Il Papilloma virus e la vaccinazione
Carlo Alfaro, Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi (Na), ove è titolare di Incarico professionale di consulenza, studio e ricerca di Adolescentologia, parla della situazione attuale vaccinale del Papilloma virus umano
Dimensioni del fenomeno
Il Papilloma virus umano (Hpv) è una delle malattie sessualmente trasmissibili più diffuse. Oltre il 75% delle donne sessualmente attive si infetta nel corso della propria vita. Precoce età di inizio dell’attività sessuale e numero dei partner sessuali aumentano il rischio di contrarre l’infezione. Esistono oltre 200 tipi differenti di Hpv, di cui 13 sono ad alto rischio di provocare diversi tipi di tumore: cervice uterina, ano, pene, vulva, vagina, testa e collo (cavità orale, faringe, laringe), oltre ad essere la principale causa delle verruche anogenitali.
Il cancro del collo dell’utero nel 2018 ha colpito in tutto il mondo 570.000 donne, con oltre 310.000 morti (il 32% delle pazienti non sopravvive a 5 anni dalla diagnosi). Nei Paesi a reddito medio-basso, l’incidenza è quasi il doppio e il tasso di mortalità 3 volte superiore che nei Paesi ad alto reddito. Ogni anno nella Regione europea dell’Oms (53 Paesi) si registrano 69 mila nuovi casi di cancro alla cervice uterina e 30 mila morti. In Italia, ogni anno le nuove diagnosi di tumori Hpv-correlati sono oltre 6.500 (cervice uterina 2.400) e il totale dei costi associati è stimato in oltre 500 milioni di euro annui.
I vaccini
I vaccini contro il Papilloma Virus umano non contengono l’agente virale ma le cosiddette Vlp, Virus-like particles, particelle dell’involucro esterno che stimolano la risposta immunitaria ma sono prive del materiale genetico e, pertanto, non hanno la capacità di infettare le cellule. In Italia sono disponibili tre tipi di vaccino: il “bivalente”, che protegge dai tipi 16 e 18, in grado di causare le lesioni precancerose della cervice uterina, della vulva e della vagina e il 70% dei tumori della cervice uterina; il “quadrivalente” che amplia la protezione anche contro i tipi 6 e 11, responsabili del 90% dei condilomi ano-genitali; il 9-valente (disponibile da febbraio 2017), che allarga la protezione anche ai tipi 31, 33, 45, 52 e 58, capaci di causare cervicocarcinoma. I vaccini bivalenti e quadrivalenti potrebbero prevenire il 71% di casi di cancro cervicale in tutto il mondo, percentuale che con il vaccino nonavalente potrebbe salire fino all’89%. La somministrazione si effettua per via intramuscolare. Attualmente, sono consigliate 2 dosi a distanza di 6 mesi fino a 15 anni e 3 dosi, a 0, 1-2 e 6 mesi, dopo i 15 anni. L’efficacia del vaccino è dimostrata per circa 20 anni, ma è allo studio la necessità di una eventuale dose di richiamo.
Revisioni sistematiche sull’efficacia
Una revisione comparativa indipendente del gruppo Cochrane pubblicata a marzo 2018, che ha esaminato 26 studi condotti complessivamente su oltre 73.000 ragazze e donne, definisce i vaccini anti-Hpv sicuri ed efficaci.
