Il fontaniere Giovanni Antonio Nigrone
Lo studio d’Idraulica di Giovanni Antonio Nigrone in convegno alla Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III
di Antonio Vitale
CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLI – Negli spazi della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III il 6 e 7 settembre si è tenuto un incontro organizzato dal Dipartimento di Studi Umanistici della Università Ca’ Foscari di Venezia nell’ambito del progetto The Water Cultures of Italy, 1500-1900.
Le due giornate sono state dedicate a Giovanni Antonio Nigrone, uno tra i più ingegnosi e fantasiosi costruttori di fontane, condutture, giochi d’acqua e apparati scenografici del Rinascimento
La documentazione storica e bibliografica su Giovanni Antonio Nigrone, risulta piuttosto scarsa, anche se è il suo nome è presente in alcuni documenti riguardanti le commissioni ricevute dai più potenti signori dell’epoca e le opere realizzate nella Napoli spagnola del tardo Cinquecento, ma anche in altre città, come Roma e Firenze.
Il convegno, che ha visto la partecipazione di studiosi di varie Università italiane, nonché esperti sia italiani che internazionali, ha focalizzato il trattato di idraulica di Giovanni Antonio Nigrone, un volume dai contenuti complessi ed alquanto affascinanti inerenti la sua esperienza in ingegneria idraulica.Non solo, i temi affrontati spaziano anche in altri campi come Filosofia, Natura, Astrologia, Storiografia.
Dal libro si può anche risalire, nonostante le poche note biografiche, alle sue origini: di famiglia napoletana, discendeva dalla Casa fiorentina Nigrone La Pagliara Saracina, una famiglia di altissimo livello sociale e culturale propensa agli studi tecnici e filosofici. Questo è il motivo per egli stesso si definisce “oriundo napoletano”.
Il manoscritto consiste in due volumi ricchi di oltre trecento disegni e grafici “di rappresentanza”. È datato tra il 1585 e il 1609 e viene conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli sotto il semplice titolo Vari disegni. Si ipotizza che questa silloge sia stata trasferita nella Biblioteca Vittorio Emanuele III intorno al 1865 dalla biblioteca annessa al convento dei Cappuccini della Concezione di Montecalvario, e quindi catalogato nel fondo dei manoscritti della Biblioteca Nazionale.
Il trattato comprende materie di studio delle acque e sui vari metodi attuabili per la conservazione e per la distribuzione nei vari luoghi attraverso canali e condotte.
La trattazione viene introdotta dall’ingegnere con il proprio ritratto, che si firma Ioannes Antonius Negronus oriundus neapolitanus. L’immagine, adornata dallo stemma di famiglia e dai suoi strumenti di lavoro, è paragrafata dal proprio motto Vis retinet maior.
Nigrone descrive molti dei suoi lavori da lui realizzati, inquadrandone la committenza e molti particolari sulla realizzazione degli stessi.
Le tavole disegnate e colorate sono corredate da numerose annotazioni che si riferiscono alle sue teorie di idraulica utilizzate per le sue opere, arricchite da aggiornamenti teorici e pratici, frutto di una continua ricerca.
Le principali esperienze del Nigrone vennero maturate nelle città di Firenze e Napoli, ove riuscì a realizzare congegni meccanici ed automatismi di regolazione delle acque per apparati e fontane nei giardini di siti dell’epoca con giochi d’acqua molto suggestivi. A Napoli nei giardini della villa di Poggio Reale, e quindi a Firenze a Villa di Castello e a Palazzo Pitti.
Fu interpellato a Roma su richiesta del Papa Sisto V per trovare una soluzione per l’acqua reflua proveniente dall’acquedotto Felice, insieme ad altri ingegneri e architetti all’epoca famosi come Domenico Fontana, Bartolomeo Ammannati e Raffaello da Sangallo, diretti da Matteo Bartolani.
La “napoletanità” di Giovanni Antonio Nigrone si estrinseca attraverso un particolare interesse verso la maschera di Pulcinella: infatti lo rappresenta in tre tavole con disegni di fontane con figure mascherate.
Una conferma della presenza nel patrimonio napoletano del “fontaniere” viene sottolineata dal dottor Gennaro Rispoli, direttore del Museo della Arti Sanitarie di Napoli, con sede nell’antico Complesso dell’Ospedale Santa Maria del Popolo degli Incurabili, che afferma: In un antico manoscritto del primo decennio del seicento … scritto e disegnato da Giovanni Antonio Nigrone sono descritti tutti i suoi progetti di fontane mulini e pozzi. Improvvisamente compare uno schizzo colorato di un marchingegno che lui ha ideato per un pozzo negli Incurabili!
Che emozione, proprio con la “sua” ruota per facilitare il sollevamento dell’acqua: la ruota del pozzo dei pazzi di Mastrogiorgio…
(Da storia leggende, pazzi e pozzi)
Il nome Mastu’ Ggiorgio indica un medico “dei pazzi” [Giorgio Cattaneo, ndr], che, per sedare le crisi violente degli ammalati psichiatrici, li calava attraverso questa ruota nel pozzo, ancora oggi presente nello storico Ospedale. Questo “protocollo” sembra che terrorizzasse il “pazzo” al punto tale da provocare uno shock che riduceva la crisi.