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Gli edifici storici di Portici

Degli antichi edifici presenti sul territorio di Portici, alcuni rimaneggiate così da renderli irriconoscibili, spesso mancano i riferimenti storici 

di Stanislao Scognamiglio e Tonia Ferraro

La Città della Reggia annovera un gran numero di dimore vesuviane, tra le quali di alcune si hanno notizie ben documentate, mentre di altre si sa poco o niente. Tra questi ultime, quattro bellissimi palazzi settecenteschi che affacciano sull’odierno corso Giuseppe Garibaldi, già Strada Regia delle Calabrie, ai numeri civici 28, 40, 100, 101-111.

Esempi da citare sono Villa Scocchera, un antico edificio riportato nella mappa del Duca di Noja, e Palazzo Evidente, del tutto privo, ormai, di elementi architettonici settecenteschi di rilievo.

Di un’altro edificio storico, risalente però al XVI secolo, si hanno scarsissime notizie, Palazzo Angrisano o Scognamiglio. Adiacente alla chiesa matrice, affaccia su piazza San Ciro. L’unico riferimento storico che si può attribuire e che in periodo borbonico fu sede dell’Ambasciata di Francia.

Come pure Villa Aversa:  l’impianto originario è settecentesco, sebbene le successive trasformazioni l’abbiano resa irriconoscibile. In particolare, fino a pochi anni fa conservava in fondo al viale di accesso al mare due padiglioncini in stile orientale, a forma di pagoda.

Invece per Villa Maltese o Caravita, si sa che nel 1730 fu commissionata da Domenico Caravita di Sirignano all’architetto Domenico Antonio Vaccaro. Purtroppo, un restauro effettuato alla fine ‘800 non permette di riconoscere la struttura originaria della fabbrica. L’attuale giardino presenta solo una vasca e qualche statua ma il suo valore originario, calcolato dall’Ufficio Tecnico Erariale, raggiungeva la cifra di un miliardo calcolando il valore dell’arredamento e dei vari oggetti d’arte reperiti. Prime notizie dell’esistenza della villa risalgono già dalla fine del Seicento, allora proprietario don Niccolò Caravita.

Qualcosa in più si conosce di Villa Menna. Venne commissionata da Giovanni Amendola nel 1742 all’architetto Muzio Nauclerio. La facciata si presenta ottocentesca, ma all’interno del portone si trova l’architettura originaria. Dall’androne si dipartono due scale di piperno con ringhiere in ferro battuto. Dal cortile si accedeva al viale che attraversa il giardino, ormai scomparso, fino a una terrazza che affacciava sul mare.

Nel 1775 la proprietà della villa passò a Nicola Torre, nel 1807 a Carlo Cinque. Nel 1826 il proprietario era un certo Carrione, che  nel 1849 la cedette a Carolina Ruffo della Leonessa, principessa di Monteroduni. In seguito a Federico Campanile e nel 1931 a Carlo Menna.

Villa Gallo dimora vesuviana che presenta un massiccio portone di legno. Fatta costruire intorno al 1750 dal Presidente del Tribunale di Napoli don Domenico Viola: la piccola traversa situata alla destra dell’edificio infatti è denominata “Ponte di Viola”.

La facciata si presenta in stile ‘800, ma all’interno presenta scale e una piccola esedra che chiude il cortile in stile settecentesco. Proprietà della famiglia Gallo nell’800, il portale riporta ancora uno stemma marmoreo della famiglia.

Una curiosità storica: nel 1860, dal balcone del piano nobile della villa Giuseppe Garibaldi tenne un discorso ai cittadini porticesi.

Il grand tour lungo il Miglio d’Oro continua:ecco Palazzo Ruffo di Bagnara, dei duchi e principi di Sant’Antimo e duchi di Baranello, fatto edificare nel 1724 dall’ architetto Ferdinando Sanfelice su commissione di Paolo Ruffo Caracciolo.

