Gli edifici religiosi di Portici
La cittadina vesuviana non fu meta prediletta solo dai Borbone e dalla nobiltà di Napoli, primi i conventuali tra gli ordini religiosi
di Stanislao Scognamiglio e Tonia Ferraro
Il clima salutare, l’aria fine, l’abbondanza di acqua, il fertile suolo vulcanico e la prorompente natura di Portici fecero sì che la bella cittadina vesuviana fosse individuata come meta ideale e dagli ordini monastici e dalla nobiltà napoletana, ancor prima che re Carlo di Borbone la elegesse a sua dimora prediletta.
Convento francescano di Sant’Antonio di Padova
Il più antico edificio religioso di Portici fu questo convento francescano ,che sorge nell’odierna via dell’Università: la sua edificazione risale al XIII secolo.
ll Convento fu fatto costruire dal nobile napoletano Gualtiero Galeota, grazie alla donazione di un terreno, che volle dedicarlo a San Francesco, per poi offrirlo ai frati minori conventuali.
Nel 1585 nella chiesa, veniva fondata una Congregazione laica dedicata all’Immacolata Concezione, divenuta poi Arciconfraternita: estromessa nel 1738, si trasferì nell’attuale sede dell’odierna via dell’Immacolata.
Dopo l’eruzione del 1631, distrutta la vecchia parrocchia, divenuta quindi il centro della vita spirituale porticese, la chiesa fino al 1642 assolse le funzioni proprie della parrocchia.
Nel 1738, per volontà di Carlo di Borbone, la chiesa ed il convento furono dedicati a Sant’Antonio di Padova. Proprio dalla seconda metà del ‘700, per la vicinanza alla Reggia borbonica, il complesso monastico assunse ancora più importanza.
Tra il 1768 e il 1770, nel convento di Sant’Antonio, come già avvenuto in quello di San Pietro d’Alcantara al Granatello, fu aperta una scuola gratuita.
I frati furono espulsi dal Convento durante il regno dei Napoleonidi, ma vi ritornarono quasi subito. Furono nuovamente estromessi nel 1886 dalla soppressione italiana, perpetuati dalla presenza del Padre Guardiano Salvatore Jovino.
Nel corso dei secoli il complesso monastico ha subito molte trasformazioni. La più importante fu il completo ribaltamento: infatti l’ingresso era orientato verso il mare. Negli ultimi anni la chiesa ha subito altre trasformazioni, come quella della navata centrale, riportata alla sistemazione cinquecentesca, con la volta magnificamente decorata da stucchi in stile Rococò.
Al convento è legata la storia di due pozzi. Il primo, sito in fondo sulla sinistra del chiostro, è detto di San Francesco. Una suggestiva leggenda racconta che… il Santo percuotendo la lava bituminosa del 1036 con il suo bastone, avrebbe aperto il pozzo che seccatosi fu successivamente ripristinato, con un segno di croce, da San Giacomo La Marca.
Il passaggio del serafico padre Francesco per Portici, però, non avvenne: sebbene il santo in quel periodo si recasse nel Duomo di Amalfi per visitare la tomba dell’Apostolo Giacomo, compì un altro percorso. Probabilmente furono alcuni frati seguaci che aprirono il pozzo. Non vi è alcuna documentazione, ma certo questo pozzo riveste una grande importanza per il Convento: la primigenia volta che lo ricopre non è mai stata rimaneggiata nonostante le radicali trasformazioni del complesso monastico.
Il secondo, posto a destra della facciata della chiesa, è ricordato per il miracolo di Sant’Antonio che avrebbe riportato su dal pozzo un bimbo cadutovi dalle braccia della madre.
Il campanile, nel 1529, venne dotato di una campana fusa in bronzo, mentre risale al XV secolo la statua lignea di Sant’Antonio, recentemente restaurata.
All’interno del complesso si possono ammirare magnifiche decorazioni. Tra le più notevoli, la cinquecentesca pala dal fondo dorato, raffigurante la Madonna delle Grazie con a lato i santi Giovanni Battista e Francesco d’Assisi, dipinta dal pittore caiatino Stefano Sparano, e l’affresco della volta dell’Abside, opera del pittore afragolese Angelo Mozzillo, eseguita nel 1793, nel giugno 2017 oggetto di un parziale crollo.
Inoltre, si trovano diverse lapidi a ricordo di eventi storici vissuti dalla comunità. Una, in particolare, celebra la permanenza a Portici di Papa Pio IX nell’anno 1849, che per sette mesi elesse la cittadina vesuviana a Soglio Pontificio.
