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Il Convento di Vico Ritiro

Se è vero che la civiltà di un popolo si misura dal rispetto che nutre per le proprie radici, speriamo che presto torni a vivere il Convento di Vico Ritiro

di Tonia Ferraro e Stanislao Scognamiglio

Il settecentesco “Ritiro dell’Addolorata” si inserisce in quel contesto culturale e storico, il tratto di Miglio d’Oro che da piazza San Ciro, dalla torre superstite di quello che fu il fastoso Palazzo Capuano, passando per palazzi di grande importanza, tra cui Mascabruno, Valle, Chiostro e Convento di Sant’Antonio, arriva fino alla Reggia.

Guardando la facciata del Convento del Ritiro, sito nell’omonimo vicolo, non si percepisce il reale valore di questo edificio: dimenticato dai porticesi. Invece è un antico monastero, che nel corso dei secoli (del tempo) ha avuto sempre la peculiare funzione di educandato o scuola. Le prime notizie storiche di questo edificio risalgono al 1793, quando, il parroco della Chiesa madre di Portici; dedicata alla Natività della Vergine Maria e a San Ciro, don Nicola Nocerino, matura l’idea di voler «… venire in aiuto delle povere orfanelle di quel Comune ne ricoverò alquante in una sua proprietà, affidandole a due donne, perché come maestre l’educassero ed istruissero in guisa da renderle utili al paese, come buone madri di famiglia». Pertanto nello stesso anno, il Parroco insieme al fratello Gennaro Antonio, francescano e padre guardiano del vicino Convento di Sant’Antonio, su un’area di sua proprietà, posta all’inizio della salita di Sant’Antonio fece erigere un edificio atto a ospitare un orfanotrofio munito di una chiesa dedicata all’Addolorata. Completata l’opera viene detta Ritiro dell’Addolorata.

Il Nocerino stesso scrive di aver fondato … questo pio luogo del Ritiro di giovani orfane paesane… con l’assistenza continua e l’assidua vigilanza… del Padre Maestro Gennaro Nocerino, mio fratello germano, religioso dei Minori Conventuali di san Francesco… morto in odore si santità il 18 febbraio 1800.

Probabilmente fu impiantato su di un edificio preesistente e molto più antico, forse databile al XIII secolo, ma purtroppo rimane soltanto un’ipotesi, in quanto non esiste alcuna documentazione. (Contraddittorio con quanto detto prima!)

L’educazione delle giovanette venne affidata a due donne, che avevano il compito di vigilare ed educare, e inoltre dotare le orfanelle di quelle abilità domestiche che ne facessero massaie virtuose.

All’edificio composto da 22 stanze, erano annessi il chiostro, contornato da archi a sesto di piperno, un oratorio, un giardino retrostante di 460 m² e una minuscola chiesetta con campanile a pianta quadra.

Il successore di don Nicola Nocerino nella direzione dell’Istituto fu il sacerdote Don Francesco Ambrosiano, che dotò l’edificio di un’altra unità abitativa indipendente, cui si accedeva da un cortile attiguo.

Nel 1857 furono eseguiti lavori di ristrutturazione, nel corso dei quali ci fu l’ampliamento della cappella, realizzato in parte prendendo spazio dal cortile, in parte eliminando il campanile, e arricchendola di due altari laterali.

Il Regio Decreto del 19 giugno 1879, stabilì che l’Opera Pia Ritiro dell’Addolorata, passasse sotto tutela e vigilanza laica.

Fino agli anni ’30, il Ritiro venne occupato da Suore di Clausura. in seguito, essendosi estinto quell’Ordine, rimase disabitato.

Nel 1933 fu stabilito che fosse destinato a religiose di un altro Ordine, Le Adoratrici del Sangue di Cristo, e affidato alla Madre Superiora Raffella Mangieri. Le suore l’occuparono ininterrottamente fino al 1966, anno in cui si trasferirono alla sede di viale Leonardo da Vinci.

L’ I.P.A.B. (Istituzione Pubbliche Assistenza e Beneficenza), che ne aveva la tutela in quanto il Ritiro dell’Addolorata era un Ente Morale, in seguito concesse in fitto l’edificio all’Amministrazione Comunale di Portici, che lo adibì a sede scolastica (III Scuola Media, poi Orazio Comes).

Fino a che la funzione dell’edificio fu, a fasi alterne, di Istruzione o di Educazione, mantenne un certo decoro. Dal dopo terremoto del novembre 1980 in poi, cominciò lo sfacelo: dato dal Comune ad uso abitativo ad alcune famiglie, fu praticamente dimenticato e diventò terra di nessuno.

Una volta sgomberato, si verificarono i danni: all’interno del cortile erano stati tompagnati gli archi di piperno, creando altre unità abitative. Nel giardino ne era stata creata un’altra e molte stanze erano state soppalcate. La chiesetta era stata spogliata dei marmi. Fortunatamente, gli arredi sacri (2 tele, una di Fischetti ed una del ’500, reliquie contenute nelle apposite teche, candelabri) erano stati recuperati e con conservati grazie all’operto della Soprintendenza e dell’Amministrazione civica.

Una volta soppresso l’I.P.A.B., la tutela del Convento di vico Ritiro è diventata di competenza del Comune di Portici.

Sbloccati i fondi del programma Più Europa, l’Amministrazione comunale ha provveduto al restauro, destinando l’uso dell’immobile a ostello: 40 stanze mentre l’ex cappella è stata adibita a sala meeting.

Volendone affidare la gestione a privati, il complesso è stato messo all’asta per tre volte, ma senza alcun riscontro.

Come già Villa Mascolo, il Convento di Vico Ritiro rimane un guscio vuoto.

Se è vero che la civiltà di un popolo si misura dal rispetto che nutre per le proprie radici, dall’amore per la storia e dalla consapevolezza delle tradizioni, allora …

(Si ringrazia il Consigliere Alessandro Caramiello per la gentile concessione delle fotografie)

Articolo liberamente tratto dall’autrice Tonia Ferraro pubblicato su www.ilmediano.it in data 20/01/2011

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