Figli di Portici famosi: il filologo e paleografo Pasquale Baffi
di Stanislao Scognamiglio
Si sente spesso parlare di personaggi di Portici per nascita o d’elezione dei quali si sta perdendo la memoria … Ritengo perciò doveroso ravvivarne memoria fornendo un breve profilo biografico tratto dal mio inedito Diario; avvenimenti, cose, fenomeni, uomini, vicende. Portici e Vesuvio dalle origini a oggi, con il conforto di Autori di ogni tempo.
Pasquale Baffi è nato a Santa Sofia d’Epiro, in provincia di Cosenza, l’11 luglio 1749, da Giovanni Andrea e Serafina Baffa.
Nato in una famiglia greco-albanese, Pashkualli Bafa ha, poi, tramutato il nome d’origine arbëreshë in italiano.
Ha compiuto i suoi primi studi nel collegio italo-greco di San Benedetto Ullano, dove è stato ammesso dal dottissimo vescovo di Gallipoli, monsignor Giacinto Archiopoli (San Demetrio Corone, 1719 – Gallipoli, 7 aprile 1789).
Qui, in particolar modo, ha coltivato lo studio della lingua latina e di quella greca.
Di indole mite, nonostante avesse rivelato eccellenti doti di intelligenza e di zelo, ha abbandonato «… la scuola prima di avere compiuto il suo curriculum, essendosi ribellato al sopruso di uno dei suoi insegnanti».
L’espulsione dei padri Gesuiti dal Regno di Napoli, avvenuta nel 1767, ha comportato la conseguente laicizzazione delle scuole.
Così, a vent’anni appena compiuti, il 4 Novembre dell’anno 1769, vincitore di un pubblico concorso, nominato professore, ha ottenuto la cattedra di lingua greca e latina nella università di Salerno.
Nel 1773, in una sua lettera, ha chiesto all’archeologo Nicola Ignarra (Portici, 21 dicembre 1728 – ivi, 6 agosto 1808) che «… lo aiuti con l’autorità del suo nome a ottenere il posto d’insegnante in Napoli».
Così, nominato «… maestro della lingua latina superiore e della lingua greca», ha ottenuto l’insegnamento nel Collegio militare della Nunziatella di Napoli, dal 1771 al 1774, allora ospitato nell’edificio dell’ex convento dei Gesuiti a Portici, oggi Scuola Media Statale Macedonio Melloni.
Infervorato dai principi umanitari e dal sentimento religioso professato dall’associazione e, credendo «… di non trasgredire nessuna legge né divina, né umana, ed il governo non vi metteva impedimento», nel mese di giugno del 1774 «… insieme con altri suoi corregionali, fra cui l’abate A. Jerocades, il bardo dei liberi muratori», si è affiliato alla loggia massonica dei liberi muratori di Portici, «… una delle quattro logge massoniche allora esistenti a Napoli», aderente alla loggia inglese La Renaissante.
La sua adesione, è stata accolta su proposta del professore Jean Thomas Peyrol, professore di francese presso il Corpo dei Cadetti del Battaglione Real Ferdinando di stanza a Portici.
Alla cerimonia di iniziazione, tenuta in una villa nell’odierna via Giordano a Portici, ha presenziato l’ingegnere Felice Piccinino, segretario della loggia porticese.
Nell’anno 1775, ha partecipato alle varie adunanze della Loggia dei liberi muratori di Portici, tenutesi in uno scantinato di un edificio sito alla cupa Danza, l’attuale via Marconi.
Intanto, il 12 settembre del 1775, il ministro Bernardo Tanucci (Stia, 20 febbraio 1698 – San Giorgio a Cremano, 29 aprile 1783) ha emesso «… un editto severissimo, che deferiva alla Giunta di Stato gli affiliati alla Massoneria, con procedura come nei delitti di Lesa Maestà».
Durante uno degli incontri, l’irruzione della gendarmeria borbonica, agli ordini del capo della polizia Gennaro Pallante, ha messo fine alla riunione e disperso i partecipanti.
