Francesco Petrarca a Napoli
di Michele Di Iorio
Napoli città cosmopolita sempre visitata da illustri viaggiatori in ogni epoca, artisti e scrittori di gran fama che ne hanno accresciuto il prestigio.Tra Francesco Petrarca.
Nato in Toscana, ad Arezzo, all’alba del 20 luglio del 1304 il giovane Petrarca visse con la famiglia paterna a Avignone, Francia, dal momento che il padre era notaio alla Corte papale.
Nel 1320 si iscrisse all’Università di Bologna. Nel periodo di studi visitò molte città della penisola. Protetto dal cardinale Giovanni Colonna e dal fratello principe Giacomo Colonna di Stigliano, patrizio romano e di Napoli, a Roma venne incoronato Sommo Poeta nel Palazzo del Senato da Roberto d’Angiò detto il Saggio, sovrano di Napoli.
Per conto del Cardinale Colonna e di Papa Clemente VI nell’estate del 1343 partì da Roma per Napoli, città che aveva già visitato 2 anni prima. Re Roberto d’Angiò era morto, ed ebbe l’incarico ratificare la reggenza del Regno di Giovanna Durazzo, appena 16 anni, e di ottenere in cambio la liberazione di alcuni prigionieri politici, i tre fratelli Giovanni, Pietro e Ludovico Pipino, rinchiusi nelle segrete di Castel Nuovo, accusati di ribellione.
Pare che Petrarca durante i tre mesi del suo secondo soggiorno napoletano fosse ospite nel palazzo dei principi Colonna di Stigliano e frequentasse il Maschio Angioino, accolto con lusso e onori alla corte angioina.
Scrittore e poeta, studioso di storia e opere classiche, Francesco Petrarca era anche appassionato numismatico e botanico. Girò per i chiostri dei conventi e per giardini, visitò le ricche biblioteche napoletane. Amava il clima, le bellezze di Napoli e lo splendido Golfo. Fece molte escursioni nei dintorni, soffermandosi nei si ti archeologici.
Rimase però deluso dalla corte reale, degenerata e corrotta dopo la morte del sovrano, dominata da reggenti avidi e da affaristi. La cattiva giustizia, l’assenza di cultura. Il disordine e l’abbandono della città e della popolazione, la sporcizia lo facevano inorridire, tanto che rimpiangeva la Napoli conosciuta due anni prima.
Gli amici di Napoli erano cordiali, affettuosi, ma indiscreti, pettegoli, esuberanti, donnnaioli. Tra questi quello che credeva suo buon amico, il nobile Barbato da Sulmona, gli copiò dei versi inediti e li diffuse a suo nome. Petrarca rimase profondamente amareggiato.
Una volta fu portato ad assistere ad un incontro di lotta vicino la chiesa di Santa Caterina a Formello: con suo grande orrore il perdente venne ucciso a pugnalate mentre il vincitore veniva acclamato dal popolo. Era colpito negativamente anche dalle leggende sinistre di fantasmi che infestavano la città, e temeva pure i cultori dell’occulto che si trovavano in ogni dove. La predizione del terribile maremoto che colpì Napoli, fatta da un astrologo molto seguito dal popolo e dalla corte angioina fu il colmo per lui: stanco di tutti questi aspetti della città, troppo distanti dal suo modo di vivere.
La notte del 24 novembre 1343 preannunciato da fragorosi boati, il mare in burrasca si rivoltò affondando navi e barche, quasi distruggendo l’antico porto e il faro. Le acque arrivarono sulla terraferma invadendo le strade, le fogne scoppiarono. Vi furono molte vittime tra quelli che non riuscirono a mettersi in salvo verso luoghi più alti.
Francesco Petrarca, inorridito da questo scenario da tregenda, soffocato dalla puzza che si levava da ogni dove, terrorizzato fuggì in carrozza per Gaeta e di lì si imbarcò per Livorno, quindi risalì in carrozza verso Parma. Di questa esperienza atroce sul già deludente secondo soggiorno a Napoli, scrisse descrivendo il suo stato d’animo nei Familiares.