Il Museo Archeologico di Napoli tra realtà e leggenda
di Michele Di Iorio
Il palazzo del Museo Nazionale in via Foria, originariamente Palazzo Teresa, fu fatto costruire dagli spagnoli nel 1565 ed ebbe funzione di caserma di cavalleria. Nel 1745 fu sede della Real Università degli Studi in Napoli, per poi essere destinato ad ospitare il Museo Archeologico nel 1777. L’allestimento durò fino al 1787, anno dell’inaugurazione ufficiale. Vi furono sistemate le collezioni e i reperti archeologici di Ercolano conservati nella Reggia di Portici.
Tra il 1748-63 al Museo furono collocati anche i per i reperti dell’area d Pompei, cui si aggiunsero poi quelli di Cuma, di Stabiani e infine di Paestum.
La Collezione Farnese, conservata nella Reggia di Capodimonte, nel 1787 venne trasferita a via Foria insieme con la pinacoteca, che vi rimase fino al 1948 per poi essere definitivamente sistemata a Capodimonte.
Nell’antico palazzo del MANN (Museo Nazionale Archeologico di Napoli) trova posto la Sezione Egizia, la più antica d’Europa e seconda in Italia per importanza solo a quella di Torino. Il nucleo originario della collezione era costituito da quella Borgia. Il cardinale Stefano, infatti, nella prima metà del Settecento entrò in possesso di preziosi manoscritti copti, di manufatti e mummie egizie. Alla sua morte una parte passò alla Congregazione di Propaganda Fide e un’altra fu ereditata dal principe romano Camillo Borgia.
Camillo a sua volta cercò di venderla prima al re di Danimarca e poi a Gioacchino Murat. Le trattative si conclusero nel 1815 con il primo ministro Medici, ma per conto di Ferdinando I di Borbone Due Sicilie
La collezione Borgia o egizia fu sistemata a piano terra del Museo. L’esposizione venne inaugurata nel 1816: busti e teste, ritratti e da oggetti magico-religiosi di carattere funerario risalenti a tempi più antichi di quelli rinvenuti nella spedizione archeologica napoleonica del 1798.
Al primo nucleo venne poi aggiunta la Collezione Picchianti, del veneto Giuseppe, viaggiatore e archeologo dilettante che in una spedizione effettuata tra il 1819 e il 1825 raccolse nella piana di Giza, a Saqqara e a Tebe circa 3000 manufatti in gran parte funerari, un coccodrillo imbalsamato, obelischi, mummie dai 13 ai 18mila anni a.C., statue. Il Museo nel 1830 acquistò parte di questa ricca Collezione dalla vedova Picchianti.
Pochi anni dopo venne acquisita la piccola collezione egizia donata da Emilio Stefani, e nel 1842 vi si aggiunse la donazione del viaggiatore tedesco Shanars che in Egitto aveva raccolto molti oggetti funerari e una mummia di adulto della 18esima dinastia, detta mummia vivente o statua vivente.
Nel 2012 la Sezione Egizia fu chiusa al pubblico per necessari lavori di restauro e ristrutturazione del pavimento danneggiato. Finalmente riaperta, oggi si offre al pubblico nel suo splendore: è la più visitata in Italia e può a ben ragione rivaleggiare con le collezioni di Parigi e di Londra, di Berlino e di Torino.
Altro fiore all’occhiello di Napoli, la vetustà del Palazzo e il tipo di reperti in esposizione al Museo Archeologico hanno fatto fiorire sinistre leggende: c’è chi crede che le mummie egizie del Museo in realtà siano vive in quanto hanno il dono dell’immortalità. Qualcuno giura che di notte vadano girando per le sale e che addirittura appaiano in alcuni punti della città …
Napoli e napoletani conservano sempre un alone fantastico che non tramonterà mai!