Ospitato dai Borbone nella vicina Reggia, papa Pio IX, terziario francescano, in occasione della solennità di San Francesco, ha visitato il convento e celebrato la Santa Messa nell’annessa chiesa.
Nel 1981, la chiesa di Sant’Antonio di Padova è stata elevata alla dignità di parrocchia.
Palazzo Pii Operai Catechisti Rurali
Questo Ordine di religiosi ormai estinto, venne fondato XVII secolo dal Beato Carlo Carafa.
L’edificio, eretto in agro di Portici, per far riposare dalle loro fatiche i preti dell’Ordine, sorgeva lungo la strada Regia delle Calabrie, l’odierno corso Giuseppe Garibaldi.
Completamente rifatto nel ventennio fascista e riammodernato a metà degli anni ’90 per ospitare il Municipio, ne rimane traccia solo nella chiesa di Santa Maria della Potenza.
Convento dei Gesuiti e la Chiesa di Santa Maria del Buon Consiglio e San Luigi
Sempre lungo il corso Garibaldi, si incontra l’ex convento gesuita e la Chiesa di Santa Maria del Buon Consiglio e San Luigi, uno dei pochi edifici religiosi nel Paese. Risale al XVII secolo.
L’edificio fu fatto erigere da donna Maria Bermudez de Castro, che, divenuto il nipote padre gesuita, nel 1620 donò cinquemila ducati alla Compagnia di Gesù per la costruzione di un ospizio per i padri bisognevoli di recuperare le forze e la salute. Già nel 1629 erano state edificate alcune stanze e una cappella dedicata prima alla Madonna del Monserrato e poi a Santo Ignazio di Loyola, fondatore dell’Ordine. Dopo l’eruzione del 1631, ripresi i lavori, i religiosi completarono il convalescenziario denominandolo Casa Santa degli Incurabili e la chiesa, che nel 1804 venne poi consacrata alla Madonna del Buon Consiglio e a San Luigi.
Fu proprio la Compagnia di Gesù a diffondere a Portici il culto di San Ciro, il santo medico alessandrino. Infatti, dal 1600, si venera nella chiesa del Gesù Nuovo di Napoli, che ne conserva le spoglie.
La chiesa annessa al complesso religioso porticese ospita dal 1824 la Reale Arciconfraternita dei Pellegrini, sorta sotto il titolo di Maria SS del Buon Consiglio.
Nel 1767, Ferdinando IV espulse dal Regno di Napoli la Compagnia di Gesù e tutti i loro beni furono confiscati, così la casa di Portici divenne sede del Real Battaglione Ferdinando, Accademia per giovani ufficiali di Guardia Marina, in un certo qual modo antesignana della Nunziatella di Napoli. Tra i cadetti “porticesi” si ricordano Gaetano Filangieri e Francesco Caracciolo.
Nel 1804 Ferdinando IV di Borbone fece impiantare nell’edificio una fabbrica di ornamenti di seta, da cui il nome Caserma Nastri.
In seguito divenne Quartiere dei veterani e durante la Prima Guerra Mondiale fu adibito a ospedale militare. Nel 1928 fu trasformato in sede comunale, mentre attualmente ospita l’I. C. Macedonio Melloni-Don Bosco e alcuni uffici del Municipio.
Chiesa della Natività della Vergine e San Ciro
Dopo l’eruzione del 1631, l’Università di Portici decise di erigere una nuova chiesa impiantandola su un suolo già in suo possesso denominato lo Petruso.
I lavori vennero effettuati dai capomastri fabbricatori Giovanni Battista Conte e Francesco Antonio Gisolfo. Le opere durarono circa dieci anni: la chiesa venne inaugurata il 9 maggio 1642.
La facciata della Chiesa, in origine in stile bizantino, è affiancata da due torri campanarie, che, in un secondo momento, vennero dotate entrambe di orologio.
L’interno è a tre navate. Sull’altare maggiore, dal 1666, si può ammirare la magnifica tela Natività di Maria Vergine, dipinta dal pittore Luca Giordano. Il coro fronteggia l’altare centrale: si trova in fondo alla chiesa, ed è fornito di un organo a canne.
Sul secondo altare a destra si trova l’opera Concezione, opera del pittore stabiese Giuseppe Bonito.