Una metanalisi di 65 studi che ha incluso oltre 60 milioni di persone vaccinate residenti in Paesi ad alto reddito, pubblicata dai ricercatori canadesi della Laval University su The Lancet nel 2019, ha riscontrato una significativa diminuzione di infezioni da Hpv, verruche ano-genitali e lesioni cervicali precancerose (CIN2+) dopo un periodo di meno di 10 anni dall’introduzione della vaccinazione Hpv nelle ragazze. Nei Paesi in cui c’è una copertura vaccinale alta, la vaccinazione ha ridotto le infezioni dei due ceppi 16 e 18, che causano il 70% dei tumori della cervice dell’utero, nelle ragazze tra 13 e 19 anni dell’83%, mentre in quelle da 20 a 24 anni del 66%. Si sono evidenziate anche diminuzioni delle diagnosi di verruche ano-genitali del 67% tra 15 e 19 anni, del 54% tra 20 e 24 anni e del 31% tra i 25 e 29 anni. Una riduzione della presenza di verruche si è vista anche nei maschi tra 15 e 19 anni (-48%) e tra 20 e 24 anni (-32%), grazie al vaccino delle loro partner. Nelle Nazioni con coperture vaccinali più alte, le diagnosi di verruche ano-genitali sono diminuite addirittura dell’88% tra le ragazze e dell’86% nei ragazzi dai 15 ai 19 anni di età. Per quanto riguarda le lesioni precancerose uterine, il calo di CIN2+ è del 51% nelle tra 15 e 19 anni e del 31% tra 20 e 24 anni.
Una revisione della letteratura apparsa sul New England Journal of Medicine nel 2020 a cura del Karolinska Insttute di Stoccolma, che ha preso in esame quasi 1,7 milioni di ragazze vaccinate col vaccino tetravalente anti-Hpv fra il 2006 ed il 2017, ha concluso che la vaccinazione è stata in grado di prevenire il 63% dei tumori della cervice uterina. Ha importanza la precocità della vaccinazione: il rischio di tumori si riduce dell’88% in chi è vaccinata entro i 17 anni, del 53% se entro i 30. Questo perché è importante somministrare il vaccino prima dell’esposizione all’infezione. Per i tumori Hpv-correlati di regioni diverse dalla cervice uterina la latenza è più lunga (es. 40 anni per i tumori anali e 50 anni per quelli orofaringei) e quindi ancora non ci sono dati di efficacia.
Protezione contro il tumore del collo dell’utero
La vaccinazione di routine contro Hpv delle ragazze tra i 12 e i 13 anni in Scozia ha portato a una drastica riduzione di forme pre-cancerose cervicali (neoplasia intraepiteliale cervicale o CIN) e del cancro cervicale, secondo uno studio pubblicato sul British Medical Journal nel 2019 che ha analizzato 138.692 donne. Rispetto alle donne non vaccinate, quelle vaccinate hanno mostrato una riduzione dell’89% di CIN di grado 3 o maggiore, una riduzione dell’88% di CIN di grado 2 o maggiore e del 79% di CIN di grado 1. Un’età inferiore al momento della vaccinazione è stata associata all’aumento dell’efficacia del vaccino. Anche le donne non vaccinate hanno mostrato una riduzione dell’incidenza della malattia cervicale, suggerendo la presenza di una notevole protezione di gregge.
Secondo uno studio condotto in Texas e pubblicato su Cancer nel 2019, che ha esaminato 66.541 donne vaccinate per Hpv, le ragazze dai 15 ai 18 anni che si vaccinano contro l’HPV corrono un rischio significativamente più basso di malattia pre-invasiva alla cervice indipendentemente dal numero di dosi inoculate: il rischio è stato inferiore del 36% con una dose, inferiore del 28% con due dosi e inferiore del 34% con tre dosi, rispetto alle donne non vaccinate.
Immunità di gregge
Uno studio pubblicato su Pediatrics 2019 dall’Università di Cincinnati suggerisce che negli USA, dopo un decennio dall’introduzione del vaccino, esistono prove dell’esistenza di una immunità di gregge tra le giovani donne sessualmente attive tra i 13 e i 26 anni.
Il vaccino contro Hpv è in grado di indurre una protezione di gregge anche sulle infezioni orali negli uomini non vaccinati, in base a quanto riferisce una lettera di ricerca pubblicata su JAMA nel 2019.
