biografie

Figli di Portici famosi: re Francesco II di Borbone Due Sicilie

di Stanislao Scognamiglio

Si sente spesso parlare di personaggi di Portici per nascita o d’elezione dei quali si sta perdendo la memoria … Ritengo perciò doveroso ravvivarne memoria fornendo un breve profilo biografico tratto dal mio inedito Diario; avvenimenti, cose, fenomeni, uomini, vicende.  Portici e Vesuvio dalle origini a oggi, con il conforto di Autori di ogni tempo.

Francesco d’Assisi Maria Leopoldo è nato a Napoli, il 16 gennaio 1836, dalla coppia reale delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone e  Maria Cristina di Savoia.

Rimasto orfano della madre, deceduta pochi giorni dopo il parto, è cresciuto «… in buona armonia con Maria Teresa d’Asburgo, sposata dal re Ferdinando nel gennaio 1837, e con i dodici figli nati da questo matrimonio».

Di carattere timido e bonario, «.. affidato a maestri mediocri, studiò senza mostrare particolari inclinazioni», ha raggiunto, però, un buon livello di preparazione solo nelle materie giuridiche.

Educato dai padri Scolopi, secondo rigidi precetti morali e religiosi, ha determinato in lui «… un profondo attaccamento alla religione, sconfinante spesso nella bigotteria e nella superstizione». Raggiunta la maggiore età, a sedici anni nel 1852 nel  Consiglio di Stato, senza avere per questo alcuna responsabilità di governo.

Nell’autunno del 1858, ha accettato di buon grado le decisioni paterne sul suo matrimonio. La scelta di Ferdinando II era caduta su Maria Sofia di Baviera, sorella di Elisabetta moglie dell’imperatore Francesco Giuseppe. Sulla designazione influì la fede cattolica della principessa, più che la volontà di rafforzare i legami con gli Asburgo.

Il matrimonio è stato celebrato per procura a Monaco di Baviera l’8 gennaio 1859, e poi di persona a Bari il successivo 3 febbraio.

Duca di Calabria e principe ereditario, dopo la prematura morte del padre, il 22 maggio 1859, salito al trono, ha assunto il titolo di Francesco II di Borbone, re delle Due Sicilie.

Iniziato a regnare, trovatosi ad affrontare subito decisioni impegnative, ha manifestato «… subito l’intenzione di rimanere fedele alla linea politica del padre.

Spesso dimorando a Portici, per godere della amenità delle Reali Delizie, non ha trascurato affatto i suoi impegni di regnante.

Dei numerosi episodi legati attività di capo dell’esecutivo, assolti tra le mura del palazzo reale porticese, ne riferiamo alcuni, legati all’ultimo periodo del suo breve regno:

