Giuseppe Garibaldi a Portici e Pompei nel 1860
Dopo l’invasione del Regno delle Due Sicilie, Garibaldi arrivò a Napoli, recandosi a visitare l’Opificio di Pietrarsa e gli Scavi di Pompei
di Teodoro Reale
Garibaldi giunse a Napoli da Salerno in treno venerdì 7 settembre 1860, accompagnato tra gli altri da Enrico Cosenz, Agostino Bertani, Alberto Mario, Giuseppe Missori, e Stefano Canzio, suo futuro genero: ne sposerà la figlia Rosita.
Sin dal suo arrivo il generale si dedicò all’attività di governo con la carica di Dittatore in nome di Vittorio Emanuele II, assunta già in Sicilia, affiancato da Agostino Bertani in qualità di Segretario Generale che ne controfirmava i decreti, occupandosi di varie questioni. In molte occasioni ne prese diretta visione recandosi in vari luoghi della città e nei dintorni.
Una delle prime visite di Garibaldi fu quella all’Opificio di Pietrarsa, uno dei non pochi vanti dell’industria napoletana, avvenuta qualche giorno dopo il suo ingresso a Napoli, il 9 settembre. Si recò a Portici, dove le maestranze l’accolsero e gli resero omaggio dedicandogli un suo busto fuso per l’occasione nelle fucine dello stabilimento ancora oggi visibile.
Testimone dell’episodio fu l’ingegner Alberto Gramegna, dipendente dell’Opificio di Pietrarsa, il quale così tramandò l’episodio nel suo volumetto Pietrarsa: cenni storici, edito a Portici nel 1895 dallo Stabilimento Tipografico Vesuviano di Ernesto Della Torre: «Giunse di buon mattino con la storica camicia rossa e circondato dai suoi ufficiali, e mentre per ogni dove gli si apprestavano festosi gli operai, egli si portò alla batteria da cui spaziavasi lo sguardo del golfo. Stette lì alquanto tempo esaminando la forte posizione del posto e poiché nel frattempo era giunto il colonnello Corsi, che in fretta era stato avvisato dell’inaspettata visita, s’incamminò con lui e con la sua scorta ad esaminare l’Opificio. Nel frattempo un operaio chiese di parlare al generale ed avutone licenza prese a narrargli di angarie sofferte dal comandante dell’officine. Sentì il generale il lagno e voltosi al Corsi gli chiese il perché di quel procedimento e n’ebbe in risposta che mai durezze ed angarie erano state commesse e che se il reclamante era stato condannato a poche ore di prigionia (così allora si usava) ciò era occorso per la sua indisciplina. Garibaldi allora drizzò il fiero sguardo sull’operaio e gli ricordò che chi male agisce deve essere punito: “Credi tu dunque, gli disse, “perché proclamammo un libero reggimento non debbansi perciò punire gli abusi!”.
E senz’altro proseguì l’iniziata visita ovunque acclamato.»
Garibaldi sarebbe stato a Portici anche in un’altra occasione, in data imprecisata, dove avrebbe parlato al popolo dal balcone di palazzo Gallo, ma non abbiamo ulteriori elementi. Le nostre ricerche continuano al riguardo.
Tra i provvedimenti di Garibaldi vi fu la nomina di Alexandre Dumas, il quale aveva seguito l’impresa con il suo yacht inviandone i resoconti a giornali francesi, concedendogli come residenza il Casino Reale del Chiatamone. Gli conferì la nomina a direttore del Museo Archeologico, decretata il 15 settembre: «Art.1 Il Sig. Alessandro Dumas è nominato Direttore onorario del Museo Nazionale e degli scavi di antichità in questa parte meridionale d’Italia. Art.2 Nell’indicata sua qualità rimarrà egli incaricato di presentarmi un progetto sugli scavi di Pompei, e sulla compilazione di una grande opera archeologica, istorica e pittorica sopra Napoli e suoi dintorni. Art.3 Il Sig. Dumas è facoltato a proporre alla mia approvazione le persone di cui meglio crederà giovarsi nella compilazione dell’opera anzidetta. Art. 4. Il Ministro dell’Interno è incaricato della esecuzione del presente Decreto.»
Il giorno dopo, 16 settembre con un altro decreto il generale assegnò alla ripresa degli scavi archeologici la somma di cinquemila attraverso un altro decreto: Visto che gli scavi di Pompei sono miseramente abbandonati da più mesi con dolore del mondo studioso e con danno delle popolazioni circostanti, considerando che la nostra rivoluzione deve essere veramente italiana, cioè degna della patria delle arti e degli studi, decreta che agli scavi di Pompei, proprietà nazionale, sono consacrati cinquemila scudi annui, ed i lavori debbono essere immediatamente ripresi. I ministri delle Finanze e dei Lavori Pubblici faranno eseguire, per quanto spetta a ciascuno, il presente decret.»
Ma non fu tutto, il 23 ottobre Garibaldi si recò di persona in visita agli Scavi di Pompei. A documentare l’avvenimento oltre alla foto del Sommer qui riprodotta abbiamo il seguente rapporto di un fuzionario:«Pompei 23 Ottobre 1860. Signore, ho l’onore passare alla di lei superiore conoscenza che ieri verso le 2 ½ p. m. si recò in questo sito il Sig. Generale Dittatore Garibaldi con suo seguito, e vi si trattenne fino alle ore 5 per visitare il Foro civile, le Terme sulla via della Fortuna, le Fontane a musaico nella strada di Mercurio, la casa di Sallustio, e la Necropoli con la casa di Diomede. Egli entrò ed uscì per la Porta del lapillo. Giunto nelle menzionate terme gli si presentò l’ex-serviente Arcangelo Tarallo per domandare la sua reintegra in questi scavi, ed il prelodato Dittatore gliela concesse, imponendo rapportarsi tale di lui determinazione. Adempio quindi a tale dovere sommettendole che il Tarallo ha già ripreso il suo servizio nella qualità di serviente come lo era. L’architetto R. Campanelli».
Garibaldi rimase a Napoli fino al 9 novembre del 1860, quando, ormai estromesso dall’intervento del re Vittorio Emanuele II, salpò alla volta di Caprera.