La facciata, un rifacimento ottocentesco, presenta un balcone centrale, sovrastato da uno stemma gentilizio con due cavalli alati in marmo.

Pare che alla destra del portone centrale una volta vi fosse una piccola cappella gentilizia dedicata alla “Assunta in Cielo”, eretta nel 1724 da Paolo Ruffo. Dai documenti si evince che per la costruzione della fabbrica furono spesi ben 35.000 ducati … Dal cortile si accedeva al giardino (non più esistente) con un lungo viale che giungeva fino al mare dove sorgeva una grande torre, demolita negli anni ’60, chiamata Torre della Bagnara. Dalle grotte del giardino fuoriuscivano delle acque molto rinomate e tanto gradite dal re Ferdinando IV, che egli se ne volle servire per uso personale.

Di altre dimore ne rimane solo una parte, e possiamo immaginarle attraverso i riferimenti storici, come la già “riscoperta” Leucopetra-Nava, o Palazzo Carafa Roccella, Villa Sorvillo e Villa d’Amore.

ph by Massimiliano Napolitano

Palazzo Carafa Roccella. Quasi al termine della odierna via Arlotta sorge la dimora dei Principi di Roccella. Lo storico Nicola Nocerino indica l‘edificio come uno dei più antichi di Portici. Nel ‘600 apparteneva a Domenico Guglielmino. Il palazzo giunse … in dote maritale al marchese di Cannito e di San Mauro.

Nel 1739 risulta essere proprietà del marchese Nicola Amato di Aversa.

Nel 1740 passò a Francesco Perrelli duca di Montestarace, che fece eseguire lavori di trasformazione all’edificio dall’architetto Filippo Fasulo.

Nel 1785, la proprietà passò al principe di Roccella Vincenzo Cantelmo Carafa Stuart. Di fronte al palazzo si apriva uno slargo con un portone centrale da cui partiva un lungo viale che terminava sulla Strada Regia delle Calabrie. Modifiche apportate nel corso del ‘900 hanno lasciato ben poco della pianta originaria. 

Villa Sorvillo è citata dallo storico don Nicola Nocerino.

La fabbrica è sicuramente settecentesca, uno degli esempi più felici fra le Ville minoritransizione fra il programma architettonico rappresentativo e la più umile permanente funzione della villa come casa di campagna. Non vi è più traccia di giardino che, a giudicare dalla descrizione nella perizia di G. B. Broggia, allegata all’atto dell’11 giugno 1784, doveva esser ampio, ricco di statue e fontane: “L’altro viale che sta dirimpetto entrando è fornito in ambedue i lati nommeno di sei pilastri di piperno scorniciati centinati e nella fine di esso, vi sta piccola prospettiva con poggio e vasca guisa di fontana.”

Villa d’Amore. L’edificio fu costruito agli inizi del ‘700. Nel 1898 la villa fu sottoposta ad un intervento architettonico che ne mutò radicalmente l’aspetto, aggiungendo altri corpi e distruggendo il ricco giardino.

La facciata è sobria e proporzionata, con la parte centrale recessa in modo da valorizzare il ricco portale agettante il cui coronamento forma il balcone del piano nobile. L’ingresso affaccia su via Marco De Gregorio

Il piano terra ed il piano nobile, nella sezione centrale, sono decorati con luci con timpani circolari, mentre le ali si connotano per i timpani triangolari. Il secondo piano reca solo timpani lineari, mentre solo la finestra centrale dispone, anche, di un balconcino.

All’interno, di notevole interesse è la scala in pietra lavica con una bella balaustra. Agli angoli del frontone sono poste due pigne.

