Il racconto, D’incanto
Il nostro autore ci racconta l’emozione e la gioia di ritrovarsi insieme ancora una volta, come d’incanto…
di Giovanni Renella
Dai sorrisi dipinti su quei volti trasparivano l’emozione e la gioia di ritrovarsi insieme.
Per molti di loro non era cambiato nulla, come se il tempo si fosse fermato all’improvviso, per poi tornare a scorrere nuovamente, come d’incanto.
Si scambiavano sguardi fugaci, che tradivano l’innocente speranza di essere messi in luce per farsi notare.
Quella che a un osservatore esterno poteva apparire come una questione di forma, per loro si traduceva in sostanza: era così importante esserne parte, che anche i meno fortunati, pur di non essere esclusi, si accontentavano di una partecipazione defilata.
Fra i tanti che accorrevano ciclicamente all’evento non mancava, infatti, chi dai precedenti allestimenti era uscito un po’ malconcio, con un braccio o una gamba rotta, e ora si teneva su appoggiandosi a una parete o a un muretto. E pazienza se avessero trascorso tanto tempo in quella posizione precaria: l’importante era esserci, ancora una volta.
Di lì a qualche giorno quel luogo fisico, d’incanto, avrebbe riassunto una dimensione spirituale, per provare a suscitare l’emozione dei ricordi nei più grandi e la febbrile eccitazione nei piccini.
Consapevoli del ruolo che erano chiamati a rivestire, i più intraprendenti non disdegnavano di sfoggiare abiti accuratamente cuciti su misura, con tessuti d’epoca che ne esaltavano la silhouette.
Chi non poteva permettersi quei lussi si accontentava di partecipare con gli abiti da lavoro, che in quel contesto sarebbero stati parimenti apprezzati.
L’eccitazione che li animava era palpabile per la consapevolezza che avevano di esser parte di un rito che, seppur ripetendosi sempre uguale a sé stesso, avrebbe potuto ispirare ogni volta nuove suggestioni.
Talvolta, però, s’intristivano nell’incrociare quegli occhi che li scrutavano, in cui riconoscevano i bambini di un tempo divenuti adulti e si trovavano a rimpiangere le espressioni di gioia dell’infanzia, trasformate oggi in sguardi distratti di donne e uomini che non sanno più sognare.
Fermi lì, sul presepe, anche quest’anno i pastori avrebbero provato a rievocare la suggestione del Natale, sperando che fosse solo sopita nella memoria e non cancellata per sempre.
Giovanni Renella, nato a Napoli nel ‘63, vive a Portici. Agli inizi degli anni ’90 ha lavorato come giornalista per i servizi radiofonici esteri della RAI. Ha pubblicato una prima raccolta di short stories, intitolata “Don Terzino e altri racconti” (Graus ed. 2017), con cui ha vinto il premio internazionale di letteratura “Enrico Bonino” (2017), ha ricevuto una menzione speciale al premio “Scriviamo insieme” (2017) ed è stato fra i finalisti del premio “Giovane Holden” (2017). Nel 2017 con il racconto “Bellezza d’antan” ha vinto il premio “A… Bi… Ci… Zeta” e nel 2018 è stato fra i finalisti della prima edizione del Premio Letterario Cavea con il racconto “Sovrapposizioni”. Altri suoi racconti sono stati inseriti nelle antologie “Sette son le note” (Alcheringa ed. 2018) e “Ti racconto una favola” (Kimerik ed. 2018). Nel 2019 ha pubblicato la raccolta di racconti “Punti di vista”, Giovane Holden Edizioni. Il libro ha meritato il Premio Speciale della Giuria al Premio Letterario Internazionale Città di Latina. Nel 2020 il racconto “Vigliacco” è stato inserito nell’antologia “Cento Parole” e il racconto “tepore” è stato inserito nell’antologia “Ti racconto una favola”, entrambe pubblicate dalla Casa Editrice Kimerik. Inoltre, con il racconto “Come un dito nel culo”, pubblicato dalla Giovane Holden nel volume n. 7 “Bukowski. Inediti di ordinaria follia”, è risultato finalista al Premio Bukowski. Sempre, nel 2020 i suoi racconti“Il sogno”, “Innocente evasione” e “Mamme!”sono stati premiati e inseriti nell’antologia “Io resto a casa e scrivo” edita dalla Kimerik. I suoi due racconti “L’invito” e “La Notizia, sono stati inseriti nell’antologia “Ti racconto una favola” (Kimerik ed. 2021)
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