Il Racconto, Distanze
Quando le più elementari abitudini vengono stravolte, aumentano le distanze fisiche, ma quelle affettive no. E magari si riscopre qualcosa …
di Giovanni Renella
L’improvvisa rarefazione degli incontri stava determinando una trasformazione radicale delle più elementari abitudini poste alla base dei rapporti umani.
Il regime di cattività imposto, seppur necessario, metteva a rischio quei riti su cui si erano intessute le relazioni sociali fino a quel momento.
Di punto in bianco erano venute meno le condizioni per poter intrattenere rapporti ravvicinati: niente più baci o abbracci, ma neanche strette di mano.
Bisognava mantenere le distanze fisiche, mentre quelle sociali non accennavano a ridursi neanche sotto i colpi di scure vibrati dalla pandemia: l’isolamento forzato in un lussuoso e comodo appartamento era di sicuro più confortevole di quello da sopportare in due stanze, bagno e cucina.
A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, però, un effetto positivo c’era stato, almeno nell’arginare le molestie sessuali sulle donne.
Le distanze imposte, infatti, avevano consentito di evitare l’odioso contatto con quegli osceni figuri che, con nonchalance, approfittavano della promiscuità e della calca dei luoghi affollati per strusciarsi e palpare le malcapitate di turno.
A risentire delle distanze, invece, erano gli amanti clandestini.
Costretti a una reclusione forzata in casa e vanificato dallo smart working l’alibi di doversi recare in ufficio, non sapevano quale scusa accampare pur di uscire e non privarsi del brivido delle loro liaisons dangereuses.
Meno avviliti di sicuro erano i giovani della generazione z.
Abituati a una connessione perpetua via social, che li manteneva in contatto continuo e costante con gli altri reclusi, di fatto avevano azzerato, almeno virtualmente, la separazione imposta dalla quarantena.
Ma la distanza fisica vera e propria si percepiva solo per strada.
Nell’arco di pochi giorni tutti avevano imparato a calcolare, con precisione millimetrica da consumato geometra, lo spazio minimo che doveva intercorrere fra una persona e l’altra all’interno dei pochi negozi aperti o lungo i marciapiedi.
E guai ad avvicinarsi inavvertitamente a qualcuno sotto la soglia di sicurezza: immediatamente partiva una reprimenda, malignamente pronunciata ad alta voce, sull’irresponsabilità e il rischio del contagio, che sortiva l’effetto di annichilire il malcapitato di turno, rendendolo incapace di articolare anche una minima giustificazione, per farlo poi sprofondare in un baratro di vergogna.
Non erano bei tempi e bisognava stare attenti non tanto a quello che si diceva, ma ai metri che separavano gli uni dagli altri.
Fu in quei giorni bui, fatti di distanze da non oltrepassare, che vennero alla luce le essenze più intime delle persone e chi fu attento imparò a conoscere meglio la vera natura di parenti, amici, colleghi e conoscenti: e non sempre fu una bella scoperta.
Ci furono piacevoli conferme, ma anche deludenti sorprese.
E alla fine, quando si rividero le stelle, qualcuno dovette ricalibrare le distanze.
Giovanni Renella, nato a Napoli nel ‘63, vive a Portici. Agli inizi degli anni ’90 ha lavorato come giornalista per i servizi radiofonici esteri della RAI. Ha pubblicato una prima raccolta di short stories, intitolata “Don Terzino e altri racconti” (Graus ed. 2017), con cui ha vinto il premio internazionale di letteratura “Enrico Bonino” (2017), ha ricevuto una menzione speciale al premio “Scriviamo insieme” (2017) ed è stato fra i finalisti del premio “Giovane Holden” (2017). Nel 2017 con il racconto “Bellezza d’antan” ha vinto il premio “A… Bi… Ci… Zeta” e nel 2018 è stato fra i finalisti della prima edizione del Premio Letterario Cavea con il racconto “Sovrapposizioni”. Altri suoi racconti sono stati inseriti nelle antologie “Sette son le note” (Alcheringa ed. 2018) e “Ti racconto una favola” (Kimerik ed. 2018). Nel 2019 ha pubblicato la raccolta di racconti “Punti di vista”, Giovane Holden Edizioni. Il libro ha meritato il Premio Speciale della Giuria al Premio Letterario Internazionale Città di Latina.
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Bravissimo come sempre dr. Renella e stavolta di più.