La Biografia, Giambattista Vico
di Michele Di Iorio
Giambattista Vico nacque a Napoli nel quartiere di San Lorenzo e Vicaria, in via San Biagio dei Librai al numero civico 31, il 23 giugno 1668 dal modesto e allegro libraio Antonio e dalla madre Candida Masulla, donna poco allegra, figlia di un lavorante di carrozze.
Giambattista venne iscritto al Collegio Massimo dei Gesuiti dal padre in Napoli per studiare grammatica, ma studiò privatamente metafisica e nel 1688 s’iscrisse all’Universita per studiare Giurisprudenza. Non essendo soddisfatto dei docenti frequentò poco i corsi preferendo lezioni private.
Nel 1691 si trasferì all’Università di Salerno ove si laureò in DirittoCicilee in Diritto Canonico nel 1693. Approfondì quindi lo studio della geometria.
Dal 1689 al 1690 approfondì gli studi di Filosofia nella ricca biblioteca padronale del castello di Vatolla, frazione del comune di Perdifumo, Cilento, del marchese Domenico Rocca. Si mantenne lavorando per 7 ducati mensili come bibliotecario, aiuto archivista e precettore dei figli del marchese, studiando su testi di Tacito, Platone, Boezio, Aristotele, Botero, Godin, Bacone e Grozio.
A 27 anni rientrò a Napoli nella modesta casa paterna affetto da tisi allo stato iniziale.
Iniziò a pubblicare canzonette, odi, poesie dedicate ai vicerè spagnoli, guadagnandosi la nomina di segretario comunale a San Lorenzo con uno stipendio mensile di 5 ducati.
Nel gennaio 1699 ottenne la cattedra universitaria di Retorica ed Eloquenza con il misero stipendio di 10 ducati .mensili. Per vivere decorosamente impartiva lezioni private di Diritto, Grammatica, Retorica nelle case nobili napoletane.
Sempre in quell’anno venne nominato membro dell’Accademia Palatina di Napoli. Prese in fitto una casa decorosa in vico dei Giganti, dove elesse il suo studio privato. Quindi sposò la bella ma analfabeta napoletana Teresa Catarina Destito, da cui ebbe 8 figli.
Giambattista Vico fu amico del filosofo genovese Paolo Mattia Doria, autore di L’arte di conoscer se stesso. nel 1708, e si ascrisse all’Accademia dell’Arcadia.
Nel 1725 pubblicò La Scienza Nuova, che però subì censure e critiche dagli accademici del tempo. Invece il ministro Bernardo Tanucci apprezzò la sua opera, tanto da nominarlo Storiografo della Real Università di Napoli. Nel 1742 Tanucci lo incluse nella Real Commissione di Studi che redasse il Codice Civile Carolino.
In quegli anni il figlio primogenito di Vico, Gennaro, pecora nera della famiglia, diede scandalo per la sua relazione con una prostituta di Napoli, Caterina Tommaselli, da cui ebbe una figlia. Quando Gennaro mori in circostanze poco chiare a soli 30 anni, Vico ebbe pietà e accolse in casa la nuora e la nipotina, ma scoppiarono violenti liti tra sua moglie e la giovane, che scacciata. La Tommaselli lo trascinò in una vertenza giudiziaria per risarcimento di danni civili e per ottenere il mantenimento della bambina.
Giambattsita Vico, impossibilitato a studiare e a scrivere a causa di una malattia, oggi indicata come morbo di Parkinson, era ridotto al punto di non riconoscere i suoi familiari. Nello stesso tempo la tisi peggiorò.
Stanco e malato, mal sopportato dai familiari, il 20 gennaio 1744 Giambattista Vico morì nella sua Napoli.
Dopo una disputa tra la Confraternita di Santa Sofia e la famiglia, nata peri mancati pagamenti delle quote, la sua salma venne onorata dai colleghi docenti universitari. Vestita di un semplice saio, venne inumata con la toga poggiata sulla bara nell’ipogeo della chiesa dei Girolamini in via Tribunali.
Nel tempo l’ubicazione della sepoltura di Giambattista Vico venne dimenticata. Solo nel 2011 un gruppo di studiosi napoletani, Fabio Sansivieri dell’Osservatorio Vesuviano, il geologo Gianluca Minin, lo speleologo Luca Cuttitta e la professoressa Mariella Torino, studiosa di Archeantropologia, guidati dall’architetto Giovanni Spada, rinvennero la tomba nella cripta di una cappella a destra della navata principale della chiesa.