I contagi aumentano, discoteche addio!
Il nostro medico Carlo Alfaro sul decreto ministeriale: l’impennata di contagi rende necessaria la chiusura delle discoteche e dei luoghi dove non è possibile osservare il distanziamento
Il dottor Alfaro è Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, componente della Consulta Sanità del Comune di Sorrento, Consigliere Nazionale di SIMA e Responsabile del Settore Medicina e Chirurgia dell’Associazione Scientifico-culturale
I casi di contagio da SARS-CoV-2 in Italia sono in significativa ascesa (soprattutto tra i giovani): attualmente il bilancio totale dall’inizio dell’epidemia è di 253.000 casi confermati, con 35.392 morti. Peggiore la situazione nel resto del mondo, dove si è arrivati a 21 milioni e mezzo di casi, con oltre 770.000 decessi. Per frenare l’impennata dei contagi che potrebbero essere i focolai di innesco di una seconda ondata a distanza di mesi (come accadeva con i casi asintomatici dei mesi antecedenti l’apparente “paziente zero” di Codogno) il governo italiano ha deciso, con una nuova ordinanza emessa dopo un vertice straordinario con le Regioni, oltre alla misura dell’obbligo di mascherina anche all’aperto dalle 18 alle 6 nei luoghi affollati, di chiudere dal 17 agosto fino al 7 settembre le discoteche e le sale da ballo su tutto il territorio nazionale, prevedendo il riconoscimento di un sostegno economico alle attività costrette allo stop.
Nel testo dell’ordinanza è chiarito che non sono ammesse deroghe regionali alla normativa nazionale. Effettivamente, nonostante l’abbassamento dell’indice di affollamento consentito nelle discoteche (con riduzione di circa del 50% del limite della capienza) diventa difficile se non impossibile immaginare distanze fisiche di 1 metro tra gli utenti (per parlarsi con la musica ad alto volume è indispensabile avvicinarsi) e 2 metri sulle piste, né è pensabile di attuare la proposta di tenere le mascherine durante le danze.
Inoltre, esistono difficoltà oggettive nel rintracciare tutti i contatti dopo un eventuale caso di contagio (alcuni gestori non registrano tutti gli avventori e molti ragazzi forniscono false generalità). Certamente, la chiusura delle circa 6000 discoteche sul territorio nazionale è un duro colpo per gli almeno 8 milioni di giovani italiani, soprattutto in età adolescenziale, che ne sono appassionati frequentatori, mettendole spesso al primo posto come preferenza tra le fonti di aggregazione, socializzazione e divertimento.
I teenagers amano la discoteca per diversi motivi: ballare liberamente scaricando energie fisiche e mentali, sfogando tensioni represse, esprimendosi attraverso la sperimentazione di movimenti e coreografie, esibendo il loro corpo senza inibizioni. Ascoltare la musica che amano ad un volume che li inebria e li esalta, vivere l’emozione di sentirsi parte integrante di una moltitudine che consuma un rito collettivo. Sentirsi stimolati massivamente nei sensi dai decibel, dalle luci e dall’atmosfera; ostentare look, acconciature, trucco e outfit originali e fantasiosi; conoscere persone nuove in un clima che abbatte timidezze e pudori. Esplorare la possibilità di fare nuove esperienze con un profondo senso di libertà senza regole (fare tardi, bere, fumare, sesso, ecc) che sembra isolarli dalla dimensione della vita reale, rompere gli schemi dalla routine quotidiana, infrangere il sistema di costrizioni sociali, escludere totalmente l’influenza dei genitori.
Tutte cose che rendono le discoteche per gli adolescenti veri e proprio luoghi sacrali di iniziazione e passaggio.
La decisione del governo di chiuderle non manca di suscitare discussioni e polemiche, anche di segno opposto tra i “pessimisti” e gli “ottimisti” riguardo l’evoluzione dell’epidemia italiana di Covid-19. In realtà l’equilibrio tra soluzioni che riducano il rischio del contagio e altre che contemporaneamente garantiscano il mantenimento della vita sociale e il sostegno della ruota dell’economia non è affatto semplice in una situazione epidemiologica fluida e incerta come quella italiana al momento.
C’è chi sostiene che il provvedimento di chiusura, dopo Ferragosto, sia tardivo: bisognava non aprirle proprio, alla luce di quanto è avvenuto in Spagna, con focolai nati da feste nei locali notturni di Barcellona, Madrid e Cordoba. Ma non mancano le polemiche per il fatto che in altre attività, lasciate libere, ugualmente si possano creare situazioni di assembramenti, es. spiagge, mezzi di trasporto, bar e ristoranti, eventi musicali e teatrali. Si teme peraltro che chiudere le discoteche potrebbe comportare che questi ragazzi si riversino in piazze, bar, strade. Ci sono anche concreti timori che possano crearsi degli ancora più pericolosi, perché assolutamente non controllabili, circuiti clandestini di party privati.
In definitiva, è doloroso che siano colpiti ancora una volta gli adolescenti, già così provati dal severo lockdown, ma nel quadro epidemico italiano attuale sono proprio loro, dediti a una vita sociale più intensa e portati a usare minori precauzioni perché per natura spavaldi, ribelli alle regole, sprezzanti dei rischi, a necessitare di maggiore tutela.