  • mercoledì 7 settembre 1859: ricevute le dimissioni del principe di Satriano Carlo Filangieri, duca di Cardinale e di Taormina, barone di Davoli e di Sansoste, (Cava de’ Tirreni, 30 maggio 1784 – San Giorgio a Cremano, 9 ottobre 1867), ha inviato al generale una lettera. Con questa sua ha autorizzato il sessantacinquenne alto ufficiale a congedarsi dagli incarichi di presidente dei ministri e da ministro della guerra.
  • venerdì 18 novembre: ha emanato un regio decreto riguardante lo stato del giuridico del territorio di Agromonte, in Basilicata. Con tale atto ha disposto che l’ex feudo di Agromonte, a partire dal 1° gennaio 1860, fosse staccato dal territorio del comune di Chiaromonte, aggregando ۍ… la parte del tenimento situata sulla sponda destra del fiume Sinni al comune di Castelluccio Superiore e la parte posta sulla riva sinistra del fiume al comune di Latronico».
  • martedì 29 maggio 1860: alla notizia che Garibaldi, con una rapida avanzata ha occupato Palermo, ha lasciato momentaneamente Portici per recarsi a Napoli. Nella capitale contava di poter avere maggiori informazioni sullo stato dei fatti.
  • mercoledì 30 maggio: mentre le truppe garibaldine dilagavano in Sicilia, in mattinata, ha presieduto un Consiglio di Stato a cui hanno preso parte tutti i componenti della famiglia reale, i ministri e il dimissionario Carlo Filangieri. Nel corso del lavori, è stata vagliata «… la proposta di appoggiarsi alla Francia e di concedere una costituzione moderata».
  • venerdì 1 giugno: presenti componenti la famiglia reale e i ministri Troja, Carrascosa, Scorza e Ajossa, ha tenuto un altro Consiglio di Stato per decidere se proporre la concessione della Costituzione e per approvare il piano di ritirata da Palermo.
  • sabato 2 giugno: nel corso della notte, ha convocato urgentemente il principe di Satriano Carlo Filangieri, per discutere il nuovo piano proposto dai generali Alessandro Nunziante e Latour, molto diverso daquello approvato nel giorno precedente.
  • martedì 5 giugno: dall’imperatore francese, al quale ha chiesto appoggio, non ha avuto alcuna rassicurazione. Anzi, l’ha consigliato di cercare piuttosto accordi con il re di Sardegna.
  • giovedì 21 giugno: assente al Consiglio di Stato, è stato informato che con undici voti favorevoli e tre contrari, il Consiglio ha votato di fargli accettare la proposta di concedere la Costituzione del 1848, di avviare un accordo con il Piemonte, così come suggerito dall’imperatore di Francia Napoleone III (Carlo Luigi Napoleone Bonaparte, Parigi 30 aprile 1808 – Chislehurst, 9 gennaio 1873) e di istituzioni speciali per la Sicilia.
  • sabato 23 giugno: dal principe di Satriano, convocato a palazzo nelle primissime ore della mattinata, è stato rassicurato sull’ineluttabile necessità di concedere la Costituzione.
  • domenica 24 giugno: ancora dubbioso sull’opportunità di concedere la Costituzione, ha chiesto al padre Borrelli di esprimergli il proprio parere. Il religioso lo ha invitato a non emanare l’atto; nello stesso tempo, confidenzialmente, gli ha sussurrato «… Si ricordi Vostra Maestà di questo giorno, ch’è il 24 giugno, festa di san Giovanni, l’ultimo giorno, forse, che io bacio la mano al re di Napoli» e lo ha confortato, dicendogli «… Se la Vostra Maestà non è stato un gran Re in terra, sarà un gran santo in Cielo».
  • lunedì 25 giugno: ha esperito il tentativo di salvare il trono, sanzionando un proprio decreto. Con tale atto, ha:
  • disposto l’apertura di trattative per un accordo con il Regno di Sardegna;
  • concesso un’amnistia generale e al regno la tanto agognata Costituzione;
  • ordinato la separazione della Sicilia dal regno di Napoli con la creazione di un viceregno con libere istituzioni;
  • disposto di adottare la bandiera tricolore, recante al centro lo stemma borbonico, e di issarla su tutte le torri dei castelli dello Stato.

Questo il testo dell’atto sovrano proclamato:

« FRANCESCO II / PER LA GRAZIA DI DIO / RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE, DI GERUSALEMME ec. / DUCA DI PARMA, PIACENZA, CASTRO ec. ec. / GRAN PRINCIPE EREDITARIO DI TOSCANA ec. ec. ec.

Desiderando di dare a’ nostri amatissimi sudditi un attestato della nostra sovrana benevolenza, ci siamo determinati di concedere gli Ordini costituzionali e rappresentativi nel Regno in armonia co’ principii italiani e nazionali, in modo da garentire la sicurezza e prosperità in avvenire, e da stringere sempre più i legami che ci uniscono a’ popoli che la PROVVIDENZA ci ha chiamati a governare.

A quest’oggetto siamo venuti nelle seguenti determinazioni.

1.° Accordiamo una generale amnistia per tutti i reati politici fino a questo giorno.

2.° Abbiamo incaricato il Commendatore D. Antonio Spinelli della formazione di un nuovo Ministero, il quale compilerà nel più breve termine possibile gli articoli dello Statuto sulla base delle istituzioni rappresentative italiane e nazionali.

3.° Sarà stabilito con S. M. il Re di Sardegna un accordo per gl’interessi comuni delle due Corone in Italia.

4.° La nostra bandiera sarà d’ora innanzi fregiata de’ colori nazionali italiani in tre fasce verticali, conservando sempre nel mezzo le Armi della nostra Dinastia.