Età ottimale del vaccino
L’efficacia del vaccino nel prevenire le lesioni precancerose correlate ai tipi in esso contenuti è del 90-100% nelle persone che non sono state ancora infettate, cosa che avviene precocemente dopo l’inizio dell’attività sessuale, mentre si riduce a circa il 50% dopo l’esposizione a uno dei ceppi contro cui è diretto, mentre resta la protezione nei confronti degli altri tipi presenti nel vaccino. Ecco perché, per garantire la massima efficacia della vaccinazione, l’Oms raccomanda che la condizione ideale è vaccinare prima dell’inizio dell’attività sessuale, momento critico per il contagio del virus. Dal momento che resta comunque la protezione per gli altri ceppi, la vaccinazione è in ogni caso approvata dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) fino a 26 anni. L’American Cancer Society (Acs) ha pubblicato nel 2019 su CA: A Cancer Journal for Clinicians le linee guida aggiornate per la vaccinazione contro l’Hpv, basandosi su un aggiornamento del 2019 dell’Advisory Committee on Immunization Practices.
Tre i punti chiave del documento: vaccinazione offerta a tutti, maschi e femmine, con due dosi all’età di 9-12 anni; vaccinazione di recupero fino ai 26 anni per chi non ha ricevuto in precedenza il vaccino; non indicazione alla vaccinazione negli adulti di età compresa tra 27 e 45 anni. Poiché la vaccinazione effettuata nei giovani adulti non previene i tumori quanto quella effettuata nei bambini e negli adolescenti, le persone di età compresa tra 22 e 26 anni devono essere informate di questa minore efficacia nella riduzione del rischio di cancro, mentre per persone di età superiore ai 26 anni risulta basso il potenziale di prevenzione del cancro.
Progetto Oms/Ecco
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) dell’Oms ha definito già nel 2019 la vaccinazione per Hpv sicura, efficace e di importanza critica per eliminare il carcinoma del collo dell’utero. Nel 2020 l’Oms ed Ecco (European Cancer Organisation) hanno lanciato una “call to action” (mobilitazione planetaria) con l’obiettivo ambizioso di eliminare il cancro della cervice uterina e tutti gli altri Hpv correlati entro il 2050. Per realizzarlo, si propone un piano di intervento globale articolato su quattro punti:
- Informazione della popolazione sul tema dei tumori Hpv-correlati;
- Screening diffusi in modo capillare (Hpv-Dna test);
- Vaccinazione universale;
- Diagnosi e Trattamento ottimali e multidisciplinari. Per la prima volta, i 194 Paesi membri dell’Oms si sono impegnati a eliminare una forma di cancro, grazie all’adozione di una risoluzione all’Assemblea mondiale della sanità. L’obiettivo è raggiungere il 90% delle ragazze entro i 15 anni immunizzate, il 70% delle donne con uno screening Hpv-Dna test entro i 35 anni e di nuovo entro i 45 anni, il 90% delle donne con lesioni precancerose o cancro della cervice in trattamento. L’obiettivo nasce imperativo dopo che la pandemia Covid-19 ha posto gravi ostacoli alla lotta contro il cancro dell’utero: interruzione dei servizi di vaccinazione, screening e trattamento, barriere che impediscono alle persone di recarsi ai centri di riferimento per le cure, chiusure scolastiche che interrompono i programmi di vaccinazione tra i giovani.
