Il Racconto, Spigolosità
di Giovanni Renella
La spigolosità del suo carattere non aveva rappresentato un ostacolo alla diffusione della sua popolarità.
Pungente come pochi sapevano essere, non perdeva mai l’occasione per lasciare il segno: bastava dargliene l’opportunità e lui l’avrebbe colta.
Pronto a graffiare chiunque avesse osato prendersi un’eccessiva confidenza, era però il primo a soffrire per quell’ostilità manifesta che, contro la sua volontà, traspariva dal suo aspetto.
Nonostante ciò, con l’avvicinarsi del Natale la cerchia dei suoi estimatori cresceva a dispetto dell’indole selvatica che, almeno all’apparenza, lo caratterizzava.
Bello a vedersi, doveva però essere maneggiato con cura, per non correre il rischio di essere feriti.
Con sistematicità lo strappavano dal proprio habitat naturale, ma a dispetto di tutto e di tutti riusciva a mantenere inalterate le sue caratteristiche morfologiche per giorni e giorni.
Eppure, sebbene fosse noto in ogni angolo del mondo, erano in pochi a conoscere la sua storia.
Protagonista inconsapevole della foga integralista della Chiesa delle origini, nell’antichità era stato addirittura preferito al più pagano abete, che fino ad allora aveva rappresentato una scelta incontrastata per celebrare la nascita di Cristo.
Così, mentre l’incolpevole albero natalizio finiva in soffitta, lui era proclamato dal clero, e acclamato dal popolo, quale unico e solo emblema degno di ricordare la raffigurazione umana di Cristo, rappresentata nel momento della passione.
Poi, con lo scemare del fondamentalismo, all’abete addobbato a festa era stato accostato il presepe con la scena della natività, con corredo di pastori e pecorelle, ed era venuto il suo turno di essere accantonato.
Nelle case più povere aveva continuato, comunque, a rivestire un ruolo di primo piano nell’interpretazione dello spirito natalizio, svolgendo la funzione estetica di decorare le abitazioni e quella esorcistica di tenere lontani gli spiriti maligni: un duplice compito che, con il tempo, l’aveva rilanciato sulla ribalta delle scene natalizie.
Simbolo della corona di spine, per le sue foglie pungenti, e del sangue sulla fronte di Cristo, per le sue bacche rosse, l’agrifoglio tornò così ad occupare uno spazio di rilievo fra i simboli dell’iconografia del Natale, anche a dispetto delle sue spigolosità.
(Foto di copertina by Jason Blakeye_Unsplash)
Nato a Napoli nel ‘63, agli inizi degli anni ’90 Giovanni Renella ha lavorato come giornalista per i servizi radiofonici esteri della RAI. Ha pubblicato una prima raccolta di short stories, intitolata Don Terzino e altri racconti (Graus ed. 2017), con cui ha vinto il premio internazionale di letteratura Enrico Bonino (2017), ha ricevuto una menzione speciale al premio Scriviamo insieme (2017) ed è stato fra i finalisti del premio Giovane Holden (2017). Nel 2017 con il racconto Bellezza d’antan ha vinto il premio A… Bi… Ci… Zeta e nel 2018 è stato fra i finalisti della prima edizione del Premio Letterario Cavea con il racconto Sovrapposizioni. Altri suoi racconti sono stati inseriti nelle antologie Sette son le note (Alcheringa ed. 2018) e Ti racconto una favola (Kimerik ed. 2018).
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