Culturaracconti

Il Racconto, La Madonna delle mosche

di Lucio Sandon

Qualche volta ci passiamo davanti senza notarla, distratti dalla moltitudine di extracomunitari che si accalcano all’esterno degli uffici della questura che si trova proprio di fronte, ma la chiesa di San Carlo Borromeo alle Brecce nasconde una preziosa curiosità, che meriterebbe invece una visita.

Una leggenda racconta che durante l’epidemia del 1527, la Madonna di Costantinopoli apparve ad un’anziana donna, promettendole la fine della peste, e chiedendole di erigere un tempio lì dove avrebbe trovato una sua immagine dipinta su un muro. Rinvenuta questa nel martedì di Pentecoste del 1529 lungo le mura di cinta sotto la rocca di Caponapoli, vi fu edificata una cappella dedicata a Santa Maria di Costantinopoli. In seguito, per allontanare il pericolo di una nuova epidemia, si decise di costruire una chiesa più grande lungo il tracciato di via Costantinopoli.

La città di Costantinopoli, divenne capitale dell’ Impero romano d’ Oriente nel 330,  ed ebbe fin dai primi  tempi un culto tutto particolare per la Madonna. Fin dall’inizio essa fu venerata come odighìtria, da odos,  via, cioè colei che indica la via.

Il famoso detto napoletano ’A Madonna t’accumpagna si addice quindi pienamente alla Madonna di Costantinopoli, perché esprime visivamente la sua missione di Madre che vigila sul cammino dei figli.

Le lotte iconoclaste, iniziate nel 726  con l’intento di sopprimere ogni immagine sacra, il pericolo dell’ invasione musulmana, e l’influenza dell’arte bizantina, favorirono il trasporto di numerose immagini sacre dall’Oriente all’Occidente. Nel regno di Napoli questa devozione si sviluppò fin dal 1452, quando un’icona bizantina della Madonna approdò in Calabria, e fu venerata appunto come Madre del buon cammino.

A Napoli, in particolare, questo culto si diffuse soprattutto durante gli anni in cui la città fu colpita gravemente dalla peste. Anticamente, per la presenza di alcuni allevamenti di bufali nelle paludi napoletane, una località ora coperta dalla sede ferroviaria, fu denominata: Acqua della Bufola, e  proprio qui sin dal XVI secolo  fu venerata un’ immagine di Santa Maria di Costantinopoli.

La chiesetta che custodiva tale immagine, apparteneva alla nobile famiglia Delli Zaccaria, ascritta al Patriziato napoletano del Seggio di Capuana, ma prima del 1700 andò distrutta  a causa di un incendio o di un terribile terremoto.

La Congrega dei nobili della Disciplina della Santa Croce di Sant’Agostino alla Zecca, la più antica confraternita napoletana, sorta nel 1290, la fece ricostruire perché servisse quale cimitero per i suoi confratelli, ma in seguito ebbe bisogno, nel 1861, di una radicale riparazione, alla quale in sostituzione della Congrega, pose mano il Municipio.

La Congrega non avendo i fondi per pagare i suoi debiti rinunziò al suo diritto di proprietà sulla Cappella, e l’ Arcivescovo di Napoli, Sisto Riario Sforza, provvide a riscattarla, aiutato anche dai padulani.

La prima immagine della Madonna di Costantinopoli, custodita nell’antica chiesetta, andò distrutta in epoca imprecisata, ma al suo posto verso il 1850, ne fu dipinta un’altra con alcune mosche, donde il titolo di  Santa Maria delle Mosche.

Questo titolo è giustificato da un’ antica tradizione: nel 1650 il luogo era parte delle paludi napoletane, dove confluiva  l’antico fiume Sebeto, al Ponte della Maddalena. Essendo una zona molto fertile e ricca di acquitrini, furono favoriti alcuni allevamenti locali di bufali, che naturalmente portano con sé numerosi insetti.

In quel periodo era avvenuta una eccezionale invasione di grosse mosche, così gli ortolani, già spaventati dalle numerose epidemie di quel secolo, si rivolsero alla Vergine di Costantinopoli per essere liberati da quegli insetti tanto molesti alle persone e dannosi ai campi. Avendo ottenuta la grazia, essi curarono di tramandare il prodigio ai loro posteri, e fecero dipingere l’immagine con delle mosche, per ricordare in futuro il favore ottenuto.

 

Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio. Appassionato di botanica, dipinge,  produce olio d’oliva e vino, per uso famigliare. Il suo ultimo romanzo è La Macchina Anatomica, un thriller ambientato a Portici. Ha già pubblicato il romanzo Il Trentottesimo Elefante; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: Animal Garden e Vesuvio Felix, e una raccolta di racconti comici: Il Libro del Bestiario.

 

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