5.° In quanto alla Sicilia, accorderemo analoghe istituzioni rappresentative, che possono soddisfare i bisogni dell’Isola; ed uno de’ PRINCIPI della nostra real Casa ne sarà il nostro Vicerè.

Portici, il dì 25 di Giugno 1860.

Francesco”.

  • lunedì 25 giugno: ha sottoscritto altri due decreti:
  • con il primo, ha destituito il principe di Cassaro, consigliere e ministro segretario di Stato, dall’incarico di presidente del Consiglio dei ministri;
  • con il secondo, ha nominato il commendatore Antonio Spinelli di Scalea ministro segretario di Stato e presidente del Consiglio dei ministri.
  • venerdì 5 settembre: ha emanato un proclama alla Nazione: «Fra i doveri prescritti ai Re, quelli dei giorni di sventura sono i più grandiosi e solenni, e io intendo di compierli con rassegnazione scevra di debolezza, con animo sereno e fiducioso, quale si addice al discendente di tanti Monarchi.

A tale uopo rivolgo ancora una volta la mia voce al popolo di questa Metropoli, da cui debbo ora allontanarmi con dolore.

Una guerra ingiusta e contro la ragione delle genti ha invaso i miei stati, nonostante ch’io fossi in pace con tutte le potenze europee.

I mutati ordini governativi, la mia adesione ai grandi principii nazionali ed italiani non valsero ad allontanarla, ché anzi la necessità di difendere la integrità dello Stato trascinò seco avvenimenti che ho sempre deplorato. Onde io protesto contro queste inqualificabili ostilità, sulle quali pronunzierà il suo severo giudizio l’età presente e la futura.

Il corpo diplomatico residente presso la mia persona seppe, fin dal principio di questa inaudita invasione, da quali sentimenti era compreso l’animo mio per tutti i miei popoli, e per questa illustre città, cioè garentirla dalle rovine e dalla guerra, salvare i suoi abitanti e loro proprietà, i sacri templi, i monumenti, gli stabilimenti pubblici, le collezioni di arte, e tutto quello che forma il patrimonio della sua civiltà e della sua grandezza, e che appartenendo alle generazioni future è superiore alle passioni di un tempo.

Questa parola è giunta ormai l’ora di compierla. La guerra si avvicina alle mura della città, e con dolore ineffabile io mi allontano, con una parte dell’esercito, trasportandomi là dove la difesa dei miei diritti mi chiama. L’altra parte di esso resta per contribuire, in concorso con l’ono­revole Guardia Nazionale, alla inviolabilità ed incolumità della capitale, che come un palladio sacro raccomando allo zelo del Ministero. E chieggo all’onore ed al civismo del Sindaco di Napoli e del Comandante della stessa Guardia cittadina di risparmiare a questa Patria carissima gli or­rori dei disordini interni ed i disastri della guerra civile; al quale uopo concedo a questi ultimi tutte le necessarie e più estese facoltà.

Discendente da una Dinastia che per ben 126 anni regnò in queste contrade continentali, dopo averle salvate dagli orrori di un lungo governo viceregnale, i miei affetti sono qui. Io sono napoletano, né potrei senza grave rammarico dirigere parole di addio ai miei amatissimi popoli, ai miei compratiotti.

Qualunque sarà il mio destino, prospero od avverso, serberò sempre per essi forti ed amorevoli rimembranze. Raccomando loro la concordia, la pace, la santità dei doveri cittadini. Che uno smodato zelo per la mia Corona non diventi face di turbolenze. Sia che le sorti della presente guerra io ritorni in breve fra voi, o in ogni altro tempo in cui piacerà alla giustizia di Dio restituirmi al Trono dei miei maggiori, fatto più splendido dalle libere istituzioni di cui l’ho irrevocabilmente circondato, da quello che imploro da ora è rivedere i miei popoli concordi, forti e felici.

Firmato: Francesco».

  • sabato 6 settembre: assieme alla moglie Maria Sofia, accompagnato dal seguito di cortigiani, al porto del Granatello si è imbarcato sul battello Messaggero e ha asciato Portici diretti a Gaeta.

Intanto, iI 2 novembre, assediata dalle truppe piemontesi e garibaldine, è venuta meno la difesa della città di Capua.