Successivamente, il 2 marzo 1776, stavolta, intervenendo a sorpresa nel locale di cupa Danza, la polizia borbonica ha tratto in arresto tutti i partecipanti alla riunione da lui presieduta.
Arrestato, per essere «… iscritto alla Loggia dei liberi muratori di Portici», è stato sottoposto a giudizio.
Riconosciuto reo di appartenere a un’associazione fuorilegge, condannato un anno di carcere, è stato imprigionato.
Scarcerato nel mese di marzo del 1777, è stato «… messo in libertà provvisoria».
Lasciato a piede libero, è restato in attesa del giudizio definitivo, senza alcuna ripercussione «… nella sua vita di docente né in quella di studioso».
La sua uscita di prigione ha coinciso con la chiusura del Collegio militare della Nunziatella. Attendendo la nuova sistemazione dell’istituto, seppur gli sia stato accordato mezzo stipendio, ha mantenuto l’incarico.
Intellettuale di grande valore, malgrado «… non avesse ancora pubblicato nulla, la fama della sua dottrina nel campo della filologia e della diplomatica si era talmente affermata». Pertanto, nel 1779, è stato prescelto a socio residente della neo istituita Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere di Napoli.
Per far fronte alle evidenti esigenze di carattere economico, contemporaneamente ha intrapreso a esercitare l’attività forense.
Forte dell’esperienza giuridica, «… accoppiata alla profonda conoscenza della diplomatica e della filologia classica e medievale», ha sostenuto il governo «… nelle sue rivendicazioni contro le usurpazioni avvenute nel tempo da parte del potere ecclesiastico e di quello feudale».
In tale ruolo è riuscito a «… a reintegrare 23 arcivescovadi e vescovadi di fondazione regia» a dimostrare, attraverso «… le antiche carte e documenti» d’archivio il Reale Patronato sulla chiesa cattedrale di Capua.
Nel frattempo, vincitore di concorso, dal 1780, è stato docente di lingua e letteratura greca all’Università di Napoli.
Nell’anno 1782, dal Tribunale di Napoli è stato «… assolto definitivamente» dall’accusa di cospirazione.
Avendo mantenuto contatti con coloro che nel segreto delle logge auspicavano, , oltre ad un rinnovamento spirituale, anche un rinnovamento politico, nel 1784, ha aderito alla loggia massonica napoletana della Vittoria.
Nel 1786, ha preso «… in moglie la nobildonna Teresa Caldora d’antica famiglia baronale napoletana, dalla quale ha avuto due figli: Michele e Gabriella».
Nel corso dello stesso anno, ha ricoperto prima il ruolo di bibliotecario della Reale Accademia di scienze e belle lettere e, poi, della Reale Biblioteca Borbonica.
Nell’esercizio di responsabile, è stato autore del primo catalogo a stampa della Reale Biblioteca di Napoli.
Nel 1787, è divenuto membro dell’Accademia Ercolanese, con funzioni di bibliotecario.
Nello stesso anno, dal governo è stato mandato a Catanzaro, «… per interpretare e riassumere la documentazione dei luoghi pii, al fine di formare la statistica patrimoniale della Cassa Sacra».
Nel gennaio del 1799, giacobino illuminato è stato tra i promotori della rivoluzione, Scacciati i Borbone, ha aderito alla proclamazione della Repubblica Partenopea.
Nel nuovo insorgente Stato, come rappresentante del popolo «… ebbe l’incarico di riordinare la pubblica istruzione».
Dopo la caduta della Repubblica Partenopea, giugno 1799, notevolmente implicato per essere stato presidente del Comitato dell’amministrazione interna, ha cercato scampo a Capua.
Malauguratamente, però, «… rientrato a Napoli furtivamente per abbracciare la moglie e i figli», è stato sorpreso e arrestato.
Processato e condannato a morte aalla restaurazione borbonica, è stato condotto al patibolo innalzato nella piazza Mercato di Napoli.
Il filologo e paleografo Pasquale Baffi muore giustiziato, l’11 novembre 1799.
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