Il Cavalier Don Cuccione, maschera del Carnevale napoletano
di Mario Manzo
Al Carnevale di Napoli dell’anno 1880 fece la sua comparsa una nuova maschera che così venne descritta dal settimanale L’Illustrazione Italiana del 22 febbraio di quell’anno: «… il sig. Uda [ Michele Uda (Cagliari, 1830 – Napoli, 1898), n.d.r. ] nel suo brillante corriere [il Corriere di Napoli, era un diffuso quotidiano napoletano, n.d.r.] si è dimenticato di mentovare Don Coccione, la nuova maschera ch’è comparsa al carnevale di quest’anno e che ha fornito la materia di un bellissimo disegno al nostro pittore Dalbono. La maschera popolare del Don Coccione è uno dei mille travestimenti di Pulcinella – che si fa interprete delle combinazioni del giorno, e così in teatro che in piazza con motti arguti e satirici frusta or questa or quella classe. Questa maschera entra nelle botteghe, fa delle lunghe parlate, spesso accozzaglie di parole e spesso condite da arguti doppi sensi – accetta qualche regalo che gli fa il confettiere, il fruttaiuolo, ecc., e poi dice delle paroline melliflue alle figliuole ed alle vecchie. Il popolino gli risponde, e così nascono delle brevi ma nutrite questioncelle che fan crepar dalle risa. Il popolo chiama Don Coccione tutti quelli che fanno i spaccamondo, si danno aria di protettori e fanno i bellimbusti con le ragazze, e quando poi li accoppano gli dicono D. Cucciò t’aggio n’cucciato.»
L’articolo veniva accompagnato da una bella illustrazione del pittore Eduardo Dalbono (Napoli, 1841 – Napoli, 1915), con la seguente didascalia: “Il Cavalier Don Coccione che sparge grazie e protezione”.
Il disegno del Dalbono ci offre l’unica immagine esistente di questa maschera che così può essere descritta: indossa l’abito seicentesco di Pulcinella con il colletto della camicia alla spagnola, coperto da un panciotto sbottonato ed al di sopra una giacca. Una tuba, leggermente logora che ricorda quella portata da Felice Sciosciammocca, un bastone da passeggio ed una maschera simile a quella adottata nella versione moderna di Arlecchino.
Come personaggio teatrale il suo debutto avvenne, con esito soddisfacente, nel 1871 al Teatro Rossini di Napoli, teatro che era stato inaugurato l’anno precedente e che si trovava nei pressi dell’attuale Piazza Dante. Era il protagonista di un’opera buffa popolare in tre atti, scritta da Giovanni Gagliardi e musicata dal Maestro Alessandro Fasanari, dal titolo: Don Cuccione o la Bella della marina.
La sua vita a teatro o nei versi proseguì per circa vent’anni. Lo troviamo menzionato, tra gli altri, da:
- Giacomo Marulli (Napoli, 1822 – Napoli, 1883) nella commedia lirica in tre atti, musicata dal Maestro Francesco Herbin, I Tre Regni o Il Bene e il Male (1872): «Che so si strille, qua … all’arma de don Cuccione! … resta in dietro.»; ;
- Eduardo Rodogno, in La cevetta (1876): «A chi aspiette, neh affacciata Notte e ghiorno a sto barcone? Fuorze a quacche D. Coccione Pe potertelo ncappà ?»;
- Luigi Boschetto, A Matilde Torrefreddi (1880): «Se tu mme vide so no don Cuccione, E ditto nfra de nuje, non songo brutto, Perzò miettete a me dinto a lo core.»;
- Luciano, ‘Na modista e nu don Cuccione (1883);
- La follia: giornale serio!!! ossia teatro comico, drammatico, nazionale, italo-napolitano, Napoli, Tornese, 1887: «Che, Don Cucciò, staje inzorfato?»;
- La tavola rotonda: giornale artistico, letterario, musicale, Napoli, Ferdinando Bideri, 1893: «Viv’ a isso, ‘o Don Cuccione!».
Quale maschera carnascialesca veniva ancora evidenziata nel 1887 da L’Illustrazione Popolare: «Maschere Popolari Italiane: Il Cavalier Coccione. Don Coccione è una maschera di recente data: è comparsa al carnevale napoletano del 1880, e vive, e vivrà chissà fin quando.»