Nel 1739, la chiesa venne abbellita e ampliata su progetto dell’ingegnere napoletano Domenico Antonio Vaccaro. Anche in questo caso, i lavori furono a spese dell’Università di Portici.
A ridosso dell’edifico sacro, nel 1658 fu dato inizio alla costruzione dell’Oratorio dell’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento. L’Arciconfraternita seguiva regole severe, e inizialmente i confratelli venivano sepolti nella sottostante cripta. Una prima trasformazione dell’ordinamento avvenne nel 1767 con Ferdinando IV di Borbone, poi nel 1839 e infine nel 1850 con Ferdinando II, quando venne stabilito che l’inumazione dei confratelli avvenisse nel cimitero comunale appena costruito.
Fino a quella data, infatti, l’ipogeo della Chiesa matrice porticese era l’unico luogo di sepoltura della cittadina. Il parroco don Nicola Nocerino nel suo volume La Real Villa di Portici racconta che nella battaglia di Portici del giugno 1799, le vittime degli …scontri tra le colonne realiste e quelle repubblicane … vennero pietosamente inumate nella cripta. Le spoglie degli sventurati sono state traslate al Camposanto solo in tempi recenti.
Nella cappella a sinistra dell’altare maggiore, dedicata a San Ciro, oggi nella cona è ammirabile la statua del Santo taumaturgo, realizzata nel 1767 dallo scultore torrese Ferdinando Sperandeo. A lato dell’altare, riposta, in una stupenda teca opera dell’artista di Torre del Greco Giovanni Ascione, si conserva la reliquia di una parte della testa del Santo medico.
Nel 1776, divenuto San Ciro patrono principale della città di Portici con decreto papale di Pio VI, al titolo originario si aggiunse la denominazione del Santo.
Nel 1758 furono effettuati altri lavori per allungare le navate verso le tre porte poste sulla piazza di San Ciro. Dal 1853 al 2017 vennero realizzati diversi restauri.
Convento San Pietro d’Alcantara e chiesa di San Pasquale
I Frati Minori Alcantarini costruirono il convento al Granatello a partire dal 1698, completandolo intorno al 1705 e, infine, ampliandolo poi nel 1786.
Dell’Ordine degli Alcantarini faceva parte Pasquale Baylon (Torrehermosa, 16 maggio 1540 – Villarreal, 17 maggio 1592) , un … povero pastore che quando entrò a far parte del gruppo spirituale, si occupò prima della cucina e poi della questua. Dopo la sua morte e il suo essere proclamato beato nel 1618 e poi Santo nel 1690, i Frati laici Alcantarini scelsero come celeste patrono proprio san Pasquale.
Il convento, sebbene sia conosciuto da tutti come di San Pasquale, in realtà è però intitolato a san Pietro d’Alcantara, fondatore dell’Ordine Alcantarino.
Il monastero, inizialmente molto piccolo, fu costruito con le elemosine dei fedeli e occupato dai religiosi spagnoli.
L’edificio conventuale fu poi ampliato nel 1786: al suo fianco venne edificata la chiesa che si rifaceva al fantasioso stile tardo barocco tipico del pittore, scultore e architetto Domenico Antonio Vaccaro (Napoli, 3 giugno 1678 – Napoli, 13 giugno 1745), allievo del padre Lorenzo e di Francesco Solimena.
Il convento è famoso perché in esso, nel 1769, fu aperta la prima scuola a Portici e perché aveva … una ricca biblioteca che era considerata la migliore della Campania.
Sull’altare, si trova una pala raffigurante Morte di San Pietro di Alcantara, di Aniello Rossi, allievo di Luca Giordano. Di pregiata fattura il baldacchino ligneo del coro.
Attualmente il complesso monastico si erge in piazza San Pasquale con una facciata rifatta nel 1955 in stile contemporaneo, che si discosta del tutto da quella originaria, in stile barocco.
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la chiesa di Via re Vittorio Emanuele non ne parlate?
Preg.mo Sig. Albano
La ringraziamo per l’attenzione, nel contempo, le ricordiamo che l’unica chiesa presente in via Vittorio Emanuele, è pertinenza dell’Istituto Pennese.
Le precisiamo inoltre che non solo non vi sono notizie circa l’edificazione (se non l’ano di costruzione del complesso primo nucleo dell’orfanotrofio) ne tantomeno il titolo, ma, principlamente che la stessa non è aperta al pubblico culto.
Tanto le dovevamo. Buona serata.
Stanislao Scognamiglio.