Il 7 novembre, il re sardo, Vittorio Emanuele II (Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia: Torino, 14 marzo 1820 – Roma, 9 gennaio 1878) «… entrava a Napoli e prendeva ufficialmente possesso del Regno che col plebiscito del 21 ottobre aveva accettato l’unione al Regno di Sardegna».

A seguito di questi ultimi avvenimenti, «…  mostrando un’inconsueta fermezza e forza di volontà, optò per la resistenza a oltranza nella cittadella di Gaeta, pressoché inespugnabile».

Dopo re mesi di assedio, «… il blocco navale, il violento bombardamento, la recrudescenza di un’epidemia di tifo» hanno determinano la capitolazione di Gaeta, ultimo baluardo caduto.

Deposto il 13 febbraio 1861, l’indomani mattina 14 febbraio, «… seguito da Maria Sofia e da quanti avevano sostenuto quell’estrema difesa, saliva a bordo di una nave francese, la “Mouette”, diretto a Roma».

Durante l’esilio romano,  è stato ospite di papa Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti: Senigallia, 13 maggio 1792 – Roma, 7 febbraio 1878), prima nel palazzo del Quirinale, poi nel palazzo Farnese.

Nel giorno di Natale del 1869, dalla consorte Maria Sofia ha avuto una figlia: Maria Cristina Pia di Borbone, morta a soli tre mesi d’età.

Nel 1870, assunto il titolo di duca di Castro, è andato a vivere in Francia, stabilendo la sua dimora a Parigi.

Malfermo in salute, era solito trascorrere l’inverno ad Arco, piccolo comune della provincia di Trento, territorio del Regno austro-ungarico, dove recava per  sottoporsi a cure termali, allo scopo di «… alleviare i disturbi causatigli dal diabete che da anni lo insidiava e lo aveva precocemente invecchiato».

Durante un soggiorno ad Arco, cessa di vivere il 27 dicembre 1894.

I suoi resti mortali, dopo essere stati per anni sepolti nella Collegiata dell’Assunta di Arco, durante la prima guerra mondiale sono stati poi traslati a Trento. Dal capoluogo trentino, trasportati in forma solenne a Napoli, dal 18 maggio 1984, riposano nel sacello di famiglia, all’interno della Basilica di Santa Chiara a Napoli.

Portici, per iniziativa del Real circolo di Francesco II di Borbone, nella mattinata di sabato 19 dicembre 2015, ha commemorato l’ultimo re del Regno delle Due Sicilie.

Donato dal predetto sodalizio, sul primo pianerottolo dello scalone reggia, dove il sovrano ha trascorso parte della sua infanzia e adolescenza, è stato collocato un busto.

L’erma, opera dello scultore Domenico Sepe, raffigura il volto provato  di Francesco II di Borbone, ormai anziano e malato.

L’artista, deliberatamente,  l’la lasciata «… incompiuta,  proprio per sottolineare il carisma del personaggio e tutta la tristezza di quella fase della sua vita».

Il giovane monarca, è stato insignito di diverse onorificenze sia del Regno delle Due Sicilie sia di Regni stranieri.

Gran Maestro dell’Insigne e Reale Ordine di San Gennaro

Gran Maestro del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio

Gran Maestro del Reale Ordine di San Ferdinando e del Merito

Gran Maestro del Reale e Militare Ordine di San Giorgio della Riunione

Gran Maestro del Reale Ordine di Francesco I

Cavaliere di Gran Croce di Giustizia dell’Ordine militare del S. S. di Santa Brigida di Svezia – 1859

 Cavaliere di Gran Croce del Reale e Distinto Ordine Spagnolo di Carlo III, Regno di Spagna – 1857

Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Imperiale di Pietro I, Impero del Brasile – 1866

Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Reale di Santo Stefano d’Ungheria, Impero austro-ungarico

Cavaliere dell’Ordine militare di Maria Teresa, Impero austro-ungarico – Assedio di Gaeta 1860-1861

 Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine del Merito di San Lodovico – 1869

 Cavaliere dell’Ordine dell’Aquila nera,  Regno di Prussia

 Cavaliere dell’ordine di Sant’Uberto, Regno di Baviera

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