Palazzo Marinucci e Cappella di Santa Maria delle Grazie. La villa, che da inizio ‘900 è abitata dagli eredi della famiglia Marinucci, è di origine settecentesca: …questo è ben visibile dagli sporti sagomati dei balconi in pietra di piperno ornati da belle ringhiere in ferro battuto. Varcato il portone d’ingresso, si accede ad un ampio cortile che conduce verso il giardino. Bella l’ampia scala in pietra lavica che conduce al piano nobile. Nel 1882 esso apparteneva a Carlo Bassano Cervo marchese di Tufillo… che fece erigere… nel 1886 e dedicata a S. Maria delle Grazie. Bello il portale di piperno della piccola chiesetta difeso da una cancellata in ferro. L’interno della cappella è di forma rettangolare abbellito da una decorazione bicromatica. Alle pareti vi sono lesene e capitelli corinzi. Il soffitto tondo accoglie un affresco rappresentante un gruppo di angeli. Sull’altare un dipinto di bella fattura in stile bizantino raffigurante la Madonna delle Grazie.

Villa Meola.  La dimora vesuviana Meola, definita dal professor Roberto Pane … una delle gemme architettoniche fatte costruire dalla aristocrazia napoletana. Da una lapide posta all’interno della cappella privata si rileva che la villa fu fatta costruire nel 1720 dal marchese Carlo Danza, presidente del Regio Sacro Consiglio. La facciata sulla strada si apre con un portale di piperno. Il portone è  sovrastato da una artistica rosta lignea intagliata in puro stile rococò.  Varcato l’androne una bella scala aperta conduce sia al giardino che al piano nobile.  L’originalità delle forme degli artistici stucchi che ornano il cortile, dei  pilastri, dei balconi e delle finestre, fanno della villa una delle più  belle opere eseguite dal celebre architetto Domenico Antonio Vaccaro.

Nella seconda metà dell’800 la villa risulta di proprietà dei coniugi Gaetano Massa e Concetta Tagliavia d’Aragona. Nel 1911 la villa fu acquistata da Felice Meola.

 

Villa Starita è stata costruita nel ‘700 ma ha subito pesanti rimaneggiamenti nell’800.

L’edificio fu commissionato da Guglielmo Moncada (?) principe di Calvaruso. La villa venne, poi, acquistata da Enrico Pessina e nel 1887 passò a Emilio Marrullier, ufficiale del Genio Militare.

Infine, nel 1904 divenne proprietà di Luigi Astarita.

L’ingresso del palazzo è in via Cupa Farina di Portici e presenta un portale in stile tardo barocco con volute, al centro del quale si trova lo stemma di famiglia. Dall’androne, attraverso un arco a tre campate, si giunge al giardino, dove si trova una fontana in piperno. Affacciata su via Edoardo Pessina di San Giorgio a Cremano, si trova una terrazza con finti ruderi romani, dove fino a non molti anni fa si trovava un coffee hause in stile pompeiano, ormai del tutto scomparso.

Palazzo Valle Lungo l’ultimo tratto della strada Regia delle Calabrie che dal centro di Portici porta ad Ercolano, di fronte al convento francescano dei Frati Minori, il signor Nicola Ballia o Balle (Valle) nel XVI secolo fa costruire su un terreno di sua proprietà un edificio per stabilirvi la residenza della sua famiglia. In epoca quindi di molto antecedente all’insorgere del fenomeno settecentesco della “moda” delle Ville di Delizie affermatasi intorno al 1720. Tra i più considerevoli edifici esistenti a Portici dopo la Reggia borbonica, può vantare una storia così intensa come nessun altra residenza storica porticese.

Il sontuoso Palazzo Valle, dalle dimensioni di 79,38 per 52,92 metri, ha un impianto planimetrico rettangolare che si sviluppa intorno ad un cortile centrale. Grandioso per severità di forme, si articola su due piani sovrapposti a quello rialzato. Lo stabile presenta una facciata di gusto neo-classico ripartita in tre campi. La parte bassa è protetta da una zoccolatura formata da grosse lastre di piperno.

Eccetto l’unico balcone al centro del piano nobile, vi sono solo finestre.

