Il Racconto, Cazzimma
di Giovanni Renella
Ricordava ancora quando da bambino gli avevano raccontato quella storia e la tristezza infinita che aveva provato nello scoprire l’epilogo: era stato chiamato a schierarsi per la prima volta nella sua vita e non gli era piaciuto affatto!
L’intento della maestra era quello di dare un esempio o meglio due: uno da seguire e l’altro da biasimare.
Ora che era un uomo maturo si rendeva conto di quanto fosse effimera la pretesa degli adulti di voler a tutti i costi dare insegnamenti morali con le parole piuttosto che con i fatti.
E giocoforza ritornava col pensiero a quel racconto, il cui esito oggi, a distanza di tanti anni, non gli appariva più tanto edificante come gli era sembrato allora.
Gli era stato chiesto di pronunciarsi nel merito a favore di una delle due protagoniste, facendo una scelta che in realtà era stata indotta in maniera subliminale non solo dall’andamento della narrazione, ma prima ancora dalla presentazione stessa che era stata fatta dei personaggi.
La storia descriveva uno strano rapporto fra due femmine che non erano mai state sulla stessa lunghezza d’onda: vuoi per i diversi caratteri, vuoi per due distinte impostazioni educative ricevute in famiglia, alla fine non si erano mai prese!
Il mito dell’operosità, inculcato da una tradizione atavica che si perdeva nella notte dei tempi, aveva condizionato l’esistenza della più minuta, che della fatica e dell’abnegazione al lavoro aveva fatto una scelta di vita.
L’altra, amante della mondanità, aveva invece seguito la sua naturale inclinazione artistica esibendosi sulle ribalte canore di mezzo mondo; e mentre la prima aveva accumulato il necessario per i tempi grami, la seconda aveva sperperato come se non ci fosse un domani.
La stagione fredda era calata all’improvviso, trovando la più frivola delle due impreparata ad accoglierla; e la meschina, pur non volendo perché intimidita dal carattere burbero dell’altra, era andata a bussare alla sua porta, chiedendole accoglienza.
Ed è a questo punto della storia che scatta quella che in genere è definita la “morale” e che dovrebbe rappresentare il fine pedagogico della narrazione, ma che in questo caso si rivela come una vera e propria apoteosi dell’egoismo.
Sfoggiando una dose di cazzimma spropositata per un essere così piccolo, la formica rispose alla cicala di andare a farsi fottere, abbandonandola ad un destino di morte certa, con buona pace della misericordia.
Non si sa quanto di educativo per i bambini possa esserci in questa che, inopinatamente, è chiamata “favola”; sta di fatto che molti adulti di oggi, a modo loro, hanno fatto tesoro dell’insegnamento ricevuto.
Nato a Napoli nel ‘63, agli inizi degli anni ’90 Giovanni Renella ha lavorato come giornalista per i servizi radiofonici esteri della RAI. Ha pubblicato una prima raccolta di short stories, intitolata “Don Terzino e altri racconti” (Graus ed. 2017), con cui ha vinto il premio internazionale di letteratura “Enrico Bonino” (2017), ha ricevuto una menzione speciale al premio “Scriviamo insieme” (2017) ed è stato fra i finalisti del premio “Giovane Holden” (2017). Nel 2017 con il racconto “Bellezza d’antan” ha vinto il premio “A… Bi… Ci… Zeta” e nel 2018 è stato fra i finalisti della prima edizione del Premio Letterario Cavea con il racconto “Sovrapposizioni”. Altri suoi racconti sono stati inseriti nelle antologie “Sette son le note” (Alcheringa ed. 2018) e “Ti racconto una favola” (Kimerik ed. 2018). Nel 2019 ha pubblicato la raccolta di racconti “Punti di vista”, Giovane Holden Edizioni.
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