I funghi, tanto buoni quanto pericolosi
Tempo di raccolta di funghi: il nostro medico ci dispensa utili consigli per un consumo responsabile e sicuro
di Carlo Alfaro
Nel periodo della raccolta dei funghi, da luglio a fine ottobre, ogni anno, fioccano le segnalazioni di intossicazioni da questo prezioso alimento, protagonista in cucina di gustose ricette, sia primi – tra cui il famosissimo risotto ai funghi – sia secondi o contorni.
Infatti il fungo impreziosisce i piatti, essendo una buona fonte di carboidrati, proteine vegetali, sali minerali (quali calcio, ferro, manganese e selenio), vitamine del gruppo B, sostanze antiossidanti, a fronte di un apporto calorico contenuto, grazie all’abbondanza di acqua e alla povertà di grassi.
A dispetto di tanto gusto e proprietà nutritive, i funghi rappresentano un potenziale pericolo di avvelenamento, soprattutto per i bambini, che sono più sensibili ai loro effetti tossici, per cui ne è sconsigliato il consumo in età prescolare, così come in gravidanza.
Spesso le intossicazioni da funghi coinvolgono interi nuclei familiari o tavolate di commensali. L’incidenza è di circa 5 casi ogni 100.000 persone.
L’intossicazione può essere dovuta o all’ingestione di funghi velenosi (di cui esistono centinaia di specie), o a un uso scorretto di funghi commestibili: nel caso siano consumati senza un’adeguata cottura, per esempio mancata pre-bollitura dei Chiodini (Armillaria mellea) o scarsa cottura per le specie di Amanita vaginata o Boletus luridus. O magari perché vengono assunti elementi avariati per cattivo stato di conservazione o fase troppo avanzata di maturazione (funghi “vecchi”), al cui interno si possono formare sostanze molto tossiche. le cosiddette “ptomaine”, o sono infestati da parassiti o pesticidi. Anche quando sono mangiati in eccessiva quantità, in particolare Porcini crudi.
Le manifestazioni cliniche possono oscillare da intossicazioni acute con sintomi di varia gravità che si risolvono senza danni, che sono la maggior parte dei casi, a forme più rare con conseguenze importanti e talvolta letali. Spesso si tratta di manifestazioni subdole: i primi sintomi (nausea, vomito e diarrea) possono essere attribuiti a una banale indigestione o sindrome virale, soprattutto se c’è un periodo di latenza (e quindi di benessere) piuttosto lungo tra l’ingestione e la loro comparsa, il che rende difficile metterli in relazione i sintomi con il consumo dei funghi, benchè siano proprio le forme a lunga incubazione le più gravi e pericolose.
In relazione al tempo intercorso tra l’assunzione e la comparsa di sintomi, si distinguono infatti due tipologie cliniche di intossicazioni da funghi: forme “a breve incubazione” (o latenza), in cui i sintomi compaiono da 30 minuti a 6 ore dall’ingestione e che, solitamente, si risolvono in circa 24-48 ore, associandosi a basso rischio per la vita, e “a lunga incubazione” (o latenza), che si manifestano a distanza di almeno 6 ore, ma anche 12-20 ore. La lunga latenza è più grave, fino a causare il decesso del paziente, forma tipiche dovuta ai generi Amanita – tra cui la specie più tossica è Amanita phalloides, responsabile del 95% dei decessi per intossicazione da funghi – Gyromitra, Cortinarius.
Talvolta, essendo state contemporaneamente ingerite più specie fungine tossiche, possono svilupparsi manifestazioni cliniche miste. I sintomi cardine di entrambe le forme sono quelli gastro-intestinali: nausea, vomito, diarrea e dolori addominali, che possono associarsi a disidratazione, collasso, ipoglicemia, per la forte perdita di liquidi, sali minerali e zuccheri. La diarrea è talvolta sanguinolenta.
Nelle forme tardive gravi la diarrea persiste e si associa grave compromissione generale.
Sintomi di natura sistemica, sia nelle forme acute che in quelle a lunga latenza, possono comprendere cefalea, mialgie, sonnolenza, agitazione, disorientamento, tremori, difficoltà respiratoria, ipotensione, sudorazione abbondante, lacrimazione.
Alcune specie, in base alla tossina specifica che producono, possono dar luogo a sindromi specifiche. Tra le sindromi a breve incubazione, ricordiamo la psicodislettica, la panterinica, la coprinica, la muscarinica.
La sindrome psicodislettica è causata da funghi a breve incubazione dei generi Psilocybe, Panaeolus, Stropharia, che producono la psilocibina, una tossina con proprietà simili all’LSD (funghi allucinogeni). La sintomatologia insorge entro 15 min-1 ora dall’ingestione e si caratterizza per la presenza di disturbi della visione, distorsione della percezione dei colori o delle forme, confusione, aggressività, euforia, immaginazione esaltata, allucinazioni. Spesso si associano tachicardia, ipertensione, nei bambini iperpiressia, ma gravi complicanze sono rare.
La sindrome panterinica è causata soprattutto dall’Amanita muscaria e dall’Amanita pantherina. In rapporto alla quantità di tossine ingerite (acido ibotenico, muscimolo e muscazone) si possono presentare sintomi quali vertigini, euforia, tremori, stato confusionale, emicrania con aura, fino ad allucinazioni, sopore e crisi convulsive.
La sindrome coprinica si scatena se i funghi vengono assunti in contemporanea a bevande alcoliche e si manifesta, oltre ai disturbi gastro-intestinali, con profondo malessere generale, arrossamento del viso, ipotensione.
