Il Racconto, Sul campo di battaglia
di Giovanni Renella
Gli schieramenti si fronteggiavano sui lati opposti, mantenendo sempre un immutabile ed identicoassetto di partenza: era come se i due eserciti si guardassero allo specchio.
Solo il contrasto cromatico delle divise, anch’esse uguali, non poteva essere più netto: bianche per gli uni, nere per gli altri.
Di lì a poco le formazioni si sarebbero inesorabilmente scompaginate, per dar vita ad una contesa che avrebbe visto una fazione prevalere sull’altra, fino a perdere il conto dei caduti sul campo.
Non subito, però: con calma.
Ora era il momento in cui le parti restavano lì, ferme, a studiarsi; e, se fosse stato per loro, neanche si sarebbero scontrate.
Ma non potevano opporsi alla volontà superiore che le trasportava da un lato all’altro del quadrante di battaglia, decretandone il destino.
I movimenti seguivano il filo di una strategia complessa, dove ogni mossa era studiata, mai affidata al caso o all’improvvisazione.
Capitava, talvolta, che tra un attacco e l’altro passassero interminabili minuti, in una guerra di posizione e di logoramento psicologico che mirava a fiaccare il rivale, sperando in un passo falso che lo avrebbe indotto a scoprire il fianco.
Solo allora, in quel preciso istante, lo stratega avrebbe piazzato la mossa vincente.
E con i suoi alfieri, torri o cavalli avrebbe dato “scacco matto” all’avversarioseduto dall’altro lato della scacchiera, fermo lì a guardare il suo re, che non aveva più mosse da fare.
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