Gabriella | Separazioni
Alle nostre madri: senza di esse non saremmo state così… E noi, cosa siamo diventate noi? Le prime della classe, come Gabriella, lacerata dalle inevitabili separazioni …
di Bianca Sannino
La malattia di mia madre cominciò ad avanzare spietatamente. Cominciò a dimenticare tutti, tutto, perfino chi fosse lei.
Era regredita al livello di una bambina, aveva bisogno di essere accudita in tutto e per tutto e fu così che mio padre decise di prendere un’altra badante.
Nell’assenza mentale di mia madre lui cominciò a venir fuori, fino ad allora era stato ai margini, aveva vissuto all’ombra di una donna che pur nella sua durezza era riuscita a portare avanti una famiglia con il gravoso carico di una figlia disabile.
Fino a quel momento mio padre si era fatto carico solo dell’impegno economico, era un dipendente di un’importante azienda di telecomunicazioni, svolgeva il suo lavoro con onestà ma senza nessun entusiasmo, come del resto era tutta la sua vita.
Adesso aveva assunto il ruolo di capofamiglia, cominciava a prendere delle decisioni e si sentiva anche tronfio perché finalmente sentiva di contare qualcosa e si sentiva particolarmente responsabilizzato per la moglie, orami ridotta ad un involucro senza più anima e per la figlia, una bambina da accudire e vezzeggiare.
Poi c’ero io, con la mia numerosa prole e il mio bisogno di affetto mai colmato. Con me assunse un atteggiamento strano ed ambivalente, da un lato tendeva a proteggermi e a fare in modo che io potessi dedicarmi a me stessa e ai miei figli dall’altro chiedeva aiuto per risolvere mille questioni, facendomi sentire tutto il carico di responsabilità.
Andavo a casa loro tutte le domeniche e preparavo il pranzo domenicale con un’abbondanza che testimoniava tutto il mio bisogno di compensazione.
Fu in quel periodo che mi ammalai di bulimia, mangiavo a crepapelle, avevo bisogno di ingurgitare una quantità di cibo enorme e poi stavo male, malissimo.
Più soffrivo e più mi sentivo viva, più mangiavo e più espiavo la mia colpa, perché ero viva, perché ero sana, perché avevo voglia di vivere e gioire, perché nonostante tutto ero fortunata e non me lo meritavo. Mia madre e mia sorella erano il mio eterno specchio e io non riuscivo a rassegnarmi.
Poi cominciò lentamente ma inesorabilmente il distacco, la separazione. Mia madre si allettò, non era neanche più in grado di parlare, di emettere suoni. Era lì, immobile sul letto, con gli occhi sempre sbarrati e con la bocca spalancata in un eterno ultimo gemito mai emesso.
Dovevo preparami, dovevo cominciare ad abituarmi a quella ulteriore dolorosa separazione e ricominciare ancora una volta a vivere.
Bianca Sannino, docente appassionata nella scuola statale italiana, vive e insegna a Portici da più di vent’anni.
Dopo aver attraversato perigliosi mari in vari ambiti e settori ed essersi dedicata alla redazione di libri saggistici e specifici del settore dell’insegnamento, esordisce oggi nel genere novellistico.
Due lauree, corsi di specializzazione, master non sono bastati a spegnere la sua continua, vulcanica e poliedrica ricerca della verità.
Da sempre, le sue parole che profumano di vita e di umanità, arricchite dalla sua esperienza e sensibilità, restituiscono delicati attimi di leggerezza frammisti a momenti di profonda riflessione.
Nel 2021 inizia la collaborazione con LoSpeakersCorner pubblicando una serie di novelle, tutte al femminile.
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Descrizione dettagliata ma non noiosa di frangenti della vita che ognuno di noi non vorrebbe mai vivere ma che ci accompagnano nostro malgrado.