La sindrome muscarinica è dovuta alla muscarina, contenuta nei funghi dei generi Inocybe e Clitocybe. Il quadro clinico, che esplode dai 15 ai 60 minuti successivi all’ingestione, comprende cefalea, dolori addominali, ipersalivazione, intensa sudorazione, lacrimazione, tremori, bradicardia, miosi, ipersecrezione di muchi e ostruzione bronchiale, fascicolazioni, con risoluzione in genere entro 12 h.
Tipiche sindromi tardive sono la falloidea e la orellanica.
La sindrome falloidea è dovuta alle potenti “amatossine” dell’Amanita phalloides, il fungo più pericoloso presente nel nostro Paese. La dose letale di amatossina è di 0,1 milligrammi per ogni chilo di peso.
Per determinare gravi intossicazioni è sufficiente l’assunzione anche di un solo “cappello” (circa 20 grammi). I sintomi sono caratterizzati da violenti episodi di vomito e diarrea che si manifestano tra le 6 e le 24 ore dall’ingestione e portano rapidamente a gravi stati di disidratazione e squilibri elettrolitici.
A distanza di circa due giorni, si sviluppa un’epatite fulminante che causa insufficienza epatica acuta per necrosi epatocellulare massiva.
La sindrome orellanica è determinata da funghi del genere Cortinarius orellanus e Speciosissimus. Può non dare manifestazioni gastroenteriche o sintomi generali sfumati (nausea, vomito, sudorazione, astenia, sete intensa) ma dopo 36 ore dall’ingestione (a volte con intervalli di giorni o settimane), compaiono dolori muscolari, soprattutto lombari, cefalea, brividi, inappetenza, seguiti da una significativa contrazione della diuresi.
La sindrome può evolvere verso un’insufficienza renale acuta che può essere irreversibile. In caso di sospetta intossicazione da funghi, recarsi immediatamente in Pronto Soccorso, portando con sé tutti i residui sia cotti sia crudi e avanzi di pulizia che serviranno al Micologo per l’identificazione precisa delle specie responsabili.
Non tentare di curarsi da soli: il latte non è un antidoto e aspettare che i disturbi passino può determinare ritardi pericolosi nell’assistenza adeguata. La terapia è sintomatica e di supporto.
Precocemente si tenta la decontaminazione (lavanda gastrica per eliminare i residui del pasto e limitare così l’assorbimento delle tossine e somministrazione di carbone vegetale attivato a dosi ripetute per assorbire le tossine, poi espulse con le feci).
Generosa infusione di liquidi ed elettroliti, stretto monitoraggio della glicemia e della funzionalità del fegato e dei reni sono presidi di fondo.
I sintomi neurologici traggono benefici dalla piridossina. Al momento, non ci sono antidoti specifici. L’insufficienza renale acuta spesso richiede la dialisi e, nei casi di insufficienza renale irreversibile, il trapianto renale, l’insufficienza epatica il trapianto di fegato.
La prevenzione dell’intossicazione da funghi si basa sul principio della cautela.
Nessuno dei metodi usati nella tradizione popolare esclude la tossicità dei funghi raccolti. Non è vero per esempio che se sono velenosi i funghi cambiano colore al taglio: la variazione di colore non è indice di tossicità: i funghi mortali, per esempio, non lo fanno. Come pure è assurdo proporli al gatto o al cane di casa, per vedere se li rifiutano in caso siano velenosi.
Non è vero che i funghi velenosi fanno annerire gli oggetti d’argento (monete o forchette, per esempio) messi nella pentola durante la loro cottura.
La convinzione che i funghi che crescono sui tronchi non siano mai velenosi è altresì del tutto priva di fondamento.
Per evitare rischi, è bene non mangiare funghi di cui non si conosce la provenienza.
Non bisogna nemmeno mai raccogliere i funghi quando sono ancora piccoli: è meno facile capire di che tipo si tratta. Se non si è esperti, far controllare i vegetali che si sono raccolti presso i Servizi di riconoscimento micrologico, che sono attivi presso il Servizio di Igiene pubblica delle Asl.
Come principi generali precauzionali per il consumo dei funghi:
- consumare quantità moderate e non frequenti;
- cautela nei bambini e in gravidanza;
- non raccoglierli lungo le strade, vicino a centri industriali e coltivati (pesticidi); controllare che siano in perfetto stato di conservazione;
- consumarli entro 48 ore dalla loro raccolta;
- conservarli sempre in frigorifero;
- mangiarli ben cotti, almeno per 30-45 minuti (la cottura li rende più digeribili ed elimina parte delle tossine – purtroppo non però le amatossine – con l’accortezza di cuocerli sempre senza coperchio per far evaporare le tossine termolabili;
- per conservarli in congelatore, prima sbollentarli (eccetto i porcini), perché le tossine diventano più difficili da distruggere dopo congelamento, e consumarli entro 6 mesi al massimo;
- nelle conserve sott’olio, fare attenzione che se non c’è una quantità sufficiente di aceto, si può formare la tossina botulinica;
- non essiccarli perché le tossine dei funghi velenosi sono resistenti all’essiccazione, che anzi le concentra, rendendole ancora più pericolose.
Carlo Alfaro è medico pediatra e adolescentologo sorrentino. Classe 1963, il dottor Alfaro è Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, componente della Consulta Sanità del Comune di Sorrento, Consigliere Nazionale della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA) e Responsabile del Settore Medicina e Chirurgia dell’Associazione Scientificò-culturale SLAM Corsi e Formazione.
Per passione Carlo Alfaro è giornalista pubblicista, direttore artistico, organizzatore e presentatore di eventi culturali, attore di teatro e cinema, poeta pubblicato in antologie, autore di testi, animatore culturale di diverse associazioni sul territorio.
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