Il Racconto, Tepore
Una storia antica, una predestinazione e un amore infinito che si sprigiona dal tepore di due cuori
di Giovanni Renella
Da ore stavano provando a scaldarsi a vicenda, alla ricerca di un po’ di tepore.
Per evitare inutili dispersioni di calore, si erano sistemati in modo tale da ridurre al minimo indispensabile ogni loro movimento.
A memoria di essere vivente, non si ricordava un dicembre così rigido, e l’aver trovato rifugio per la notte in quella grotta già gli appariva una gran cosa.
Venivano da lontano e non sapevano di essere parte di un disegno divino che, fra l’altro, li avrebbe consegnati alla ribalta dell’iconografia religiosa nei secoli a venire.
Vuoi per seguire il proprio istinto, vuoi perché guidati da una volontà superiore, si erano messi in cammino e, passo dopo passo, avevano raggiunto “la città di David”.
Nelle locande del luogo non avevano ricevuto l’ospitalità ricercata e l’accoglienza auspicata; anzi, si erano dovuti scontrare con la villania degli osti che li avevano cacciati in malo modo, solo per aver appena lasciato intendere di essere alla ricerca di un riparo per la notte e di qualcosa da mangiare: che tempi bui!
Gli uomini non erano più caritatevoli come una volta, disposti alla condivisione e tolleranti; ormai vivevano ripiegati sul loro stesso egoismo, avvolti da un’insensibilità diffusa che gli impediva di cogliere quanto di bello ci fosse in un gesto di condivisione con il prossimo.
Riflettendo su chi potesse ridare una speranza di salvezza all’umanità, i due, rassegnati, si erano avviati verso quell’antro abbandonato che ora li accoglieva.
Si erano sistemati sul fondo della spelonca, accomodandosi su improvvisati giacigli di paglia.
Nel buio rischiarato dalla luce della luna si potevano distinguere le due nuvolette di aria condensata, simile a vapore, che si sollevavano dalle loro bocche: uniche fonti di tepore nel gelo inospitale di quella notte.
E quando, di lì a poco, quell’uomo maturo e quella giovane donna prossima al parto si affacciarono all’ingresso della grotta, quell’alito caldo rappresentò un conforto sicuro e assunse un rilievo inimmaginabile per la storia dell’umanità.
Chissà se il bue e l’asinello ebbero mai chiaro che non erano finiti lì per caso, ma per scaldare quel bimbo che stava per nascere e che avrebbe cambiato il corso degli eventi futuri.
di Giovanni Renella
Da ore stavano provando a scaldarsi a vicenda, alla ricerca di un po’ di tepore.
Per evitare inutili dispersioni di calore, si erano sistemati in modo tale da ridurre al minimo indispensabile ogni loro movimento.
A memoria di essere vivente, non si ricordava un dicembre così rigido, e l’aver trovato rifugio per la notte in quella grotta già gli appariva una gran cosa.
Venivano da lontano e non sapevano di essere parte di un disegno divino che, fra l’altro, li avrebbe consegnati alla ribalta dell’iconografia religiosa nei secoli a venire.
Vuoi per seguire il proprio istinto, vuoi perché guidati da una volontà superiore, si erano messi in cammino e, passo dopo passo, avevano raggiunto “la città di David”.
Nelle locande del luogo non avevano ricevuto l’ospitalità ricercata e l’accoglienza auspicata; anzi, si erano dovuti scontrare con la villania degli osti che li avevano cacciati in malo modo, solo per aver appena lasciato intendere di essere alla ricerca di un riparo per la notte e di qualcosa da mangiare: che tempi bui!
Gli uomini non erano più caritatevoli come una volta, disposti alla condivisione e tolleranti; ormai vivevano ripiegati sul loro stesso egoismo, avvolti da un’insensibilità diffusa che gli impediva di cogliere quanto di bello ci fosse in un gesto di condivisione con il prossimo.
Riflettendo su chi potesse ridare una speranza di salvezza all’umanità, i due, rassegnati, si erano avviati verso quell’antro abbandonato che ora li accoglieva.
Si erano sistemati sul fondo della spelonca, accomodandosi su improvvisati giacigli di paglia.
Nel buio rischiarato dalla luce della luna si potevano distinguere le due nuvolette di aria condensata, simile a vapore, che si sollevavano dalle loro bocche: uniche fonti di tepore nel gelo inospitale di quella notte.
E quando, di lì a poco, quell’uomo maturo e quella giovane donna prossima al parto si affacciarono all’ingresso della grotta, quell’alito caldo rappresentò un conforto sicuro e assunse un rilievo inimmaginabile per la storia dell’umanità.
Chissà se il bue e l’asinello ebbero mai chiaro che non erano finiti lì per caso, ma per scaldare quel bimbo che stava per nascere e che avrebbe cambiato il corso degli eventi futuri.