Il nuovo anno
«Il passato non è più, il futuro non è ancora: il presente come separazione tra due cose che non esistono, come fa ad esistere?»
È la filosofia di Luciano De Crescenzo sulla relatività del tempo citata nel suo film “32 dicembre”, dove affronta l’argomento da tre punti di vista: identità e rapporto fra realtà e finzione, l’amore senza età e il rito del Capodanno come convenzione temporale.
In effetti non esiste un punto di riferimento che permetta di stabilire l’inizio e la fine dell’anno. Anticamente l’inizio era fissato al 21 marzo, equinozio di primavera. In seguito, venne festeggiato in diverse date, ma non univocamente.
Nel 1564 fu Carlo IX re di Francia che stabilì che l’1 gennaio fosse il primo giorno dell’anno, ma fu nel 1582 che l’adozione del calendario ordinato da Gregorio XIII ristabilì la concordanza dell’anno con le stagioni, che divenne convenzione comune. O quasi, perché le popolazioni che seguono il calendario giuliano, ad esempio alcune chiese ortodosse, ancora oggi celebrano l’inizio dell’anno il 14 gennaio.
Durante il ventennio fascista in Italia si tentò poi di trasportare il Capodanno al 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma, ma l’esperimento fallì.
Da quando l’1 gennaio divenne capo d’anno, per tutti è un giorno magico, tradizionalmente scaramantico. Ogni rito ha la pretesa funzione di allontanare le forze del male e gli spiriti maligni, una sorta di passaggio dal vecchio al nuovo anno, dalla fine all’inizio del tempo. Così i botti servono a spaventare le presenze infauste in modo che scappino via, mentre i cocci lanciati a mezzanotte vogliono eliminare il male fisico e morale accumulato durante l’anno.
Anche alcuni cibi tradizionalmente in tavola hanno una funzione augurale: lenticchie, chicchi di melograno e in particolare l’uva, i cui acini devono essere rigorosamente 12, uno per ogni mese dell’anno, e rappresentano abbondanza di moneta. Inoltre, baciarsi allo scoccare delle 24 sotto un tralcio di vischio assicura amore tutto l’anno.
Dopo la mezzanotte, poi, la prima persona che s’incontra per strada è di grande importanza: se è un uomo vecchio e gobbo è il massimo, perché è garanzia di longevità e fortuna.
A Capodanno viene dedicata anche molta attenzione alla meteorologia. A Napoli si parte da lontano: comme catarenéa (25 novembre) barbaréa (4 dicembre) e comme barbaréa accussì nataléa (25 dicembre), ma i primi 12 giorni, che corrispondono alle calende romane, indicano come sarà il tempo tutto l’anno.
Naturalmente ognuno attribuisce al passaggio dall’anno vecchio al nuovo un suo personale significato, frutto di tradizioni familiari o delle proprie condizioni di spirito. Che consideri il giorno fatidico 32 dicembre o 1 gennaio, le cose cambiano poco se la vita non si affronta col piglio giusto.
Aveva ragione Luciano De Crescenzo quando diceva: «Il tempo è un’emozione, ed è una grandezza bidimensionale, nel senso che lo puoi vivere in due direzioni diverse, in lunghezza e in larghezza! Se lo vivete in lunghezza, in modo monotono sempre uguale … dopo 60 anni voi avrete 60 anni! Se invece lo vivete in larghezza, con alti e bassi … innamorandovi, magari facendo pure qualche sciocchezza, allora dopo 60 anni avrete solo 30 anni! Il guaio è che gli uomini studiano come allungare la vita, quando invece bisognerebbe allargarla!»
Buon 2016.