Il culto di Maradona
di Michele Di Iorio
E a un certo punto qualcuno Lassù diede una mano a Maradona … Anche se di divino lui ha solo il suo piede sinistro … La “genesi” della storia di Diego Armando Maradona, un piccolo titano che scalò l’Olimpo del calcio mondiale.
Idolatrato dalle folle quando giocava, la personalità di Maradona fa ancora molta presa sull’immaginario collettivo, tanto che nel 1998 a Rosario, Argentina, è nata la Chiesa o Iglesia maradoniana. Naturalmente si tratta di una parodia: la religione è quella del calcio, e gli adepti sono tifosi che venerano el pibe de oro, dio supremo del pallone.
Certo, parodia o no, l’Iglesia maradoniana oggi conta 80mila “fedeli” sparsi un po’ ovunque, soprattutto in Argentina, seguita da Spagna e Messico. Adepti come Ronaldinho, Michael Owen, Lionel Messi, Emanuel Ginobili tra il 29 e 30 ottobre, giorno del compleanno di Diego, si riuniscono attorno a un maxi schermo per adorare i gol più belli di santo Maradona.
Il ragazzo d’oro, classe 1960, dopo una gloriosa carriera in strada cominciò a giocare nella squadra di casa, nell’Argentinos Jrs e poi passò nel Boca Jrs. Da subito divenne un idolo, tanto che molti cominciarono a considerarlo l’erede di Pelè. A 16 anni entrò a far parte della nazionale argentina, anche se due anni dopo il c. t. Menotti non lo fece partecipare ai Mondiali proprio per la sua troppo giovane età.
Comunque Diego Armando nel 1982 portò in alto la nazionale argentina. Un fuoriclasse come lui cominciò a far gola a tutti, e venne acquistato dalla squadra spagnola del Barcellona per 7 miliardi di lire.
Mano de Dios o no, Maradona nel 1986 nella finale mondiale contro l’Inghilterra segnò il gol che è considerato da tutti il gol più bello del secolo, entrando così nella leggenda.
Intanto nel 1984 el pibe de oro era approdato alla squadra del Napoli, dove sin dal primo momento riuscì ad accattivarsi compagni di gioco e tifosi.
Dire che Maradona era l’Idolo di Napoil è dir poco. Tanti sono i bambini partenopei nati da allora che portano il suo nome. Maradona “scioglie” il sangue e le speranze dei napoletani. Lo stadio San Paolo diventa la base di una piramide rovesciata il cui vertice entra nelle viscere di Partenope. Maradona è il dio infero e solare, il dio Bolla bambino degli osci.
In maglia celeste con il sacrale 10, numero perfetto della scacchiera urbanistica di Neapolis, Maradona porta il Napoli dalla serie B alla A e batte le grandi squadre del nord. Dopo 60 anni di storia, con lui nella nona giornata di Campionato al Comunale di Torino il Napoli vince 3 a 1 contro la Juventus. Era il 9 novembre 1986.
Non è solo calcio: Diego Armando Marano diventa il simbolo del riscatto del Sud. Napoli lo osanna, l’adotta come figlio e terrone, lo celebra in un’apoteosi di musica, canzoni, colpi di clacson e rintocchi di campane. Il Napoli è un diamante e Maradona è la sua punta.
Attorniato da giornalisti e fotografi internazionali, amato dalle donne e dai bambini, celebrato da migliaia di tifosi, Maradona vede parchi, rioni, associazioni culturali e sportive intitolati a suo nome. In via Nilo spunta un’edicola votiva dove si venera un suo capello. La scherzosità partenopea non ha limiti, ma qualcuno si ferma a chiedere grazie davanti l’altarino …
Nel 1991 Diego dovette lasciare il Napoli, ma una parte del suo cuore rimase tra i napoletani, che sgomenti l’accompagnarono in corteo fino a Capodichino. Ecco, questa è la vera ragione per cui il recente tradimento di un altro calciatore argentino ha fatto tanto male. Vedevano in lui un po’ del pibe de oro …
Dopo di lui quasi nessun giocatore del Napoli volle indossare la maglia con il numero 10: dal 2002, dopo Lavezzi, è stata definitivamente ritirata.
Un po’ per vero, un po’ per scherzo qualcuno pensa che se qualcuno “esurpa” quella maglia la città sprofonderà a causa dell’eruzione del Vesuvio seguita da un terremoto …
Solo gli scugnizzi in strada osano giocare indossando la maglia celeste con il numero sacro 10, sognando Maradona …