Coperture vaccinali in Italia
Il raggiungimento e il mantenimento nel tempo di un’adeguata copertura vaccinale sono fondamentali per l’efficacia di un programma di vaccinazione attivo, attraverso la creazione di un’immunità di gregge. La vaccinazione Hpv in Italia è offerta gratuitamente alle bambine nel dodicesimo anno di vita (11 anni compiuti) in tutte le Regioni e Province Autonome italiane a partire dal 2007-2008; col Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 la vaccinazione gratuita nel corso del dodicesimo anno di età è stata introdotta anche per i maschi. Già prima del Covid-19, secondo l’aggiornamento 2018 del Ministero della Salute, nessuna Regione raggiungeva il 95% di copertura, soglia ottimale prevista dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale, in nessuna delle coorti prese in esame, con ampia variabilità inter-regionali. I livelli di copertura vaccinale sono mediamente nelle ragazze pari al 64.4% per la prima dose e al 49.9% per il ciclo completo; nei ragazzi, 21,8% per la prima dose e 15,4% il ciclo completo. Come ha sottolineato la Fondazione Gimbe, paradossalmente i vaccini anti-Hpv, sebbene sicuri ed efficaci, hanno visto una progressiva riduzione della copertura vaccinale.
Informazione della popolazione in Italia
Secondo l’ultimo rapporto Censis (2019), che ha analizzato il livello di consapevolezza dell’HPV tra i genitori di figli adolescenti, si è passati da un livello di conoscenza del virus dell’85.1% nel 2017 all’88.3% del 2019, con una ricerca delle informazioni che passa sempre di più attraverso i professionisti della salute (53.2% nel 2019 vs 39.1 % nel 2017) piuttosto che tramite Google (26.7% nel 2019 vs 30.7% nel 2017). Si tratta tuttavia di una conoscenza spesso superficiale, nella quale traspaiono molti dubbi ed incertezze. Mentre tutti coloro che affermano di essere informati sanno che l’Hpv è responsabile del tumore alla cervice uterina, solo la metà dei genitori sa che l’HPV è causa anche di altri tumori, solo il 42% lo associa ai condilomi genitali e poco meno di un terzo pensa che il virus colpisca solo le donne.
Importanza delle campagne informative
Anche in Danimarca la copertura vaccinale per Hpv tra le dodicenni era diminuita drasticamente dal 90% a meno del 40% fino al 2016. Le informazioni che circolavano sui media e sui social network avevano creato un grande allarmismo tra i genitori, mettendo in discussione la sicurezza del vaccino. Così nel 2017 è partita la campagna comunicativa Stop HPV, Stop Cervical Cancer, attraverso articoli su giornali e riviste di lifestyle e una pagina Facebook. In meno di nove mesi della campagna, il numero di vaccini è cresciuto e nel 2018 il doppio delle ragazze rispetto al 2016 ha avviato il programma di vaccinazione contro l’Hpv. In Italia, attualmente il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), con la collaborazione di Medicina e Informazione e numerose società scientifiche e numerosi patrcini, ha lanciato il progetto “Hpv board: un futuro senza Papilloma virus”, mentre la Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia, IncontraDonna, Cittadinanzattiva, Fondazione Umberto Veronesi, ThinkYoung e Consiglio nazionale dei giovani hanno elaborato il “Manifesto per l’eliminazione dei tumori Hpv-correlati”, indirizzato al Governo e alla Regioni: In Italia, sulla carta, abbiamo già tutti gli strumenti: i Livelli essenziali di assistenza (Lea) coprono la vaccinazione nel corso del dodicesimo anno di età sia per gli i maschi che per le femmine e lo screening Pap-test e Hpv-test per tutte le donne.
Popolazioni ad alto rischio
Il vaccino è fortemente raccomandato per alcuni gruppi a rischio che hanno già compiuto i 26 anni, quali maschi omosessuali o soggetti immunocompromessi. Gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM) sono colpiti in modo sproporzionato dai tumori causati dal Papillomavirus umano. Purtroppo, i tassi di vaccinazione tra i giovani omosessuali e bisessuali sono molto bassi, causa idee sbagliate e lacune di conoscenza come credere che la vaccinazione sia solo per le donne, preoccupazioni per lo stigma derivato dal dichiarare al medico la propria sessualità e il costo del vaccino. E’ importante sviluppare interventi per aumentare la vaccinazione contro Hpv tra i giovani omosessuali, affrontando le barriere che riflettono le esigenze specifiche di questa popolazione.