Il balcone, in asse con il portone ligneo, è inquadrato da due lesene lisce sulla cui sommità sono poste teste di cavallo in marmo. Il piano di calpestio è in piperno ed è sorretto da due mensole. Il vano è sormontato da un timpano di forma semicircolare. Sopra il portone si evidenzia un’artistica rosta di ferro a forma di trapezio e con doghe disposte a losanga, che nella parte bassa, presenta un altorilievo triangolare in gesso,di ispirazione mitologica.

L’androne con volta a botte è suddiviso in tre spazi con pilastri su cui poggiano archi a tutto sesto. Superato l’atrio si trova uno grande cortile quadrangolare, delimitato da vani originariamente con funzione di scuderie e rimesse, uno scalone a due rampe e una bella e singolare scala a chiocciola con gradini in pietra di piperno che si sostengono per sovrapposizione costruita senza perno centrale. I due accessi ai piani superiori restano gli unici elementi delle caratteristiche prevalentemente settecentesche perdute a seguito delle continue alterazioni subite dall’edificio.

Nel corso dei secoli la destinazione d’uso di Palazzo Valle è passata da residenza gentilizia a quartiere militare, da caserma a ospedale militare, da casa di pena a scuola militare. Attualmente è sede dei Corsi di Formazione e Aggiornamento del Personale della Polizia Penitenziaria.

Palazzo Serra di Cassano fu costruito nel 1755, ampliando una piccola struttura preesistente. come si evince dalla mappa del duca di Noja.

Lo storico Beniamino Ascione attribuisce l’opera a Ferdinando Sanfelice, mentre il professore Giuseppe Fiengo all’architetto Giuseppe Astarita.

Appartenuto ai Serra Cassano fino al 1881,venne acquistato dal Liceo Ginnasio e Convitto Nazionale di Lucera. La proprietà passò al professore Antonio Ciccone. Nel 1940 il complesso monumentale venne acquistato dall’ordine religioso delle Suore Catechiste del Sacro Cuore.

 La lunga facciata, scandita da un ordine unico di lesene composite, accoglie due piani; l’aggiunta successiva di un terzo, i cui balconi poggiano direttamente sul cornicione poco aggettante, ha alterato il primitivo rapporto tra altezza e larghezza. La zona centrale, sottolineata dal raddoppio delle lesene, così come le due estremità laterali, accoglie l’unico portate d’ingresso.  Superato tale portale si accede a un doppio atrio coperto a volta, seguito da un cortile rettangolare terminante con una esedra.  Una profonda serliana, aperta nello spazio curvilineo dell’esedra, collega con il giardino retrostante.

Attualmente il giardino è occupato da moderne palazzine, ad eccezione di una piccola parte coltivata ad agrumeto e a orto.

Sulla facciata si apre anche l’ingresso alla piccola cappella, dedicata all’Assunta. All’interno la cappella presenta una decorazione a stucco e un mosaico pavimentale a tasselli gialli e verdi con lo stemma dei Cassano.  Costruita, secondo il Nocerino, nel 1749, fu solo successivamente incorporata all’edificio.  Presenta, lungo le pareti, dei piccoli ambienti nascosti, che consentivano ai proprietari di assistere alle funzioni dall’interno del palazzo.

L’edificio ospita dal 1941 un Istituto di religiose.

Costoro riuscirono, con grandi difficoltà, a far sgomberare i cittadini che, durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, si erano rifugiati nel palazzo.  Gli occupanti, perù, distrussero o si appropriarono di una buona parte delle opere d’arte, per cui le collezioni, di quadri di stampe nonchè la preziosa biblioteca dei duchi di Cassano sono tesori ormai irrimediabilmente perduti.

Si racconta che dai sotterranei del palazzo, oggi non più accessibili, partiva una galleria che collegava Portici con Pompei.(Scheda a cura dell’I.P.S.C.T.  Francesco Saverio Nitti di Portici)

Si ringrazia l’architetto Celeste Fidora per le fonti storiche

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Un pensiero su “Gli edifici storici di Portici

  • Pare che la storia riguardo Garibaldi, sia solo un racconto…. Non è mai stato trovato alcun documento storico che confermi il racconto….

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