Cultura

Il canto e le Sirene

Le sirene e la melodia del loro canto: avvolte nel mistero e irraggiungibili, continuano a raccontare Napoli dal mare

di Tonia Ferraro

Napoli nasce da una sirena, Partenope. La leggenda vuole che tre sirene, la stessa Partenope e le sorelle Leucosia e Ligea, quando Ulisse passò con la nave davanti Syrenuse – l’odierno piccolo arcipelago di Li Galli – volessero ammaliare l’eroe greco con il loro canto. Non riuscendo la loro tentazione, disperate si lasciarono morire sugli scogli. Leucosia perì dove oggi c’è il promontorio di Punta Licosa, Ligea finì vicino al fiume Okinaros in Calabria, vicino Lamezia Terme, dove oggi la ricorda ancora una statua.

Il corpo di Partenope fu invece trasportato dalle correnti allo scoglio di Megaride. Alcuni narrano che venne sepolta sulla spiaggia tra l’isolotto e il porto, mentre altri miti raccontano che la sua tomba si trovi sull’acropoli di Sant’Aniello a Caponapoli, ancora altri tra le antiche tra Neapolis e Partenope.

La segnalazione più suggestiva è quella che vuole la vergine Partenope sia sepolta sotto la  chiesa di San Giovanni Maggiore, leggenda suffragata da una lapide – di periodo medioevale, però – che riporta l’iscrizione cumana Omnigenum Rex Aitor Scs Ian Partenopem tege fauste. Evidentemente, la Partenope citata nell’invocazione al Sole è però la città, non la sirena. Una città che viene identificata con questo essere metà donna e metà pesce, la cui testa sarebbe poggiata su Capodimonte e i piedi su Posillipo. E dalla sirena Napoli, la culla del canto, sembra trarre una sorta di protezione.

Ma da dove proviene questo essere favoloso? La mitologia classica racconta della dea Syria, spesso citata come dea-sirena per l’aspetto del suo corpo, che ha forma di pesce.

La mitologia greca invece narra in una delle sue versioni che le sirene erano figlie del dio fluviale Acheloo e della musa Calliope.

Tre di numero, ogni sirena aveva una caratteristica: consolavano con il canto e la musica del flauto e della cetra.

Un’altra versione dice che erano messaggere della dea degli Inferi Persefone. Avevano comunque funzione consolatrice: addolcivano il trapasso delle anime dei defunti nell’Ade con il loro canto. Altro mitico esempio è quello di Venere Citerea, che si trasformò in pesce.

In origine la sirena siriana presentava una morfologia ittiforme, che poi fu trasformata in ornitoforme, forse perchè la loro pecularietà canora e musicale era propria degli uccelli, ma non dei pesci. In seguito però la sirena tornò ad avere l’aspetto originario, quello con cui la identifichiamo nel nostro immaginario: una bellissima donna con la coda di pesce e i lunghi capelli fluttuanti nelle correnti marine.

Il mito delle sirene è strettamente legato al mare, via di comunicazione dei popoli antichi, cosa che lo rese comune a molte culture. Persino in Nuiva Zelanda, palpita la leggenda Maori di Pania. La donna-pesce.

Abbiamo tanti esempi: da essere consolatore a seduttore erotico, da messaggero di pericolo a entità silente, come la descrisse Franz Kafka in Il silenzio delle Sirene Ancora, le sirene sapienti: conoscono profondamente l’animo umano e … si lasciano vedere solo quando sanno con certezza che si trovano di fronte ad una persona con un cuore sincero.» 

Sirene, parte dell’Armonia delle Sfere: per i filosofi greci è il loro canto che muove l’Universo.

Raffigurate da grandi artisti, come Klimt, Moreaue Munch, non ispirarono solo Kafka, vennero “rapiti” dalle sirene dal mito anche Giovanni Boccaccio, che scrisse in Genealogie Deorum Gentilium, Giambattista Vico, che dissertò «… dei fantasticati nell’antichità e la loro natura spesso ibrida» , Hans Christian Andersen in La sirenetta, Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo racconto Lighea, e Curzio Malaparte in La pelle, che parla della Napoli degli anni dell’occupazione alleata (1943-45). A nostro giudizio, il libro di Malaparte “consacrò”, lo stretto legame dela Città con le sirene: la protrettice di Napoli che può sfanare ma sfama ma che èsprime quella ribellione, da sempre cifra della città.

In tempi più recenti hanno scritto del mito sirenico Louise O’Neill in Il silenzio dell’acqua, una «… riscrittura spietata… » , e Guillermo Del Toro in La forma dell’acqua.

In una Napoli essa stessa sirenica, le creature marine, non solo le sirene, esercitano una grande malia, come il mito di Colapesce, che si riallaccia alla setta misterica romana dei Figli di Nettuno, uomini sommozzatori votati al dio del mare, che cercavano tesori perduti sotto, rimanendo a lungo sott’acqua senza emergere. Una figura solo in parte mitologica, quindi, presente in culture orientali e occidentali, che ancor oggi esiste, come i pescatori di perle e di coralli.

In epoca greca a Napoli, tra Miseno e Posillipo, a largo dell’isola della Gaiola, si celebravano riti misterici: Si mormorava di improbabili congiungimenti tra umani e sirenoidi, probabilmente le foche Monaca che fino a non molti anni fa popolavano numerose gli anfratti delle coste di Posillipo. Una delle tante leggende narra che da questi amplessi siano nati i tritoni e le sirene.

Ma torniamo a quelle sirene che sono che sono parte nel nostro immaginario. Qual è la loro storia e, soprattutto, perché queste creature continuano esercitare tanto fascino?

Semidivinità sapienzali, conoscono il passato e il futuro. Dotte Sirene,  come le chiama il poeta latino Ovidio..

Nell’interessantissimo saggio Sirene la professoressa Elisabetta Moro, docente ordinario di Antropologia culturale all’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa, scrive: «… la natura ambigua e doppia di questi esseri: a metà tra due universi, da un lato donne dall’altro animali, da un lato spaventose dall’altro affascinanti, da un lato feroci dall’altro irresistibili… Le sirene continuano ad affiorare alla superficie della contemporaneità dai gorghi del nostro immaginario proprio perché restano i simboli della fluidità dell’essere. In cui tentiamo faticosamente di riconoscerci.

Tanto da scambiare per un’eco marina lo scorrere del nostro sangue, che risuona in una conchiglia. Il canto delle sirene risuona in noi come la voce dell’amante natura che sembra volerci parlare, per poi voltarci le spalle incompresa. E tornare a inabissarsi nel suo mistero.»

Incantatrici, consolatrici, protettrici, seduttici, persino fenomeno da baraccone, le sirene rimangono però irrangiungibili, insostituibili archetipi di un sogno collettivo.

(La foto di copertina è di Alberto Luppichini, per gentile concessione | albertoluppichini.wordpress.com/2013/02/25/sirena/ | Flickr.com)

 

 

 

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