Il Servo di Dio Francesco Maione
Lo spirito di carità del Servo di Dio Francesco Maione aleggia ancora sulla sua città natale, dove torna a riposare
di Stanislao Scognamiglio
SANT’ANASTASIA | CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLI – La comunità anastasiana giovedì 21 novembre vivrà uno speciale momento di grazia, perché allo scoccare delle ore 18.30 si avrà il tanto atteso momento della traslazione delle spoglie mortali del Servo di Dio Francesco Maione.
Nell’occasione del 150esimo anniversario della sua morte, infatti, le spoglie mortali dell’amato concittadino religioso, Terziario Francescano, ritorneranno nel suo paese natale.
Traslati dalla chiesa di San Diego all’Ospedaletto di Napoli, i resti di Francesco Maione arrivati in piazza San Francesco, saranno portati nella chiesa parrocchiale di Sant’Antonio di Padova, officiata dai Frati Minori Conventuali.
Il fausto evento culminerà con la solenne concelebrazione dell’Eucaristia, presieduta da Monsignor Francesco Marino, vescovo di Nola.
Durante il sacro rito, si terrà la deposizione delle spoglie nel loculo appositamente predisposto, dove riposeranno definitivamente.
Francesco Maione nasce il 2 ottobre 1840 a Sant’Anastasia, in provincia di Napoli e diocesi di Nola, da Sabato Maione, contadino, e da Teresa Pellegrino, operaia.
Per quanto famiglia povera, fin dalla più tenera età, dai genitori è educato esemplarmente, soprattutto sotto l’aspetto religioso, per cui con assiduità partecipa alla Messa domenicale e al catechismo.
Crescendo, seppur debilitato e deturpato da gibbosità, all’età di otto anni è apprendista nella bottega di un calzolaio.
Quattordicenne, a seguito di una caduta, riportata la frattura delle gambe viene ricoverato all’Ospedale dei Pellegrini a Napoli.
Dati gli elevati costi delle cure, dal 1857 e per i successivi diciassette anni è ospitato nell’Ospedale degli Incurabili.
Durante la lunga degenza, aiutato da un chierico, impara a leggere e a scrivere.
Instancabilmente desideroso di approfondite la conoscenza della fede, soddisfatta la sua curiosità insegna agli altri degenti quanto ha appreso. Successivamente all’adesione alla Congrega di San Giuseppe, ne è nominato Priore della Sala VI dell’Ospedale Incurabili.
Si prende quindi cura dei 127 pazienti, ai quali fornisce i suggerimenti opportuni per entrare nell’animo di quanti erano lontani dai Sacramenti. Prega, organizza novene, ma e soprattutto, è loro vicino donando … molti delicati gesti di carità, che gli valsero il soprannome di “mamma della carità per quegli infelici”.
Rafforza la sua formazione religiosa con la pratica di numerose assidue devozioni: a Gesù Bambino, al Nome di Gesù, alla Madonna Immacolata, alla Madre del Buon Consiglio e alla Madonna del Carmine. Recita costantemente il Rosario come gli è stato insegnato in famiglia.
È tanto affezionato al suo patrono san Francesco d’Assisi da condividerne pienamente lo spirito di carità, perciò aderisce al Terz’Ordine Francescano. Il suo impegno era concreto: dalle povere provviste che aveva, ma anche dalle elemosine che riceveva da amici e benefattori, dava spesso una parte a chi era più povero di lui. Nutriva anche un sincero rispetto e affetto verso i sacerdoti, coi quali s’intratteneva volentieri: ogni volta che uno di essi gli veniva vicino, gli baciava le mani.
Durante la lunga permanenza in ospedale, incontra l’avvocato Bartolo Longo. Questi, da poco riavvicinatosi alla fede dopo una gioventù dissipata e lontana dalla pratica religiosa, ha cominciato a frequentare il nosocomio per portare conforto spirituale ai degenti. Ogni qualvolta però che si avvicina a Francesco, soffermandosi a contemplare la sua serenità, amabile e semplice, ne ricava un grande insegnamento.
Francesco all’età di 34 anni muore la sera del 21 novembre 1874 nell’Ospedale degli Incurabili, mentre segue la benedizione eucaristica. Prima di spirare, invocando la Vergine Maria, pronuncia le sue ultime parole: Regina mia, Regina mia vieni e pigliami.
Appena spirato, i degenti gli strappano di dosso le bende che l’hanno avvolto, se le contendono e le conservano come reliquie.
La salma, prima seppellita nella terra santa della chiesa di San Giuseppe Maggiore a Napoli, nel 1936, a causa della demolizione del sacro edificio, viene traslata nella chiesa di San Diego all’Ospedaletto.
L’arcivescovo di Napoli, il cardinal Guglielmo Sanfelice, conoscendone le virtù, il 25 ottobre 1879, dopo appena cinque anni dalla morte, avvia il processo diocesano per la sua beatificazione.
Dieci anni dopo, il 12 maggio 1909, completata la fase istruttoria ,viene pubblicato il decreto arcivescovile.
Temporaneamente interrotto, il processo viene ripreso nel 2010 con la nomina del vicepostulatore operata dal cardinale arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe.
Nel frattempo tenendo sempre vivo il ricordo di Francesco nel loro cuore, i fedeli anastasiani, nel 2004, hanno voluto dedicare al suo nome della cittadina vesuviana e una cappellina in Piazza Sodani.
Al fine di rinnovare l’interesse verso la storia del Servo di Dio Francesco Maione sono stati pubblicati alcuni volumi biografici.
I padri Giacomo Verrengia, Parroco, Giorgio Tufano, Guardiano, a nome dell’intera famiglia francescana sono lieti di invitare la cittadinanza a condividere questo momento di pura grazia.