioni convinse il fornaio Federico ad aprire nel 1750, a casa sua, una piccola ditta di pasticceria, con 5 lavoranti, tra cui le donne di famiglia.
In 5 anni i suoi torroni divennero famosissimi e venivano venduti ai monasteri di San Gerardo e di Montevergine, alle fiere di Solofra, Avellino, Benevento, Montefusco e al mercato di Atripalda.
Nel 1764 ne divenne entusiasta cliente un personaggio colto ed eruditissimo, l’ambasciatore inglese a Napoli lord Guglielmo Hamilton, vulcanologo, archeologo e storico per passione. Fece omaggio di un’assortimento dei deliziosi torroni ai sovrani Ferdinando e Maria Carolina di Borbone che a loro volta ne rimasero entusiasti, introducendoli non solo nella capitale ma anche a Portici e Caserta, facendone dono ad illustri ospiti come l’Augusto imperatore d’Austria Giuseppe d’Asburgo Leopoldo Granduca di Toscana in visita alla sorella Maria Carolina tra 1768 e 1769. La corte reale ne divenne così assidua consumatrice, e sempre più spesso specialità di Torrone Di Iorio venivano portati in dono nelle visite di stato all’estero.
Dopo il 1794 i torroni Di Iorio di Dentecane divennero stabilmente Real fornitura. Ne furono golosi i duchi Borbone di Lucca e il banchiere Rothschild, divenuto barone proprio a Napoli, nel 1816. Anche l’ultimo sovrano Francesco II pare ne fosse ghiotto, anzi, “contagiò” anche la moglie Maria Sofia. Una piccola memoria: nel dicembre 1860 i sovrani borbonici mandarono pranzo e la cena natalizia ai soldati feriti di Gaeta e pezzi di torrone Di Iorio.
Anche dopo la caduta del Regno delle Due Sicilie il torronificio Di Iorio annoverò nomi illustri tra i consumatori della sua specialità: i reali sabaudi, Dumas, Garibaldi, Carducci, l’avvocato Lebano, il poeta Shelley e lord Byron, D’Annunzio, Matilde Serao. Per non dimenticare Mussolini, che pare ne mangiasse a tutte le ore, e che nel 1922 fece registrare ai fratelli Fiorentino e Vincenzo il brevetto dei Torroni di Iorio di Dentecane, che venivano esportati in tutto il mondo.
I due famosi pasticcieri nel 1927 lanciarono il torrone farcito, caratterizzato dalla presenza di cioccolato tra due strati di torrone. Si trattava di una lavorazione particolare che non permetteva che il cioccolato si sciogliesse a contatto con il torrone bianco caldo.
Alla Fiera di Milano del 1928 ottennero l’apprezzamento dei consumatori e degli addetti ai lavori, e man mano divennero numerosi gli attestati pubblici internazionali.
Nel 1954 comparve il famoso Pantorrone Di Iorio, unico ed inimitabile, una delizia farcito con pandispagna bagnato di liquore. Nel 1989 vennero poi lanciate sul mercato uova pasquali a base di torrone e di cioccolato fondente, mandorlato, bianco con burro cacao, cioccolato al latte e caramellato, con nocciole tipiche campane, le migliori d’Italia.
Nell’anno 2000 gli squisiti prodotti made in Dentecane arrivarono a detenere un’importante posizione nel comparto dolciario nazionale, e non solo.
Nocciole, confetti, biscotti, uova e agnelli pasquali, dolci di natale, torroni di tutti i tipi, farciti, mandorlati, dietetici, cremosi al gianduia, fino ai pan torroni: queste la varie specialità di un’eccellenza campana non conosciuta come merita, tutte confezionate con amore nel piccolo stabilimento che opera con un massimo di 22 dipendenti, tutte donne, dell’attuale proprietario Vincenzo Di Iorio, una ditta che lavora con passione ininterrottamente da 260 anni.